Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 aprile 2017, n. 10200

Rapporto di lavoro - Dipendente postale - Contratto a termine - Illegittimità - Causale giustificativa generica

 

Rilevato

 

che con sentenza in data 24 giugno 2010 la Corte di Appello di Roma, rigettando sia l'appello principale che quello incidentale, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva dichiarato l'illegittimità del termine apposto al contratto intercorso tra G. M. e Poste Italiane s.p.a. nel periodo 2.7.2002-30.9.2002 condannando la società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dalla domanda giudiziaria al ripristino del rapporto con gli accessori dovuti per legge.

che avverso tale sentenza Poste Italiane s,p.a. ha proposto ricorso affidato a sei motivi, chiedendo, in subordine, l'applicazione dello jus superveniens; ha opposto difese G. M. con controricorso, che il P.G. in data non ha formulato richieste, che sono state depositate memorie da G. M.

 

Considerato

 

Che con il ricorso è denunciata:

1. la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 1 e 2 d. Igs n. 368 del 2001, dell'art. 12 delle preleggi, degli artt. 1362 e ss. cod. civ. e 1325 e ss. cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. per avere ritenuto generica la causale giustificativa dell'apposizione del termine al contratto senza considerare il riferimento in essa contenuto agli accordi sindacali sulla mobilità dai quali era evincibile, per relationem, la ragione della delimitazione temporale del rapporto;

2. l'omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ., consistito nella legittima compresenza nella causale di più ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine. Inoltre la sentenza non spiegherebbe perché il riferimento agli accordi in seno al contratto non costituirebbe una idonea specificazione delle esigenze sottese all'assunzione;

3. la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 comma 2 d.lgs. n. 368 del 2001, dell'art. 2697 cod. civ. degli artt. 115, 116, 244, 253 e 421 secondo comma cod. proc. civ. per avere posto a carico del datore di lavoro l'onere di provare le ragioni che indussero le parti a stipulare un contratto a termine laddove invece la legittimità del contratto , ove rispettato il disposto dell'art. 1 del citato decreto legislativo, era presunta ed era onere del lavoratore dimostrarne la pretestuosità. Inoltre non era stato dato ingresso alla prova comunque chiesta ammissibile rilevante e decisiva.

4. l'omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. . la Corte avrebbe omesso di valutare e di motivare sull'ammissibilità e rilevanza della prova chiesta per dimostrare i processi di riorganizzazione che avevano investito la società facendo nascere l'esigenza di assunzioni temporanee senza neppure chiarire perché non erano stati esercitati i poteri d'ufficio;

5. ancora la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 1 e 2 e dell'art. 4 comma 2 del d. Igs n. 368 del 2001, degli artt. 1362 e ss. cod. civ. e 1325 e ss. cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. per avere ritenuto non sufficientemente specificata nel contratto la ragione sostitutiva posta a fondamento dell'apposizione del termine laddove invece il lavoratore era stato assunto per far fronte ai processi di riorganizzazione oltre che per esigenze di servizio scaturenti dall'assenza per ferie di lavoratori con pari inquadramento.

6. la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099, 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che le retribuzioni non potevano che decorrere dal momento in cui era stata offerta la prestazione, circostanza nella specie non verificatasi tale non essendo la domanda giudiziaria. Quanto all'aliunde perceptum sostiene la ricorrente che era onere di controparte provare di non aver intrattenuto altri e successivi rapporti di lavoro e di non aver percepito somme a titolo retributivo.

7. in subordine chiede l'applicazione dell'art. 32 comma 5 e 6 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e che in applicazione dello jus superveniens il risarcimento del danno sia contenuto nei limiti previsti dalla citata norma.

che ritiene il Collegio si debbano accogliere il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso restando così assorbito l'esame degli altri; che, infatti, l'apposizione di un termine ai contratti di lavoro, consentita dall'art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, e che ben possono risultare anche per relationem, impone al datore di lavoro l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell'ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.

Spetta al giudice di merito accertare - con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità - la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell'assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto.

Che la Corte di merito, pur richiamando principi condivisibili, non si è affatto confrontata con le motivazioni poste dalla società a giustificazione dell'apposizione del termine al contratto.

Che gli accordi sindacali richiamati non sono stati esaminati di tal che in maniera del tutto assertiva e senza alcuna verifica in concreto se ne è affermata l'inidoneità a giustificare la specificazione dei motivi posti a base del contratto.

che pertanto in accoglimento delle censure formulate nei motivi primo secondo e quinto la sentenza deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a verificare la specificità della causale procedendo all'esame degli accordi in essa richiamati.

Che la Corte in sede di rinvio provvederà a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo, secondo e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.