Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 settembre 2016, n. 18592

Lavoro - Sottoscrizione delle buste paga - Quietanza - Valenza probatoria - Azione per ottenere le differenza retributive

 

Svolgimento del processo

 

Con la sentenza n. 1526 del 2010, la Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Cassino che, in accoglimento della domanda proposta da L.C. nei confronti di I.T.R. Srl, aveva condannato la società al pagamento della somma di € 25.473,84, oltre accessori, a titolo di differenze retributive, come quantificate con consulenza tecnica, tra l’inquadramento nel quinto livello spettante e gli importi percepiti indicati nei conteggi allegati al ricorso, senza considerare i (superiori) importi risultanti dalle buste paga sottoscritte dalla lavoratrice.

La Corte d’appello riferiva che il giudice di primo grado aveva ritenuto che alla mera sottoscrizione delle buste paga non potesse attribuirsi valore di quietanza della ricezione del relativo importo, e che l'onere di dimostrarne l'effettiva corresponsione incombesse sul datore di lavoro. Tate soluzione, rilevava la Corte territoriale, non aveva formato oggetto di alcuno specifico motivo di impugnazione, sicché non era più contestabile che la ricorrente non avesse percepito gli importi di cui alle buste paga in atti, ma quelli che il c.t.u. aveva considerato nella sua relazione suppletiva.

Per la cassazione della sentenza la I.T.R. s.r.l. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha resistito con controricorso L.C.

 

Motivi della decisione

 

1. Il primo motivo di ricorso è stato così epigrafato: "violazione di legge per violazione dell'articolo 112 c.p.c.; contraddittoria motivazione in ordine al preteso giudicato interno sulle risultanze della c.t.u., ex art. 360 numeri 3 e 5 c.p.c.". Il motivo attinge la sentenza impugnata laddove ha affermato che l'appellante non avrebbe contestato la mancata valenza probatoria delle buste paga ritenuta dal primo giudice, per cui si sarebbe creato un giudicato interno in ordine gli importi che il c.t.u, ha considerato come percepiti qua relazione suppletiva. Riferisce, al contrario, di avere dedotto nel quarto motivo di ricorso in appello che i conteggi non rispecchiavano le risultanze probatorie, tra cui le buste paga esibite, riferite all'intero rapporto di lavoro.

2. Come secondo motivo, epigrafato: "Contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia e violazione dei principi stabiliti dalle sentenze della Cassazione n. 24186 del 2008 e n. 4512 del 1992, art. 360 n. 5 c.p.c.", ribadisce che la sottoscrizione della busta paga ha valore liberatorio e sortisce l'effetto di invertire l'onere della prova in ordine alla ricezione dei corrispondenti importi.

3. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

La soluzione adottata dalla Corte territoriale, riportata anche nello storico di lite, è stata contestata a pag. 4 del ricorso valorizzando il contenuto del ricorso in appello, laddove si diceva che "i conteggi allegati al ricorso non rispecchiano le risultante probatorie in atti".

Tale difesa è stata tuttavia correttamente ritenuta dalla Corte territoriale inidonea a contestare la ratio decidendi del Tribunale in merito al valore da assegnarsi alla sottoscrizione delle buste paga. La Corte d'appello ha infatti applicato il principio, affermato già con riguardo alla formulazione dell'art. 434 c.p.c. anteriore alla modifica introdotta dall’art. 54 c. 1 lett. c) bis del D.I. 22 giugno 2012 n. 83, conv. nella L. 7 agosto 2012 n. 134, secondo il quale le ragioni su cui si fonda l’impugnazione devono essere formulate con un sufficiente grado di specificità e devono essere correlate con la motivazione della sentenza impugnata: con l'effetto che, se da un lato il grado di specificità dei motivi di appello non può essere previsto in via generale e assoluta, dall'altro lato esso richiede pur sempre che alle argomentazioni proprie della sentenza impugnata siano contrapposte le censure mosse dall'appellante, dirette a incrinarne il fondamento logico-giuridico, (v. ex plurimis Cass. n. 5210 del 2003, Cass. n. 8926 del 2004, Cass. n. 967 del 2004, Cass. n. 11781 del 2005, Cass. n. 12984 del 2006, Cass. n. 9244 del 2007, e già Cass., S.U., n. 9628 del 1993, n. 9244 del 2007, Cass. n. 15166 del 2008, Cass. n. 25588 del 2010, Cass. S.U. n.23299 del 2011, Cass. n. 1248 del 2013, Cass. n. 6978 del 2013). In tal senso, la mera formulazione di una contestazione generica ai conteggi, che non coinvolgeva le valutazioni in base alle quali il Tribunale aveva impartito al c.t.u. i criteri per la loro elaborazione, rendeva tali valutazioni esulanti dai limiti del giudizio devoluto al giudice del gravame.

4. Resta assorbito il secondo motivo, che attiene all'individuazione degli importi percepiti dalla C., definitivamente accertati sulla base della sentenza di primo grado.

5. Segue il rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento in solido delle spese del giudizio, che liquida in complessivi € 3.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.