Giurisprudenza - TRIBUNALE DI PAVIA - Sentenza 08 febbraio 2017, n. 48

Contributi - Prescrizione quinquennale - Impugnazione - Decadenza

 

Fatto e diritto

 

Con ricorso depositato in data 20.11.2015 (...);

Proponeva opposizione avverso la intimazione di pagamento n. (...)  in relazione alla cartella di pagamento (...) relativa a crediti INPS relativi agli anni 1996, 1997 e 1998 e sanzioni civili.

Deduceva innanzitutto la omessa notifica della cartella esattoriale; eccepiva, poi, la prescrizione dei contributi richiesti, essendo decorsi oltre dieci anni dai periodi contributivi oggetto della intimazione impugnata e dalla stessa data di presunta notifica della cartella citata. Concludeva chiedendo l’annullamento della intimazione di pagamento opposta in relazione alla cartella citata, instando per la rifusione delle spese di lite.

L’Inps e la S.c.c.i. s.p.a., costituitisi in giudizio eccepivano preliminarmente il difetto di legittimazione passiva in relazione alla eccezione relativa alla mancata notifica della cartella (che sarebbe avvenuta il 29.4.2001), e, nel merito, contestavano la fondatezza dell’opposizione di cui chiedevano conseguentemente il rigetto, stante la applicabilità della prescrizione decennale, peraltro interrotta dalla esecuzione immobiliare promossa dall’agente della riscossione in data 15.12.2005 con vittoria di spese e compensi difensivi.

Equitalia Nord spa si costituiva rilevando che era stata notificata in data 8.11.2005 precedente intimazione di pagamento - relativa alla cartella citata dal ricorrente - con conseguente mancato decorso della prescrizione decennale.

All’udienza odierna - in esito alla discussione orale - la causa veniva decisa.

In ordine all’eccepita prescrizione successiva alla notifica della cartella, occorre stabilire se l’intervenuta definitività della cartella per mancata opposizione nei termini di legge determini o meno l’applicazione del termine ordinario di prescrizione decennale. In proposito, è opportuno richiamare la normativa di riferimento. L’art. 3 della legge n. 335/1995, dispone testualmente quanto segue: "9. Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:

a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9- bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;

b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria

10. I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dall'articolo 2, comma 19, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, fiotti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso".

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la recentissima sentenza n. 23397 depositata in data 17.11.2016, ha definitivamente stabilito che le pretese della Pubblica Amministrazione si prescrivono nel termine "breve" di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo.

La decisione della Suprema Corte verteva sull’interpretazione dell’art. 2953 c.c. "con riguardo specifico all’operatività o meno della [...] conversione del termine prescrizionale breve in quello ordinario decennale" nelle fattispecie originate dalla notifica, nei confronti del cittadino, di "atti di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva" afferenti crediti statali sia di natura tributaria (Agenzia delle Entrate), che extratributaria (Inps, Inail, Comuni).

In particolare, dall’ordinanza di rimessione della Sesta Sezione civile n. 1799/16, era primario valutare se la prescrizione breve (5 anni) "sia applicabile anche nelle ipotesi in cui la definitività dell'accertamento del credito derivi da atti diversi rispetto ad una sentenza passata in giudicato".

La Corte di Cassazione aveva il compito di stabilire se, nei casi in cui il contribuente non impugni giudizialmente un atto accertativo della Pubblica Amministrazione oppure un provvedimento esattoriale dell’Ente della riscossione, si producesse "soltanto l’effetto sostanziale della irretraitabilità del credito" o consentisse "la conversione del termine di prescrizione breve [...] in quello ordinario decennale".

Si legge in particolare nella sentenza:

"18.1. In primo luogo, va ricordato che, nell’ambito della giurisprudenza di questa Corte nella quale viene da sempre sottolineato che la disciplina della prescrizione è "di stretta osservanza ed è insuscettibile d’interpretazione analogica" (vedi, per tutte: Cass. 15 Luglio 1966, n. 1917 e Cass. 18 maggio 1971, n. 1482) è pacifico che: a) se in base all’art. 2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (L. n. 335 del 1995 cit., art. 3, comma 9);

La sentenza ha ritenuto che la omessa impugnazione di un provvedimento accertativo o esattoriale non possa concedere, all’atto in oggetto, di acquistare "efficacia di giudicato", giacché i citati atti sono "espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A.

Per tale ragione, "l’inutile decorso del termine perentorio per proporre opposizione, pur determinando la decadenza dell’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale [...] con la conseguente inapplicabilità dell’art 2953 c.c. ai fini della prescrizione".

In conclusione, la Corte di Cassazione, richiamando la sua precedente giurisprudenza, ha affermato dunque che la mancata impugnazione di un avviso di accertamento della Pubblica Amministrazione o di un provvedimento esattoriale dell’Ente della Riscossione produce unicamente la definitività del credito statale (non più confutabile in futuro, eccetto le ipotesi di vizio di notifica dell’atto originario): tale circostanza non determina "anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve [...] in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art 2953 c.c.".

Ebbene, la trasformazione da prescrizione quinquennale in decennale si perfeziona soltanto con l’intervento del "titolo giudiziale divenuto definitivo" (sentenza o decreto ingiuntivo); per esempio, la cartella esattoriale, l’avviso di addebito dell’Inps e l’avviso di accertamento dell’Amministrazione finanziaria costituiscono - per propria natura incontrovertibile - semplici atti amministrativi di autoformazione e pertanto sono privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Si legge nella sentenza:

"la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 30, convertito dalla L. n. 122 del 2010)".

Ciò premesso sul piano generale ed avuto riguardo alla fattispecie in esame, ritenuto applicabile - per quanto sopra chiarito - il termine di prescrizione quinquennale, il concessionario non ha fornito prova del compimento di validi atti interruttivi posti in essere nel periodo intercorrente tra la notifica della intimazione di pagamento (anno 2005) e la notifica della intimazione di pagamento qui impugnata avvenuta nel 2015. Essendo trascorsi oltre cinque anni, la fattispecie estintiva deve ritenersi perfezionata. Per quanto sopra esposto, l’opposizione va accolta, disponendo l’annullamento della intimazione di pagamento impugnata relativamente alla cartella esattoriale.

Le spese giudiziali, per la soccombenza relativa alla fase di riscossione di competenza del concessionario, si pongono a carico di Equitalia Nord spa e si liquidano in favore del ricorrente come da dispositivo ex D.M. n. 55/2014, tenuto conto del valore della controversia e del mancato svolgimento di attività istruttoria ed applicando i minimi tariffari stante la semplicità delle questioni affrontate e la durata del giudizio. Di esse va concessa la chiesta distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c. in favore del difensore antistatario avv. F.M.

Le ragioni della decisione giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite nei confronti dell’Inps e della S.c.ci. S.p.a.

 

P.Q.M.

 

definitivamente pronunziando sull’opposizione proposta da (...) con ricorso depositato in data 20.11.2015 cosi provvede: accoglie l’opposizione e, per l’effetto, annulla la intimazione di pagamento opposta in relazione alla cartella esattoriale (...) condanna Equitalia Nord spa alla rifusione delle spese di lite in favore di parte ricorrente, che liquida in euro 843,00 per compensi professionali, oltre I.V.A., c.p.a. e 15% per rimborso forfettario spese generali, e che distrae ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore anticipatario avv. D.P.;

compensa integralmente le spese giudiziali nei confronti dell’Inps e della S.c.c.i. S.p.a.