Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 luglio 2016, n. 14154

Tributi - Controllo automatizzato ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973 - Notifica cartella di pagamento senza preventivo invio della comunicazione di irregolarità - Legittimità

 

Osserva

 

La CTR di Potenza ha accolto l’appello dell’Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 261/01/200912 della CTP di Matera che aveva accolto il ricorso di F.G. - ed ha così confermato la cartella di pagamento (concernente IRAP-IVA) per il periodo di imposta 2005, siccome adottata all’esito del controllo automatizzato ex art. 36 bis del DPR n. 600/1973, cartella che il contribuente aveva impugnato sostenendone la nullità per non essere stata inviata la previa comunicazione di irregolarità.

La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che "la cartella opposta è legittima in quanto emessa per il recupero di imposte dovute in base alla presentazione del mod. Unico 2006 compilato e trasmesso dallo stesso contribuente. Non può conseguentemente sussistere violazione dell’art. 6 legge 212 del 2000 (Cassazione 22035 del 28.10.2010)".

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

L’Agenzia si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (fondato su violazione dell’art. 327 cpc e decadenza dall’impugnazione per decorso del termine) la parte ricorrente si duole sia del fatto che il giudicante non abbia rilevato la tardività dell’atto di

appello, in considerazione del termine semestrale previsto per la sua notifica dall’art. 327 cpc.

Il motivo appare manifestamente infondato.

È la stessa parte ricorrente a significare che l’atto introduttivo di primo grado nella presente controversia è stato notificato in data 5.6.2009 (così radicandosi la pendenza della lite, indipendentemente dal fatto che il deposito di detto ricorso sia poi avvenuto il 6.7.2009), sicché consegue che all’atto di appello non può che applicarsi il termine annuale di notifica previsto nella vecchia formulazione dell’art. 327 ridetto (giusta la previsione della norma transitoria dell’art. 58 della legge n. 69/2009) e che perciò l’atto di appello medesimo risulta del tutto tempestivo.

Con il secondo ed il terzo motivo di impugnazione (centrati, rispettivamente, sulla nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cpc - motivazione inesistente e sulla violazione e falsa applicazione degli art. 111 Cost., 112, 132, 277 cpc; 118 disp. att. Cpc; 35 e 36 D.Lgs. 546/1992) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia lapidariamente motivato il proprio convincimento (senza illustrare i fatti di causa e le argomentazioni delle parti) e del fatto che il giudicante abbia omesso la valutazione delle domande e delle eccezioni proposte da essa parte contribuente: delle eccezioni proposte in atto di controdeduzioni in appello il giudicante non aveva fatto alcun esame, in specie con riferimento "alla asserita illegittimità delle pretese erariali, portate dalla cartella di pagamento, mai partecipate al contribuente".

Entrambe le doglianze appaiono manifestamente infondate.

Ed invero, la modalità succinta della motivazione (dalla quale è comunque fatto chiaro - secondo quanto si è trascritto - l’iter logico-argomentativo del giudicante) non può costituire in nessun caso ragione di nullità della pronuncia, non compromettendo la comprensibilità della ratio su cui la decisione si fonda né la difesa che le parti intendano articolare nei successivi gradi di giudizio.

D’altro canto, non si riscontra alcuna violazione del rapporto necessario tra il chiesto ed il pronunciato, essendosi doluta la parte ricorrente - specificamente - della sola elusione delle eccezioni relative alla "omessa partecipazione" al contribuente dell’oggetto delle pretese erariali, sulla qual cosa il giudicante ha debitamente svolto il suo esame, pronunciandosi nei termini di cui si è detto.

Con il quarto motivo di impugnazione (centrato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del DPR n. 600/1973, dell’art. 54 del DPR n. 633/1972; dell’art. 6 della legge n. 212/2000) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante non abbia adeguatamente considerato che nel riquadro I della cartella di pagamento di cui si tratta ("Dettaglio degli addebiti") è riportata la seguente nota: "dichiarazione corretta in data 22.7.2008 dal centro operativo di Venezia, comunicazione con codice atto numero 0850760627", ciò che lascia intendere che l’Agenzia ha in realtà proceduto a rettifiche sostanziali della dichiarazione, tali da rendere ineludibile il contraddittorio con il contribuente.

Il motivo appare inammissibilmente proposto, per violazione del canone di autosufficienza.

Dovendosi considerare presupposto dell’assunto di violazione di norma di diritto la circostanza di fatto che le correzioni all’esito del controllo portate a conoscenza con la cartella di pagamento integrino il requisito dell’esistenza di significative irregolarità, sarebbe spettato alla parte ricorrente dettagliare di quali irregolarità si sarebbe trattato, dovendosi altrimenti dare per assodato ciò che il giudice del merito ha rilevato e cioè che la cartella sia stata emessa esclusivamente per il recupero di imposte dovute (perché dichiarate) con la conseguente insussistenza dell’onere di comunicazione la cui violazione è invocata dalla parte contribuente.

Né può bastare - nell’ottica dell’assolvimento di detto onere - che sia riportata l’intestazione del riquadro da cui si desume la data e l’ufficio dell’avvenuta "correzione", non potendosi alcunché evincere da ciò, nell’ottica che qui rileva.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità e manifesta infondatezza.

Ritenuto inoltre:

- che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

- che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

- che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

- che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in € 3.600,00 oltre spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.