Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE TREVISO - Sentenza 15 febbraio 2017, n. 116

Tributi - Variazione catastale - Classificazione proposta - Procedura di silenzio-assenso decorsi 12 mesi dalla presentazione

 

Ritenuto in fatto ed in diritto

 

Premette il ricorrente di svolgere la propria attività di agricoltore e, come previsto, ha presentato domanda di variazione catastale ex articolo sette, comma due bis della Legge n. 106-2011, domanda prodotta in allegato al ricorso con il n. 3 così precisamente intitolata: domanda di variazione catastale per l’attribuzione della categoria A/6 agli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 agli immobili strumentali all’attività agricola.

Va subito precisato che il presente ricorso impugna l’avviso di accertamento catastale qui in questione che nega la richiesta del ricorrente con riferimento alla sola abitazione affermando che l'unità immobiliare possiede le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969; superficie utile complessiva superiore a 240 m2 (art. 6). Le unità immobiliari che possiedono le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 agosto due 1969 non possono comunque essere riconosciute rurali come previsto dall’articolo nove, comma tre, e) del decreto legislativo 30-12-1993 n. 557 convertito in Legge, con modificazioni con Legge 26-02-1994, n. 133.

Pertanto è pacifico ed indiscusso che il ricorrente è a tutti gli effetti un agricoltore e che sul suo terreno agricolo insiste un complesso di fabbricati, ben visibile e comprensibile nelle foto allegate con il n.7 al ricorso, complesso di fabbricati che lo stesso Ufficio non nega comprendere fabbricati pacificamente strumentali all’attività agricola del ricorrente ma nega invece tale caratteristica con riferimento unicamente all’abitazione dell’agricoltore perché questa, secondo la motivazione dell’atto impugnato, avrebbe le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969.

Il ricorrente afferma che il decreto ministeriale invocato dall’Ufficio per pacifica sentenza di Cassazione non si applica ai fini catastali come risulterebbe da sentenza che egli allega.

Nel ricorso si eccepisce in via preliminare la tardività nell’invio dell’avviso di accertamento catastale impugnato per violazione e falsa applicazione dell’articolo uno del decreto n. 701 del 1994.

In quanto la normativa prevede che la rendita rimane negli atti catastali come rendita proposta fino a quando l’Ufficio non provvede con mezzi di accertamento e comunque entro 12 mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni ... alla determinazione della rendita catastale definitiva.

Afferma il ricorrente che la Suprema Corte ha ritenuto che in tema di catasto dei fabbricati, con l'articolo uno del decreto ministeriale 19 aprile 1994. n. 701, è stata introdotta una procedura di silenzio-assenso in ordine alle dichiarazioni di variazione dello stato dell’immobile secondo la quale il dichiarante stesso propone la categoria, la classe e la relativa rendita catastale e la rendita proposta diviene definitiva ove l'ufficio tecnico erariale non provveda ad accertamenti entro 12 mesi dalla presentazione della dichiarazione.

Ribadisce il ricorrente che decorsi 12 mesi dalla presentazione della dichiarazione la rendita proposta assume carattere definitivo e non può essere modificata.

Per questo primo motivo egli chiede quindi, in via preliminare, l’annullamento dell’avviso di accertamento catastale impugnato in quanto tardivo.

Osserva ancora il ricorrente che, a suo parere, l'atto impugnato è motivato in maniera contraddittoria perché afferma che l’abitazione in questione avrebbe caratteristiche di lusso ma nulla contesta per quanto attiene alla categoria, alla classe, e alla rendita, anzi riconosce come corretto l’accatastamento nella categoria A/3.

Nel corso dell’udienza di discussione il difensore del ricorrente ha altresì fatto notare che avere respinto la domanda presentata con riferimento all’abitazione dell’agricoltore contrasta anche con la prassi catastale normalmente adottata che mai ha negato la caratteristica di abitazione rurale sulla base di una semplice misurazione di metri quadri.

Parte resistente per contro ribadisce la piena legittimità e correttezza del proprio operato e chiede la conferma dell’atto impugnato affermando che per negare la categoria catastale richiesta dal ricorrente costituisce valida e sufficiente motivazione quella esplicitata nell’atto impugnato riferita alla circostanza che detta abitazione ha superficie utile complessiva superiore a 240 m2 e pertanto non potrebbe essere classificata come abitazione rurale in applicazione dell'articolo sei del citato decreto del Ministro dei Lavori Pubblici.

La Commissione osserva: che appare fondata l’eccezione preliminare di tardività svolta dal ricorrente perché è pacifico che l’atto di accertamento impugnato è intervenuto oltre 12 mesi dalla data di presentazione della domanda di variazione catastale.

Sembra doversi concordare con la Giurisprudenza che afferma che nel caso è stata introdotta una procedura di silenzio-assenso in conseguenza della quale decorsi 12 mesi dalla presentazione della dichiarazione la classificazione proposta assume carattere definitivo e non può essere modificata.

Qualora tuttavia non si condividesse tale assunto, entrando nel merito sembra anche condivisibile l'affermazione di parte ricorrente che il citato decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969, contrariamente a quanto affermato dall’Ufficio, non si applica ai fini dell’attribuzione della categoria catastale, cioè non si applica ai fini dell’inclusione di specifici immobili nell’una o nell’altra categoria catastale, così come richiesto dal contribuente con la domanda rigettata con l’atto qui impugnato.

Per completezza e ad abbondanza si osserva ancora che quand'anche venissero motivatamente superate le due precedenti eccezioni che sono evidentemente pregiudiziali sul piano logico e sistematico, entrando nel merito sembra potersi osservare che erroneamente l’Ufficio ritiene di poter applicare l’articolo 6 del citato decreto ministeriale senza considerare che per comune consenso e prassi nel caso di unità immobiliari ad uso di abitazione va applicato l’articolo 8, intitolato abitazioni che hanno 4 caratteristiche della tabella del presente decreto.

Entrando specificamente nel merito del procedimento di classificazione catastale sembra doversi premettere una considerazione di carattere generale osservando che tale procedimento consiste nell’includere diversi immobili in cluster omogenei contraddistinti da diverse categorie catastali a ciascuna delle quali verrà applicata una diversa disciplina fiscale, tuttavia è pacifico che questa classificazione non è una classificazione scientificamente precisa e indiscutibile; non è, per fare un esempio, come classificare gli elementi chimici in base al loro peso atomico o classificare i gruppi sanguigni in base a certe e indiscutibili caratteristiche chimiche.

Nei due esempi sopra fatti nessun dubbio può sorgere sull’attribuzione all’uno o all’altro cluster classificativo, mentre chiunque per lavoro si è sempre occupato di classificazioni catastali sa benissimo che tali classificazioni sono sì fondate su differenti caratteristiche fisiche e costruttive, ma implicano valutazioni che tengono conto, giustamente e logicamente, anche della prassi e della storia catastale dei singoli diversi territori.

I funzionari ed i professionisti esperti che nel corso della loro vita lavorativa hanno avuto più volte occasione di occuparsi di classamento immobiliare riferito a diverse province sanno benissimo che è tutt’altro che raro che immobili aventi oggettivamente le stesse medesime caratteristiche costruttive sono storicamente, per prassi consolidata, classificati dai rispettivi catasti territoriali in categorie diverse.

Sanno anche, gli specialisti del settore che hanno avuto esperienza in diversi ambiti territoriali, che queste differenti classificazioni catastali hanno una loro logica storica e valutativa.

Non è questa la sede per approfondire l’interessante argomento, ma il codice di procedura civile legittima il Giudice a far ricorso a fatti notori e nozioni di comune esperienza ed è un fatto notorio e di comune esperienza, per i professionisti del settore, che nel nostro territorio moltissime abitazioni classificate catastalmente come rurali superano i 240 m2 di superficie: tanto più sono vecchie ed in cattivo stato (dunque sicuramente non classificabili come di lusso secondo il comune buon senso), tanto più facilmente hanno un’ampia superficie, ben superiore ai 240 m2.

Questo Giudice trova condivisibile l’osservazione in tal senso svolta dal difensore del ricorrente nel corso della pubblica udienza di discussione: giustamente il difensore ha rilevato che mai in passato il riferimento ad una sola unica caratteristica riferita a metratura è stata sufficiente per escludere la caratteristica di abitazione rurale, osservando anche che numerosissime sono le abitazioni rurali di superficie maggiore.

Concludendo sul punto, osserva questo Giudice che quand’anche, contrariamente a quanto qui ritenuto, si potessero superare le due eccezioni preliminari e si dovesse entrare nel merito, l’articolo specificamente applicabile alle abitazioni è nel caso l’articolo otto e non l’articolo sei e l’articolo otto richiede la contemporanea presenza di almeno quattro caratteristiche, non una sola.

Questo Giudice ritiene anche di poter considerare che la classificazione catastale in generale, in quanto classificazione valutativa e non meccanicistica, giustamente deve tener conto del comune buon senso e della prassi consolidata ed entrambi questi fattori nel caso specifico escludono che l’abitazione qui considerata possa classificarsi come abitazione di lusso.

Chi avesse ancora dei dubbi in proposito, esamini con attenzione le foto prodotte dal ricorrente ed allegate al numero 7 e si domandi se in base al comune buon senso un edificio di abitazione come quello raffigurato possa essere considerato abitazione di lusso.

Per tutti i motivi sopra esposti il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato e attribuzione dell’invocata categoria A/6 come da domanda allegata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e, per l'effetto, attribuisce la categoria A/6 all'immobile di cui alla causa. Condanna l’Ufficio al pagamento delle spese processuali, a favore del ricorrente, che liquida in euro 4000,00 (quattromila) più accessori.