Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 luglio 2016, n. 15642

Credito d'imposta - Art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388 - Omesso invio del c.d. modello CVS

 

Svolgimento del processo

 

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello di U.D.R., è stato annullato l'avviso di recupero del credito d'imposta previsto dall'art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, per nuovi investimenti in aree svantaggiate, notificato al contribuente a causa dell'omesso invio del c.d. modello CVS.

Il giudice d'appello ha ritenuto che tale omissione non incide su fattispecie già definite con l'utilizzazione del credito in epoca anteriore alla normativa che ha previsto l'invio del detto modello.

2. Il contribuente resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

3. Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate denuncia - ai sensi dell'art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ. - violazione dell'art. 62 legge 27 dicembre 2002, n. 289, per avere il giudice ritenuto inoperante la sanzione di decadenza dal beneficio del credito d'imposta, a causa dell’omesso Invio del c.d. modello CVS, per essere stato il credito già completamente utilizzato dal contribuente prima dell'entrata in vigore della legge n. 289 del 2002.

Il motivo è fondato.

Conformemente a consolidato indirizzo di questa Corte (tra cui Cass. 23768/2013; 2232/2013; 19692/2012 e conf. 10772/2013), si osserva al riguardo che già con la sentenza n. 3578 del 13/2/2009 questa Sezione aveva chiarito che l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell'art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei contributi, concessi sotto forma di credito d'imposta, per l'effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dall'art. 62, comma 1 lett. a, legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell'investimento effettuato (c.d. modello CVS), essendo il suddetto termine previsto dall'art. 62 cit. a pena di decadenza e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell'investimento, e non anche all'invio della comunicazione telematica.

La stessa Corte cost. (sin dall'ordinanza 24 marzo 2006, n. 124) sull'art. 62 cit. ha a sua volta considerato che per le esigenze di tempestiva integrazione dei dati, a disposizione dell'amministrazione finanziaria, non è irragionevole che il mancato rispetto del termine fissato per la comunicazione dei dati stessi sia sanzionato, indipendentemente dall'effettiva sussistenza dei requisiti per fruire dell'agevolazione, con la decadenza dal contributo automaticamente conseguito.

Si tratta, infatti, di una comminatoria diretta a garantire il rilevante interesse pubblico all'immediata disponibilità dei dati non ricavabili dalla dichiarazione dei redditi all'epoca presentata, ma necessari allo svolgimento sia di uniformi ed organiche politiche di incentivazione, sia di più agevoli e solleciti controlli sulla spettanza del contributo. Dunque, anche per la Consulta la previsione della decadenza dal contributo appare adeguata e coerente con la ratio della norma censurata e non eccede i limiti dell'ampia discrezionalità riservata al legislatore in materia di agevolazioni (limiti che vanno individuati esclusivamente nella palese arbitrarietà od irrazionalità).

Inoltre è stata ritenuta manifestamente infondata la censura relativa alla violazione del principio di irretroattività e, per l'effetto, del principio dell'affidamento nella sicurezza giuridica, perché la norma criticata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito. La medesima statuizione di infondatezza è stata poi ribadita, tra le altre, da Corte cost. 26 giugno 2009, n. 185.

4. Lo specifico tema della legittimità del termine del 28 febbraio 2003, in relazione alle disposizioni dello Statuto del contribuente, è stato poi affrontato, in sede di legittimità, nell'ordinanza n. 8254 del 6/4/2009, nella quale si è precisato che le norme della legge n. 212 del 2000, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell'ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell'Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell'ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse. Infine, con la sentenza n. 19627 del 11/9/2009 e poi (oltre ai precedenti citati) con la sentenza n. 29616 del 2011, si è specificamente chiarito che, in tema di contributi concessi sotto forma di credito d'imposta ex art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, l’inosservanza del termine - inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dall'art. 62, comma 1, lett. a), legge 27 dicembre 2002, n. 289 - entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell'8 luglio 2002 devono comunicare all'Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonché quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio. In dette sentenze si è infatti precisato che non può attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 3, comma 2, dello Statuto del contribuente per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto il contribuente è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n. 253 del 2002 (i cui effetti sono stati fatti espressamente salvi dall'art. 62, comma 7, seconda parte, legge n. 289 del 2002) ed il predetto termine è di fonte immediatamente legale, non superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa.

Parimenti, per Cass. n. 5324 del 2012, la disposizione di cui all'art. 3, comma 2, legge 27 luglio 2000, n. 212, che fissa il termine minimo di sessanta giorni per l'effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene all'esercizio del diritto di difesa: il rapido susseguirsi di disposizioni aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina solo il verificarsi di una normale vicenda di successione di leggi nel tempo (così, da ultimo, anche Cass. 21315/2013).

5. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

6. In considerazione dell'epoca in cui la citata giurisprudenza si è formata, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell'intero giudizio.