Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 marzo 2017, n. 5731

Pensione di inabilità - Diritto - Requisito sanitario - Requisito reddituale

Rilevato

 

che, con sentenza del 20.4.2015, la Corte di appello di Messina confermava la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da F.N. intesa al riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità a decorrere dal 1.1.2008, epoca della sospensione del beneficio, in quanto, pure essendone stata riconosciuta la condizione di totale invalidità, utile ad integrare il requisito sanitario, era carente il requisito reddituale richiesto dalla legge sino al 28.6.2013, epoca a partire dalla quale era da ritenere rilevante il solo reddito individuale;

che l’appellante aveva conseguito un reddito cumulato con quello del coniuge superiore al limite annualmente fissato, onde la prestazione non poteva essere riconosciuta prima della data anzidetta; che, incidentalmente, in ordine alla questione del calcolo del reddito secondo criterio di competenza o di cassa, posto con riguardo al solo reddito della F., veniva affermato che il criterio di riferimento era quello di cassa, che imponeva il computo anche delle somme percepite per arretrati relativi ad anni precedenti;

che avverso tale sentenza la F. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, ai quali ha opposto difese l’INPS, con controricorso; che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

 

Considerato

 

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

che, con il primo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e ss. della legge 30 marzo 1971 n. 118 e della legge 9 agosto 2013 n. 99, art. 10, rilevando che la prova degli ulteriori requisiti reddituali debba esse data solo qualora le parti resistenti, ritualmente costituite in giudizio, abbiano expressis verbis contestato la sussistenza in capo al ricorrente dei suddetti requisiti e che, per quanto attiene ai limiti reddituali richiesti per il riconoscimento del beneficio de quo, la legge 9.8.2013 n. 99, all’art. 10, è intervenuta a risolvere il contrasto interpretativo relativo alla individuazione del requisito economico richiesto per la pensione, escludendo il cumulo dei redditi dei coniugi, senza alcuna esclusione dei periodi antecedenti l’entrata in vigore della stessa;

che si sostiene l’applicabilità della disposizione anche alle domande anteriori alla sua entrata in vigore, con il solo limite del giudicato, sì che l’appello doveva essere accolto integralmente, in relazione alla mancata erogazione dei ratei della pensione di inabilità civile per il periodo 1.1.2008-31.12.2008, avendo la ricorrente documentato correttamente il proprio reddito personale, che non superava il limite annualmente fissato per la prestazione assistenziale richiesta;

che, con il secondo motivo, la ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, non avendo il giudicante, a suo dire, dato conto del ragionamento seguito per pervenire al proprio convincimento sfavorevole all’appellante;

che, con il terzo motivo, la F. si duole della violazione degli artt. 38 e 53 Cost., in relazione alla affermata computabilità nei redditi dell’anno considerato anche delle somme percepite per arretrati relativi ad anni precedenti secondo un criterio di cassa e non di competenza e rileva come nella fattispecie la sentenza e erronea in parte qua, non essendo stato superato nell’anno 2007 il limite reddituale richiesto dalla legge per fruire della prestazione di invalidità nell’anno 2008, come era dato evincere dalla certificazione reddituale rilasciata dalla Agenzia delle Entrate per l’anno 2007, depositata contestualmente all’atto di appello non presa in esame dal giudice;

che, con il quarto motivo, la ricorrente denunzia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rilevando che la Corte del mento non ha dato contezza di alcun riferimento normativo posto a fondamento del criterio di computo adottato per valutare il superamento dei limiti reddituali di legge; che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, in primo luogo, deve essere disatteso il rilievo secondo cui la questione relativa al reddito non era stata mai eccepita dall’Istituto e pertanto l’esame ne rimaneva precluso, in quanto il requisito reddituale integra un elemento costitutivo del diritto fatto valere, la cui mancanza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, salvi gli effetti del giudicato interno, formatosi ove il giudice di primo grado abbia accolto la domanda all’esito della verifica del solo requisito sanitario e per effetto della mancata impugnazione della decisione implicita in ordine alla sussistenza degli altri requisiti (cfr. Cass. 13055/2013, conforme a Cass. n. 11914/2003, Cass. n. 14035/2002, Cass. n. 7716/2001);

che, nella specie, si versa al di fuori di tale ipotesi, atteso che la domanda era stata rigettata dal Tribunale;

che, quanto ai primi due motivi, da trattarsi congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne rappresentano l’oggetto, è sufficiente richiamare il principio reiteratamente affermato da questa Corte in numerosi precedenti (cfr. tra gli altri, Cass. n. 6262 del 2014, n. 6534 del 2014, n. 9391 del 2014, n. 1997 del 2016), alla cui stregua "ai fini della sussistenza del requisito reddituale per il riconoscimento della pensione di inabilità di cui all'art. 12 della l. n. 118 del 1971, l'art. 10, comma 5, del dd. n. 76 del 2013, conv. con modif. in l. n. 99 del 2013, secondo cui assume rilievo il solo reddito personale dell'invalido e non più quello degli altri componenti il nucleo familiare, trova applicazione, ai sensi del comma 6 dello stesso articolo, anche alle domande amministrative già presentate ed ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data della sua entrata in vigore, limitatamente al riconoscimento del diritto alla pensione e con esclusione del pagamento di importi arretrati, sicché, in tali casi, l'erogazione della prestazione spetterà sulla base del reddito personale dal 28 giugno 2013 in poi e sulla base del reddito familiare per il periodo antecedente";

che la Corte di Messina, nel pervenire al rigetto del gravame dell’assistita, si è attenuta a tale principio, sicché devono essere ritenuti privi di fondamento i rilievi tendenti ad al fermare la rilevanza del reddito individuale anche per il periodo precedente al 1.7.2013, al riguardo richiamandosi le motivazioni espresse nell’ordinanza 11.2.2016 n. 2707 (Lanza /INPS) resa da questa Corte in giudizio sovrapponibile a quello per cui è causa, motivazioni idonee a disattendere le censure formulate;

che, passando all’esame dei successivi motivi di impugnazione, la ricorrente, con riferimento al periodo dal 1.1 al 31.12.2008, per il quale assume il mancato superamento del reddito personale, richiama impropriamente i redditi del 2007, in contrasto con principi giurisprudenziali affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di prestazioni assistenziali, i requisiti reddituali che condizionano il riconoscimento del benefìcio assistenziale debbono coesistere con l'erogazione del trattamento, con la conseguenza che il relativo accertamento giudiziale va operato con riferimento all'anno da cui decorre la prestazione e non - come invece previsto ai fini dell'accertamento amministrativo, nel cui ambito è applicato, per ragioni pratiche, un criterio probabilistico di permanenza dei requisiti stessi - con riferimento all'anno precedente, trovando conferma tale regola nel disposto di cui all'art. 35, commi 8 e 9, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, secondo il quale ai fini della liquidazione o ricostituzione delle prestazioni previdenziali ed assistenziali "il reddito di riferimento è quello conseguito nell'anno solare precedente il 1 luglio di ciascun anno ed ha valore per la corresponsione del relativo trattamento fino al 30 giugno dell'anno successivo", e, in sede di prima liquidazione di una prestazione, "è quello dell'anno solare in corso, dichiarato in via presuntiva" (cfr. Cass. 11.4.2014 n. 8633, Cass. 28.7.2010 n. 17624, Cass. 25.9.2013 n. 21925);

che, in ogni caso, per quanto detto, il reddito di riferimento è quello coniugale e che la ricorrente prospetta la doglianza avendo riguardo sempre e solo ai redditi personali, richiamando documentazione depositata peraltro in secondo grado.

che, pur prestandosi adesione al principio espresso da cass. s.u. 12796/05 - secondo cui, in ogni caso in cui l'erogazione dei benefici previdenziali o assistenziali sia rapportata ad un limite di reddito, per la determinazione di tale limite devono essere considerati anche gli arretrati - purché non esclusi del tutto da specifiche norme di legge (ad es. l'art. 3, c. 6 della legge 8.8.1995, n. 335 relativa all'assegno sociale) - non nel loro importo complessivo, ma nelle quote maturate per ciascun anno di competenza — tale principio non giova alla soluzione della presente controversia, in relazione alla ritenuta infondatezza dei rilievi sia relativi alla considerazione del solo reddito personale (per il periodo indicato: 1.1.2008-31.12.2008), sia relativi all’individuazione dell’anno precedente a quello da cui è chiesta la decorrenza della prestazione;

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;

che la F. non può essere condannata alle spese del giudizio di legittimità, perché è presente in atti idonea dichiarazione per l’esonero ai sensi dell’art. 152 disp. att., cpc;

che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1bis, del citato D.P.R..