Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 ottobre 2016, n. 21864

Tributi - Recupero IVA - Omessa fatturazione di operazioni imponibili

 

Fatto

 

Con un avviso di accertamento parziale relativo all’anno 1999 l’Agenzia delle entrate contestò l’omessa fatturazione di operazioni imponibili nei rapporti tra la contribuente, impresa consorziata al consorzio M. ed il consorzio, recuperando l’iva ed irrogando le sanzioni conseguenti.

L’Agenzia, in particolare, partì dal dato che l’incidenza delle acquisizioni di prestazioni di servizi da imprese consorziate rispetto ai fornitori esterni era pari al 66,72%; quindi, applicando tale percentuale all’ammontare complessivo del valore della produzione, nonché a quello dei costi, ricavò il valore delle commesse eseguite dalle consorziate e degli specifici costi di produzione sostenuti dal consorzio.

Secondo l’ufficio il consorzio avrebbe dovuto contabilizzare e fatturare nei confronti delle consorziate, in proporzione ai contributi da ciascuna ricevuti, i costi sostenuti e contabilizzare come ricavi i contributi periodici versati dalle consorziate, esponendo i pagamenti ricevuti dai committenti come debiti verso queste ultime; inoltre, avrebbe dovuto provvedere a ribaltare prò quota tra i consorziati i proventi delle commesse che le consorziate avrebbero dovuto fatturare.

Secondo l’Agenzia, in definitiva, il consorzio aveva operato un'indebita compensazione tra i ricavi che avrebbe dovuto trasferire alla consorziata ed il contributo che quest'ultima doveva al consorzio per il suo funzionamento; modalità di fatturazione, questa, che, in base alla prospettazione offerta in ricorso, aveva determinato l’occultamento di parte dei ricavi percepiti dalla consorziata.

La società consorziata impugnò l’avviso, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale.

Quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, reputando inattendibile l’accertamento, perché basato su criteri di calcolo meramente presuntivi.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui replicano con controricorso la società e due suoi ex soci.

La trattazione del giudizio è stata rinviata in attesa della decisione delle sezioni unite di questa Corte sulla questione di diritto coinvolta. Intervenute le sentenze n. 12190-12191-12192-12193-12194/16, è stata nuovamente fissata la pubblica udienza.

 

Diritto

 

1. - Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché connessi, l’Agenzia denuncia, in entrambi i casi ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c.:

- la violazione e falsa applicazione degli art. 2602 e seguenti c.c., dell’art. 21 del d.P.R. 633/72 e degli art. 1241 e seguenti c.c., là dove il giudice d’appello ha escluso, a dispetto della natura mutualistica del consorzio, l’obbligo di questo di ribaltare sulle consorziate, in proporzione alla rispettiva quota consortile, con le conseguenti fatturazioni e autofatturazioni per ciascuna, tutti i costi generali di gestione, nonché i costi specifici relativi alle singole commesse; là dove la mancata fatturazione del ribaltamento dei costi e degli utili implica un ribaltamento occulto col meccanismo della compensazione -primo motivo;

- la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 -bis, 1° co., del d.P.R. 600/73, nonché degli art. 54, 5° co., e 55, 1° e 2° co., n. 2 e 3 del d.P.R. 633/72, là dove la Commissione, nonostante l’incompletezza della documentazione fornita agli accertatori, ha reputato fosse onere dell’amministrazione dimostrare il diverso imponibile complessivo e l’aliquota applicabile -secondo motivo.

Le sezioni unite di questa Corte hanno chiarito, così fornendo risposta alla questione concernente la rilevanza dello scopo mutualistico evocata da entrambi i motivi, che l'esercizio di un'impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, dovendosi ormai ritenere superata l’identificazione, da un lato della società con lo scopo di lucro e dall’altro della cooperativa con l’interesse mutualistico. La società cooperativa ben può quindi avere anche uno scopo di lucro, anche ai fini fiscali.

1.1. -Ciò posto, la distinta soggettività fiscale e l'autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonché dalla società consortile, comportano la necessaria distinzione tra le operazioni realizzate dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico, e quelle costituenti esercizio di un'autonoma attività commerciale della società consortile.

1.2. - Le sezioni unite hanno, peraltro, specificato che alla possibile coesistenza della causa mutualistica con lo scopo lucrativo non corrisponde automaticamente il riconoscimento dell’effettiva sussistenza di entrambi, in pari misura, in una società consortile. Oltre all’accertamento volto a verificare se il ricorso all'organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale (v. Cass. 23/12/2008, nn. 30055, 30056, 30057), occorre pur sempre esaminare, in base alle modalità attraverso le quali è svolta l'attività della società consortile ed alla loro correlazione con gli scopi di volta in volta perseguiti, i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati.

1.3.- È giustappunto l'accertamento in ordine alla natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all'assegnazione dei servizi alle consorziate la base per verificare se sia necessario, o no, il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi. Qualora, difatti, il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento di costi tra tutti i consorziati. Il ribaltamento di costi e di ricavi rimane doveroso, peraltro, nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile.

Va da sé che l’ufficio ha l’onere di provare la sussistenza delle operazioni imponibili, ossia delle acquisizioni delle commesse da parte del consorzio in nome e per conto delle consorziate o anche soltanto dello svolgimento dei servizi complementari. Soltanto in esito a questa prova, scatta l’onere della prova in capo alla consorziata, al cospetto di differenza del "quantum" fatturato, in assenza di dettaglio di costi e ricavi, secondo i chiarimenti resi dalle sezioni unite.

2. - Nel caso in esame, il giudice d’appello ha calibrato la decisione sulla mancanza della prova della sussistenza di operazioni imponibili, stigmatizzando l’adozione di criteri di calcolo meramente astratti.

2.1. -Al cospetto di questa decisione, i due motivi di ricorso propongono questioni di diritto che si rivelano anch’esse astratte, perché prescindono dalla ricostruzione dei rapporti tra consorzio e la consorziata:

- si discute in ricorso della compensazione tra costi ed utili del consorzio, ma non risulta provato che il consorzio abbia sopportato costi nei confronti della consorziata della quale si discute, né che questa abbia maturato il titolo per ottenere il ribaltamento degli utili, in ragione dell’esecuzione di commesse nel periodo considerato - si sostiene l’esistenza di elementi che consentono di stabilire l’esistenza dei presupposti impositivi dell’iva, ma in maniera del tutto incongruente col contenuto della sentenza impugnata, in cui si legge di un calcolo «...induttivamente ricostruito per mezzo di formula aritmetica del tutto mancante di pinderazione».

2.2. - Al fondo v’è il presupposto errato sul quale è costruito il ricorso.

Contrariamente a quanto ivi sostenuto, difatti, secondo quanto chiarito dalle sezioni unite con la sentenza dinanzi indicata, non è «la legge che per la particolare natura e il particolare ruolo del consorzio, impone che tutti i costi e gli utili siano ribaltati e ciò indipendentemente dalla partecipazione della singola impresa alle commesse che hanno generato gli utili e determinato i costi» (così si legge a pag. 38, primo capoverso, del ricorso), sibbene è il concreto atteggiarsi dell’attività del consorzio e delle consorziate a determinare, o no, l’insorgenza del presupposto impositivo dell’iva.

3. -Tanto comporta il rigetto del ricorso, risultando tra l’altro relegato a mera asserzione il riferimento al ricorso abusivo alla struttura consortile.

Il recente assestamento della giurisprudenza di questa Corte comporta, tuttavia, la compensazione delle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese.