Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 giugno 2017, n. 14425

Accertamento - Violazione del divieto di intermediazione di manodopera - Art. 1, L. n. 1639 del 1960

 

Fatti di causa

 

La P.S. & C. s.n.c. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 86/07/10, depositata il 7/6/2010, della CTR del Friuli Venezia Giulia, che ha accolto l'appello proposto, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, avverso la decisione di primo grado avente ad oggetto l'impugnazione degli avvisi di accertamento emessi sulla base di verbale redatto della Guardia di Finanza, e notificati alla contribuente, per omessa ritenuta Irpef, sanzioni ed interessi, stante l'accertata violazione del divieto di intermediazione di manodopera di cui all'art. 1, L. n. 1639 del 1960.

Il Giudice di appello, in particolare, riteneva che l'unico effetto della istanza di accertamento con adesione è quello di sospendere per novanta giorni il termine per ricorrere al giudice tributario e, nel merito, che era stato dimostrato che la predetta società "eseguiva opere avvalendosi di lavoratori del consorzio subappaltando una serie di lavori a ditte che, pur avendo iscritto nei registri obbligatori i propri dipendenti, in realtà si erano limitat(e) a mettere a disposizione la manodopera", con la conseguenza che la contribuente, in quanto effettivo soggetto responsabile, era "inadempiente agli obblighi di natura fiscale previdenziale ed assistenziale nei confronti dei lavoratori" in questione.

L'intimata si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare alla udienza di discussione.

 

Ragioni della decisione

 

La ricorrente deduce, con il primo motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione della normativa sul processo di appello, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, e dell'art. 28, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 2, giacché la CTR non poteva pronunciare su domande che nella sentenza di primo grado non erano state oggetto di decisione e, segnatamente, sull'esistenza o meno della interposizione fittizia di manodopera, essendosi la CTP limitata a ritenere non esaurita la fase del procedimento amministrativo instaurato con l'istanza di accertamento con adesione e, conseguentemente, improduttivi di effetti gli avvisi di accertamento fino alla definizione del relativo procedimento, senza entrare nel merito della questione controversa.

Deduce, con il secondo motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, omessa e/o falsa o contraddittoria motivazione della decisione impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacché la CTR ha ritenuto di confermare una decisione del giudice di primo grado in realtà insussistente, in quanto riguardante la diversa e preliminare questione della definizione del procedimento amministrativo. Deduce, con il terzo motivo, l'effetto preclusivo del giudicato esterno, giacché la contribuente aveva depositato, in appello, la sentenza n. 121/2007 del Tribunale di Pordenone, che in funzione di giudice del lavoro aveva deciso l'impugnazione proposta dalla società P.S. & C. avverso le cartelle di pagamento con cui INAIL ed INPS, sulla base del verbale redatto della Guardia di Finanza, avevano richiesto il pagamento dei contributi, pretesamente evasi, in relazione al rapporto di lavoro instauratosi tra la contribuente ed i lavoratori nominativamente individuati dai militari, disponendo l'annullamento degli atti impugnati, in quanto all'esito dell'istruttoria non poteva ritenersi provata l'illecita intermediazione di manodopera posta in essere, secondo la contestazione, tra il dicembre 1999 ed il dicembre 2001, questione sulla quale il giudice tributario può decidere, a differenza del giudice ordinario, solo incidenter tantum, ai sensi dell'art. 39, D.Lgs. n. 546 del 1992. Evidenzia la contribuente che l'accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale di Pordenone, pronunciata il 7/6/2007, depositata il 25/6/2007, e divenuta definitiva, come da certificazione rilasciata ai sensi dell'art. 124 disp. att. c.p.c., costituisce ai sensi dell'art. 2909 c.c. questione rilevabile d'ufficio.

Il primo motivo di doglianza è infondato atteso che se è vero che l'ambito del giudizio di appello, data la sua natura di revisio prioris instantiae, è rigorosamente circoscritto alle questioni specificamente dedotte con i motivi di impugnazione, principale o incidentale, ovvero con la riproposizione delle domande o eccezioni non accolte o rimaste assorbite, è altrettanto vero che, nella specie, l'Agenzia delle Entrate, allora appellante, aveva chiesto di confermare, perché fondate, le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado il quale "aveva dato ragione all'ufficio", com'è del resto riportato nella esposizione contenuta nella sentenza qui impugnata, a nulla rilevando che la CTP avesse ritenuto di dover trattare la questione di stretto merito ad colorandum, in quanto assorbita, stante la pienezza dell'effetto devolutivo dell'appello proposto dalla parte soccombente.

Il secondo motivo di doglianza è inammissibile atteso che, nell'ambito del giudizio di legittimità, l'affermazione che la decisione impugnata difetta di motivazione deve accompagnarsi all'indicazione del fatto omesso o trascurato dal giudice di merito al fine di consentire l'apprezzamento della sua incidenza causale sulla decisione adottata, sicché la ricorrente non può limitarsi a fornire una diversa ricostruzione dei fatti, contrastante con quella accertata nella sentenza impugnata, in quanto altrimenti la censura si risolve, inammissibilmente, in una richiesta di riesame nel merito della causa.

La CTR, infatti, ha fondato la propria decisione sulla valenza probatoria del "processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza" e su "quanto affermato dall'ufficio" circa il fatto che la società P.S. & C. Pilot eseguiva opere avvalendosi di lavoratori formalmente assunti da altri imprenditori che "in realtà si erano limitati a mettere a disposizione la manodopera in favore del(la) ricorrente in violazione della legge 1369/69 che vieta l'intermediazione semplice di manodopera considerando i lavoratori alle dipendenze dell'appaltante", per cui non è dato comprendere quale circostanza processuale (factum probans) il giudice di merito abbia trascurato, ovvero per quale ragione la ricostruzione operata nella sentenza di secondo grado sia "falsa" o comunque erronea.

Va disatteso anche il terzo motivo di doglianza.

L'effetto preclusivo del giudicato esterno discenderebbe, secondo la ricorrente, dalla decisione del giudice del lavoro che, nel giudizio promosso dalla società contribuente avverso le cartelle di pagamento riguardanti le somme iscritte a ruolo per contributi INPS ed INAIL non versati, ha accertato, per quanto sostenuto dalla stessa parte ricorrente, "non esser provato il fondamento dell'addebito" e, conseguentemente, ha annullato gli atti opposti, accertamento divenuto definitivo e - in tesi - suscettibile di operare oltre i ristretti limiti del giudizio nell'ambito del quale la predetta decisione risulta adottata (la sentenza del Tribunale di Pordenone è stata depositata dalla società in sede di giudizio di appello).

Ma, anzitutto, il giudizio innanzi al giudice ordinario non si è svolto tra le stesse parti processuali, avendo riguardato, da un lato, la suindicata società e, dall'altro, l'INPS e la U. s.p.a., concessionaria del servizio di riscossione tributi per la Provincia di Pordenone, per cui vale il principio affermato da questa Corte secondo cui <<In tema di giudicato, qualora due giudizi facciano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due si sia concluso con sentenza definitiva, il principio, secondo il quale l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l'efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell'art. 2909 cod. civ., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo>> (Cass. n. 3187/2015).

Inoltre, <<Nel caso di azione dell'INPS per il recupero di contributi non versati, l'accertamento della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto costituisce oggetto di questione pregiudiziale conosciuta dal giudice in via incidentale, non suscettibile di giudicato e, quindi, inidonea a vincolare il terzo e a lederne il diritto di difesa>> (Cass. n. 16681/2015), sicché non può escludersi la possibilità di un accertamento contestuale, ma differenziato, dei rapporti che integrano la situazione interpositoria.

In conclusione, quindi, l'opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento emessa per il recupero dei contributi previdenziali ed assicurativi dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l'eventuale rigetto per mancato assolvimento dell'onere della prova gravante sull'ente previdenziale non pregiudica l'accertamento del - diverso - rapporto tributario, secondo le ordinarie regole relative alla ripartizione dell'onere della prova, in forza delle quali grava sull'ente impositore l'onere di provare gli elementi di fatto necessari ad integrare il presupposto d'imposta e sulla controparte l'onere di contestare i fatti costitutivi del credito.

Non v'è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell'intimato Comune,il quale non ha svolto attività difensiva, mentre seguono la regola della soccombenza quelle nei confronti dell'Agenzia delle Entrate che ha partecipato all'udienza di discussione.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore dell'intimata dell'Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 2.900,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.