Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 gennaio 2017, n. 1997

Supermercato - Contratto di merchandising - Rapporto di lavoro di natura subordinata - Dirigenti supermercato - Direttive

Svolgimento del processo

 

La Corte di appello di Milano riteneva (confermando la sentenza definitiva del Tribunale Milano) la sussistenza di una interposizione fittizia tra la Coop L. Soc. Coop. a.r.l, e C.R. assunta con contratti a progetto dalla A.P. s.r.l. dal 1999 per essere impiegata per il servizio di take away nel supermercato di Mirabello di Cantò gestito dalla detta Coop. La Corte di appello, come il Tribunale, rilevava che non ci si trovasse in realtà in presenza di un contratto di merchandising avente per oggetto l'esposizione dei prodotti di salumeria negli spazi del supermercato (come dedotto dalla Coop. e come risultante dagli accordi tra le due società) ma che la Coop. appellante avesse agito come effettivo datore di lavoro (il Tribunale aveva stabilito la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato tra le parti di tipo subordinato dal primo contratto a progetto escludendo il periodo in cui la lavoratrice aveva dedotto di aver lavorato senza contratto). La Corte territoriale osservava che era emerso che erano i dirigenti del supermercato a dare le direttive di lavoro " stabilendo quali erano i prodotti in offerta ed il relativo prezzo, effettuando i controlli ed impartendo disposizioni, oltre a stabilire i turni e la pause, lamentandosi per le inosservanze, mentre nessuno dell'altra società si era mai presentato a verificare alcunché o a regolare i tempi dello svolgimento del lavoro" come riferito dai testi. La Corte di appello accoglieva in parte l'appello della Coop. limitando la somma spettante a 38.098,56 euro tenuto conto dell'importo delle somme effettivamente corrisposte alla lavoratrice.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso principale la Coop L. con due motivi; resiste la lavoratrice con controricorso che ha proposto ricorso incidentale con due motivi cui resiste controparte con controricorso. La Coop. L. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.

 

Motivi della decisione

 

La Corte rilevato che:

con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione dell'art. 2094 c.c. e dell'art. 1 L. n. 1369/1960, degli artt. 1 e 10 L. n. 196/1997 e degli artt. 20 e 27 D. Lgs n. 276/2003 non sussistendo nel caso in esame i presupposti, come fissati dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, per affermare la natura subordinata del rapporto e con il secondo motivo si allega l'illogicità, contraddittorietà ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata in quanto gli elementi valorizzati in sentenza erano del tutto compatibili con l'assetto contrattuale come emergente dagli accordi tra le due imprese e non comprovavano l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Coop. ricorrente;

rilevato che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto vertono sulle medesime questioni;

ritenuto che per costante giurisprudenza la qualificazione del rapporto spetta al Giudice di merito purché sia idoneamente motivata e che sul punto la Corte di appello (confermando peraltro quanto già stabilità dal giudice di prime cure) ha ritenuto che in realtà, nonostante gli accordi tra le società ricordate in premessa, si fosse svolto un rapporto di lavoro di natura subordinata tra la R. e la Coop. ricorrente in relazione al servizio di take away nel supermercato di Mirabello di Cantù gestito dalla detta Coop. poiché era emerso che erano i dirigenti del supermercato a dare le direttive di lavoro "stabilendo quali erano i prodotti in offerta ed il relativo prezzo, effettuando i controlli ed impartendo disposizioni, oltre a stabilire i turni e la pause, lamentandosi per le inosservanze, mentre nessuno dell'altra società si era mai presentato a verificare alcunché o a regolare i tempi dello svolgimento del lavoro" come riferito dai testi;

osservato che si tratta di elementi certamente idonei alla riconduzione del rapporto di cui è causa allo schema di cui all'art. 2094 c.c. posto che tali elementi denotano un assoggettamento del lavoratore al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro tipico di tale figura contrattuale;

rilevato che in realtà i motivi tendono ad una rivalutazione del " fatto" come tale inammissibile in questa sede, posto che la Corte di appello ha congruamente e logicamente motivato la conferita qualificazione del rapporto che appare coerente con la giurisprudenza di legittimità,

osservato che con il primo motivo del ricorso incidentale si lamenta l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in quanto era stata detratta l'intera somma percepita dalla lavoratrice dedotta nel ricorso mentre si doveva detrarre solo la somma percepita ma relativa al periodo per il quale era stato riconosciuto il rapporto tra le parti;

ritenuto che il motivo difetta di autosufficienza in quanto non riporta nessuno degli elementi documentali che sarebbero rilevanti per accertare la fondatezza della doglianza (non solo non viene ricostruita la prospettazione della parte in primo grado, ma neppure in appello) e che quindi appare inammissibile;

osservato che con il secondo motivo del ricorso incidentale si allega la violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell'art. 92 c.p.c. per avere il Giudice di appello compensato un terzo delle spese del doppio grado;

rilevato che il motivo di cui sopra appare infondato posto che, avendo la Corte di appello ridotto la condanna del datore di lavoro, ben poteva per una parte compensare le spese del doppio grado e che, quindi, il principio della soccombenza, appare rispettato:

rigetta entrambi i ricorsi e, stante la reciproca soccombenza, compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi.

Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.