Giurisprudenza - TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE CAMPANIA - Ordinanza 24 maggio 2016

Impiego pubblico - Giurisdizione nelle controversie di lavoro - Preclusione della possibilità di proporre dinanzi al giudice ordinario, senza incorrere in decadenza, dopo il 15 settembre 2000, l'azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30 giugno 1998 - Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), art. 69, comma 7

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

1. - La sig.ra B. ha riproposto innanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il giudizio instaurato al Tribunale di Napoli che, con sentenza del 22 ottobre 2012 n. 281 (X Sezione Civile, G.O.T.) declinava la propria giurisdizione e dichiarava la controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A.

La causa ha ad oggetto il risarcimento del danno subito per effetto del comportamento della Regione, prospettato dalla ricorrente per l'illegittima esclusione dal concorso riservato per l'immissione nel ruolo regionale del personale in servizio presso i centri di formazione professionale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato (Legge regionale 9 luglio 1984, n. 32), nonché per la tardiva esecuzione delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale e del Consiglio di Stato che avevano statuito l'illegittimità dell'esclusione.

La vicenda contenziosa, sviluppatasi nel corso degli anni, è così riassumibile: la sig.ra B. prestava servizio, quale docente nei corsi di formazione professionale della Regione Campania gestiti dall'ENAIP, che il 21 ottobre 1982 le comunicava il licenziamento con decorrenza 30 settembre 1982; quest'ultimo veniva dichiarato illegittimo con sentenza del Pretore di Maddaloni in funzione di Giudice del lavoro n. 42/89; sulla base di ciò, in seguito questo Tribunale amministrativo regionale (con sentenza della Sez. IV del 5 giugno 1992 n. 65, confermata dal Consiglio di Stato con decisione della Sez. VI del 13 gennaio 1996 n. 150) annullava l'esclusione dal concorso riservato per carenza dei requisiti, cosicché la Regione disponeva l'assunzione della ricorrente con delibera di G.R. del 20/5/1998 n. 2893, con decorrenza giuridica dal 1° settembre 1986 ed economica dall'effettiva immissione in servizio (1° giugno 1998); la ricorrente impugnava per quanto lesiva la delibera, rivendicando il riconoscimento del servizio prestato presso l'ENAIP ovvero la retrodatazione anche ai fini economici della sua immissione in ruolo; la pretesa veniva respinta con la sentenza di questa Sezione del 6 marzo 2003 n. 2061, poiché fondata su un titolo inconfigurabile nella specie (diritto alla «restitutio in integrum» per l'illegittima interruzione del rapporto di lavoro), con pronuncia confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sez. V del 23 marzo 2009 n. 1752 (nelle decisioni veniva rilevato che la ritardata assunzione in servizio è generatrice di responsabilità per danni);  con atto di citazione notificato il 15 aprile 2010 la ricorrente conveniva innanzi al Tribunale di Napoli la Regione, chiedendone la condanna al risarcimento, pari alle somme corrispondenti alla mancata retribuzione a far data dal 1° settembre 1986 (ovvero dalla pubblicazione della sentenza n. 65 del 1992) sino al 1° giugno 1998, nonché ad ogni altra integrazione o indennità e al danno relativo alla ridotta progressione di carriera e anzianità di servizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria; con sentenza del 22 ottobre 2012 n. 281 (come detto) il Tribunale di Napoli declinava la propria giurisdizione in applicazione dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001 ed il giudizio è stato riproposto innanzi a questo TAR;  istauratosi il contraddittorio e fissata l'udienza pubblica per la trattazione del ricorso, con ordinanza collegiale del 7 aprile 2016 n. 1743 è stato formulato alle parti l'avviso di cui all'art. 73, terzo comma, c.p.a., in relazione al ravvisabile profilo di inammissibilità del ricorso, con riferimento alla decadenza stabilita dall'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, riservando la decisione ad una Camera di consiglio successiva alla scadenza del termine assegnato alle parti per il deposito di memorie.

2. - Come esposto in fatto, l'esclusione della ricorrente dal concorso riservato ex legge regionale n. 32/84 venne annullata con sentenza della Sez. IV del 5 giugno 1992, n. 65 (confermata dal Consiglio di Stato con decisione della Sez. VI del 13 gennaio 1996 n. 150), dopo di che veniva disposta la sua immissione in ruolo con effetti giuridici dal 1° settembre 1986 ed economici dall'effettiva immissione in servizio (1° giugno 1998).

In seguito, la sua pretesa alla retrodatazione anche ai fini economici dell'immissione in ruolo veniva respinta con la sentenza di questa Sezione del 6 marzo 2003, n. 2061, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sez. V del 23 marzo 2009, n. 1752, essendo nella specie eventualmente configurabile una responsabilità per danni da ritardata assunzione in servizio, da proporre al Giudice fornito di giurisdizione.

Tuttavia, è bene precisare che, al momento della pubblicazione della sentenza di questo TAR, era già maturata la decadenza sancita dall'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (e, in precedenza, dall'art. 45, comma 17, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80).

Ciò posto, con il ricorso è stato riproposto il giudizio instaurato al Tribunale Civile, a seguito della declinatoria di giurisdizione pronunciata con la sentenza della Sez. X del 22 ottobre 2012 n. 281.

Tanto premesso, va riconosciuta la giurisdizione di questo Tribunale, poiché la controversia risarcitoria (relativa a fatti inerenti al periodo anteriore al 30 giugno 1998) con cui si faccia valere il diritto alla reintegrazione patrimoniale, per il pregiudizio arrecato dalla tardiva assunzione in servizio, è attratta nella giurisdizione amministrativa, collegandosi al rapporto d'impiego (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2010 n. 2750: «nel caso di ritardata assunzione in servizio conseguente ad un comportamento della pubblica amministrazione dichiarato definitivamente illegittimo con sentenza passata in giudicato, la controversia instaurata dall'impiegato assunto in servizio con effetto retroattivo ai soli fini giuridici e non anche economici, ed avente ad oggetto la pretesa di una somma equivalente alle retribuzioni non percepite, a titolo di risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva, atteso che la causa petendi si collega pur sempre (e non occasionalmente) al pubblico impiego e che ciò esclude la configurabilità di un diritto patrimoniale consequenziale (in tal senso: Cassazione Civ., Sez. Un., sentenza 10 maggio 1996, n. 4396)»).

Non può nella specie postularsi un'autonomia dell'azione risarcitoria, atteso che il «petitum» e la «causa petendi» si correlano al rapporto di lavoro instaurato, consistendo difatti nella pretesa ad ottenere i benefici economici (ovvero, il risarcimento per equivalente) dal momento della decorrenza giuridica dell'immissione in ruolo e nella denuncia dell'illegittimità dell'operato della pubblica amministrazione attinente al modo di costituzione del rapporto di lavoro, quanto agli effetti economici (cfr., in identica fattispecie, Cassazione, SS.UU., ordinanza 2 marzo 2006 n. 4591: «va ribadito il principio giurisprudenziale secondo cui nel caso di costituzione del rapporto di pubblico impiego con retrodatazione - come nella specie - della nomina ai fini giuridici ma non a quelli economici, la controversia istaurata contro l'amministrazione, che abbia ad oggetto la richiesta dell'impiegato di un risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non percepite per il periodo anteriore all'effettiva immissione in servizio appartiene - nella salvaguardia però del discrimine temporale fissato dalla decreto legislativo n. 80 del 1998, art. 45, comma 17 e dal decreto legislativo n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 - alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, dato che la causa petendi si collega, non occasionalmente, al rapporto di pubblico impiego, del resto costituito con efficacia retroattiva, restando quindi esclusa la possibilità di configurare un diritto patrimoniale consequenziale (cfr. in tali sensi ex plurimis: Cassazione, Sez. Un., 27 luglio 2002, n. 9341; Cassazione, Sez. Un., 4 giugno 2002, n. 8086; Cassazione, Sez. Un., 5 febbraio 2002, n. 1551; Cassazione, Sez. Un. , 7 marzo 2001 n. 92). In detta ottica le Sezioni Unite hanno anche di recente ribadito che, con riferimento ad azioni risarcitorie basate sull'esistenza di condotte illegittime poste in essere dalla pubblica amministrazione ai danni del dipendente - e sempre che siano relative ad epoca precedente al 30 giugno 1998 - va dichiarata la giurisdizione del Giudice amministrativo sul presupposto che gli atti asseritamene lesivi si riferiscano a violazioni di specifici obblighi derivanti dal rapporto di pubblico impiego (cfr.; Cassazione, Sez. Un., 4 maggio 2004, n. 8438)»).

Sennonché, trattandosi nella specie di fatti anteriori al 30 giugno 1998, è applicabile, come correttamente rilevato dalla sentenza del Tribunale civile di Napoli, Sez. X, n. 281 del 2012, l'art. 69, settimo comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il quale dispone che:

«Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'art. 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000».

Tale disposizione stabilisce un effetto decadenziale e non consente di proporre, dopo il 15 settembre 2000, l'azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30 giugno 1998, come applicata dal diritto vivente, in base all'ormai pacifica giurisprudenza delle Sezioni unite e dell'Adunanza plenaria (cfr. Cassazione, ss.uu., 27 febbraio 2013, n. 4846 e Consiglio di Stato, ad. Plen., 21 febbraio 2007, n. 4), avallata anche dal Giudice delle leggi per escluderne la illegittimità costituzionale (Corte cost., 26 maggio 2005, n. 213 e 6 aprile 2004, n. 214).

Nella specie, l'azione risulta pertanto irricevibile per decadenza, essendo stata proposta oltre il termine del 15 settembre 2000, anche tenendo conto della conservazione degli effetti processuali della domanda originariamente rivolta al G.O. con atto di citazione notificato il 15 aprile 2010 (cfr., per l'accento sul discrimine temporale fissato dalla legge alla conservazione della giurisdizione del G.A., SS.UU. cit.).

2.1 - Occorre ora muovere dalla recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione dell'8 aprile 2016, n. 6891, con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della suindicata norma, «nella parte in cui prevede che le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000».

La controversia pendente innanzi alla Suprema Corte ha ad oggetto l'impugnazione della sentenza del Consiglio di Stato del 30 luglio 2013 n. 4001, con cui veniva confermata la pronuncia del Tribunale amministrativo regionale di inammissibilità del ricorso, proposto dopo il 15 settembre 2000 da alcuni medici c.d. «a gettone», svolgenti attività medico-assistenziale in regime convenzionale presso strutture pubbliche, volto all'accertamento della natura pubblicistica del rapporto anteriore al 30 giugno 1998 e del diritto a percepire le differenze economiche tra il trattamento spettante e quanto percepito. 

Con la cennata ordinanza le Sezioni Unite hanno evocato le pronunce con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che la legge italiana, nel fissare la decadenza prevista dalla suindicata norma del decreto legislativo n. 165/2001, «avesse posto un ostacolo procedurale costituente sostanziale negazione del diritto invocato» (sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo del 4 febbraio 2014: Mottola ed altri c. Italia, ruolo n. 29932/07;  Staibano ed altri c. Italia, ruolo n. 29907/07).

Ripercorsa l'evoluzione giurisprudenziale sull'interpretazione della norma in questione (che alfine si era evoluta nel senso che la decadenza comminata aveva carattere sostanziale, conseguendone la definitiva perdita del diritto di coloro che non avessero agito prima del 15 settembre 2000), la Cassazione ha ravvisato il contrasto dell'art. 69, comma 7, cit. con l'art. 6 della Convenzione EDU e, per interposizione di quest'ultima norma, con l'art. 117, primo comma, Cost. (recante l'obbligo di conformarsi agli obblighi internazionali), «insuperabile in sede interpretativa, in ragione della ormai consolidata interpretazione sopra riferita» (punto 18 dell'ordinanza dell'8 aprile 2016 n. 6891).

 2.2 - Ad identiche conclusioni è pervenuto ancor più recentemente il Tribunale amministrativo regionale Lazio, Sez. III Quater, con ordinanza del 26 aprile 2016, n. 4776 (riguardante una controversia risarcitoria per un c.d. «infortunio in itinere» occorso ad un pubblico dipendente), sollevando negli stessi termini la questione di legittimità costituzionale della norma. 

3. - Il Collegio reputa necessario rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ravvisandone la rilevanza nel presente processo e la non manifesta infondatezza, alla stregua delle enunciazioni contenute nell'ordinanza di rimessione delle Sezioni Unite e per contrasto con il medesimo parametro costituzionale dell'art. 117, primo comma, e dell'interposta norma dell'art. 6 della Convenzione EDU (sebbene per un dubbio di legittimità costituzionale riguardato sotto altro profilo, attinente al Giudice chiamato a conoscere della controversia). 

3.1 - L'applicazione dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165 condurrebbe nel caso in esame a dover dichiarare inammissibile il ricorso della sig.ra B., in quanto (affermatasi la giurisdizione amministrativa sulla controversia risarcitoria, per fatti anteriori al 30 giugno 1998, promosso dal dipendente assunto con effetto retroattivo ai soli fini giuridici e non anche economici: cfr. Cassazione, SS.UU., ordinanza 2 marzo 2006 n. 4591; Cons. Stato, Sez. III, 26 marzo 2013, n. 1692 e Sez. V, 10 maggio 2010, n. 2750), l'azione è stata nella specie proposta oltre il termine del 15 settembre 2000 (né potrebbe valere la conservazione degli effetti processuali della domanda originariamente rivolta al G.O., atteso che l'atto di citazione, notificato il 15 aprile 2010, era stato pur sempre proposto oltre il suddetto termine).

3.2 - Nel caso in esame, sussiste la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, riguardato sotto l'aspetto dell'individuazione del Giudice chiamato a conoscere della controversia.

In tale prospettiva, deve dubitarsi della legittimità costituzionale dell'art. 69, settimo comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come applicato dal diritto vivente (cfr. Cassazione, ss.uu., 27 febbraio 2013, n. 4846 e Consiglio di Stato, ad. plen., 21 febbraio 2007, n. 4, nonché Corte costituzionale, 26 maggio 2005, n. 213 e 6 aprile 2004, n. 214), nella parte in cui stabilisce un effetto decadenziale e non consente di proporre davanti al G.O., dopo il 15 settembre 2000, l'azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30 giugno 1998.

Così posta, la questione ha sicura rilevanza nel processo, in quanto l'illegittimità della norma in tali termini comporterebbe che la cognizione sulla controversia in esame spetterebbe al giudice ordinario e quindi condurrebbe (stante la declinatoria di giurisdizione del Tribunale di Napoli e la riassunzione dell'azione innanzi al Giudice Amministrativo) alla necessità per questo Tribunale amministrativo regionale di sollevare il conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 11, terzo comma, cod. proc. amm..

 3.3 - Ritenuta quindi la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la stessa non è manifestamente infondata.

La disposizione, prevedendo la consumazione dell'azione alla data del 15 settembre 2000, palesa - come individuato dalla Cassazione - il contrasto con l'art. 6, comma 1, della Convenzione EDU (per il quale «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un temine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile...»), ponendo «un ostacolo procedurale che costituisce una sostanziale negazione del diritto invocato ed esclude un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco» (punto 18 dell'ordinanza di rimessione cit.).

Ad avviso del Collegio, la riconduzione a legittimità della norma censurata va prospettata ritenendo devoluta al Giudice ordinario la cognizione delle controversie di cui trattasi, proposte dopo il 15 settembre 2000, secondo l'orientamento giurisprudenziale che si era formato successivamente alla novella introdotta dall'art. 69, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, rispetto alla formulazione dell'art. 45, comma 17, della legge n. 80 del 1998. 

Infatti l'originaria interpretazione della norma è dalle Sezioni Unite valorizzata con l'affermazione secondo cui detto orientamento era teso a «garantire la fruizione della giurisdizione» (ovverossia, ritenendo «che i ricorsi per questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, dopo il 15 settembre 2000, avrebbero dovuto essere proposti non al giudice amministrativo, ove operava la decadenza, ma al giudice ordinario»: punto 6 dell'ordinanza dell'8 aprile 2016 n. 6891).

 In tale quadro, si palesa l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo n. 165/2001 nella parte in cui non consente di proporre la controversia al G.O. dopo il 15 settembre 2000 e per fatti connessi al rapporto d'impiego ante 30 giugno 1998, senza incorrere in decadenza, in un'ottica che si mostra non in sintonia con il quadro ordinamentale della riforma del rapporto d'impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione, attuato con il decreto legislativo n. 165/2001, mediante la concentrazione delle controversie innanzi a un unico Giudice, facendo sì «di non coinvolgere troppo a lungo il giudice amministrativo in una giurisdizione ormai perduta» (Cons. Stato, Ad. Plen., 21 febbraio 2007, n. 4). 

4. - Conclusivamente, va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - nella parte in cui non consente di proporre al G.O., dopo il 15 settembre 2000, l'azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30 giugno 1998 -, in relazione all'art. 117, primo comma, della Costituzione, laddove prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali, in specie dell'obbligo assunto con l'adesione dell'Italia alla Convenzione EDU, ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848, configurandosi la violazione dell'art. 6, comma 1, della Convenzione, secondo quanto statuito con le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo del 4 febbraio 2014 nelle cause n. 29932/07 (Mottola ed altri c. Italia) e n. 29907/07 (Staibano ed altri c. Italia), costituenti interpretazione rilevante nell'ordinamento interno delle norme della Convenzione interposte, integranti gli «obblighi internazionali» al cui rispetto l'Italia è vincolata. 

Pertanto, va sospeso il giudizio e ordinata la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, nonché la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

P.Q.M.

 

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui non consente di proporre al G.O. senza incorrere in decadenza, dopo il 15 settembre 2000, l'azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30 giugno 1998, in relazione all'art. 117, primo comma, della Costituzione, come specificato in motivazione. 

Ordina che, a cura della segreteria del Tribunale amministrativo, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 

Dispone per l'effetto la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 02 novembre 2016, n. 44.