Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 gennaio 2018, n. 1146

Imposte indirette - IVA - Dichiarazione annuale - Istanza di rimborso - Termini decadenziali

 

Ritenuto che

 

La Commissione Tributaria Regionale di Milano, con la sentenza in epigrafe indicata, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della H. P. Italiana s.r.l., proposto avverso il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso, avanzata con mod. IVA 1998 e successiva istanza di sollecito del 13 giugno 2006, relativo ad un credito IVA della società C. C. S.p.A. ceduto in data 2 settembre 1997 alla controricorrente, con cessione notificata al Concessionario della riscossione - ESATRI ed all'Agenzie delle Entrate - Ufficio di Gorgonzola.

Secondo il giudice di appello la domanda di rimborso era stata tempestivamente e regolarmente presentata con il modello IVA 1998, per cui l'Ufficio aveva l'obbligo di provvedere, così come stabilito dall'art.30 comma 2 del DPR n.633/1972, ricorrendone tutti i presupposti. Ha escluso che il provvedimento di diniego potesse trovare giustificazione in ragione della mancata allegazione nei termini decadenziali di cui all'art. 21 D.Lgs. 546/92 del modulo VR.

L'Agenzia delle entrate ricorre su due motivi; la contribuente si è costituita con controricorso, seguito da memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Considerato che

 

1.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 30 del DPR n.633/1972 e dell'art.21 D.Lgs. n. 546/92 (art. 360, comma 1, n.3, cpc), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inapplicabile il termine di decadenza di cui all'art. 21, II comma, D.Lgs. n. 546/1992 ad un'istanza di rimborso del credito IVA conseguente alla cessazione dell'attività ai sensi dell'art. 30, II comma, D.P.R. n. 633/72, in base alla considerazione che tale ultima norma non prevederebbe alcun termine decadenziale, rendendo direttamente applicabile l'ordinario termine prescrizionale. Sostiene la ricorrente che la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato (Cass. sent. n. 3295/09) che "è giurisprudenza di questa Corte che in tema di IVA, alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la norma generale residuale di cui al D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 (ora D.Lgs. n. 546 del 1992, art.21, comma 2), prevedente un termine biennale di decadenza per la presentazione dell'istanza, che non esclude, tuttavia, una volta maturato il silenzio rifiuto, la decorrenza del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 cod. civ." Secondo la ricorrente, quindi, nel caso di specie all'epoca della domanda di rimborso, presentata in data 13/6/2006 a fronte della cessazione di attività avvenuta ni 1997, la società era ormai decaduta dalla facoltà di richiedere il rimborso.

1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art.30 e dell'art.38 bis del DPR n.633/1972, nonché dell'art.21 D.Lgs. n. 546/92 (art.360, I comma, n.3, cpc), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l'esposizione di un credito IVA nella dichiarazione annuale, nella quale il credito medesimo venga richiesto a rimborso, sia idonea ad impedire il decorso del termine di decadenza di cui all'art.21 sopra citato. Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nel ritenere fondata la pretesa del diritto al rimborso, in quanto la stessa era pregiudicata dalla irritualità della domanda, non accompagnata dalla compilazione del modello VR, che costituiva adempimento indispensabile, non solo in caso di richiesta di rimborso accelerato. Secondo la ricorrente l'omissione di tale modello renderebbe "tamquam non esset" l'indicazione del credito contenuta nella dichiarazione, con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, l'unica istanza di rimborso validamente presentata sarebbe stata quella del 13/6/2006, tardiva per intervenuta decadenza ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 546/1992.

2. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati e vanno rigettati.

3.1. Come questa Corte ha già affermato con condiviso principio, «in tema d'IVA, ai fini del rimborso dell'eccedenza d'imposta, è sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro "RX4", sebbene non accompagnata dalla presentazione del modello "VR", che costituisce solo un presupposto per l'esigibilità del credito, sicché, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale, di cui all'art. 2946 c.c.» (Cass. sez. trib. n. 19115 del 2016; Cass. sez. VI n. 14981 del 2014). L'orientamento giurisprudenziale citato dalla ricorrente (solo apparentemente contrastante con i precedenti sopra indicati) non è applicabile alla fattispecie in esame, perché si riferisce ad un caso differente, in cui il contribuente non aveva indicato il credito IVA nella dichiarazione annuale.

3.2. Secondo l'ormai prevalente orientamento di legittimità, la corretta indicazione del credito di imposta nella dichiarazione è sufficiente a manifestare la volontà di richiedere il rimborso. Ed invero, "l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione. Ne consegue che il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso" (Cass. sent. n. 10180/2016; Cass. nn. 7684/2012, 8813/2013, 20678/2014, 20255/2015).

3.3. Premesso che nella sentenza gravata è contenuto l'accertamento di fatto, non contestato dalla ricorrente, che la società Convex Computer S.p.A. aveva manifestato la propria volontà di ottenere il rimborso dell'IVA esponendola nella dichiarazione (Modello IVA 1998 per l'anno 1997, nel quadro VL al rigo VL 28 "IVA a credito" e nel quadro VH al rigo VH 27 "importo chiesto a rimborso"), la decisione della C.T.R. risulta conforme al principio di diritto prima ricordato. La successiva istanza della società cessionaria, inoltrata in data 13/6/2006, deve intendersi tempestivamente avanzata dalla società cessionaria entro il termine di prescrizione decennale, decorrente dalla presentazione della richiesta inserita nella dichiarazione IVA della società cedente relativa all'anno 1997.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato su entrambi i motivi.

5. Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

- Rigetta il ricorso;

- Condanna la Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di €.3.700,00=, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge.