Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 02 giugno 2016, n. C-81/15

"Rinvio pregiudiziale - Fiscalità - Regime generale di accise - Direttiva 92/12/CEE - Tabacchi lavorati che circolano in regime di sospensione dei diritti di accisa - Responsabilità del depositario autorizzato - Possibilità degli Stati membri di rendere il depositario autorizzato responsabile in solido per il pagamento di somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte agli autori di un atto di contrabbando - Principi di proporzionalità e di certezza del diritto"

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU 1992, L 76, pag. 1), modificata dalla direttiva 92/108/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992 (GU 1992, L 390, pag. 124) (in prosieguo la "direttiva 92/12").

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Kapnoviomichania Karelia AE (in prosieguo: la "Karelia") e l’Ypourgos Oikonomikon (Ministero delle finanze, Grecia), in merito a un avviso di accertamento in cui si dichiara che la Karelia è responsabile in solido degli importi delle tasse e dei diritti di accisa a causa di un’operazione di contrabbando.

 

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. Gli articoli 1 e 3 della direttiva 92/12 disponevano che tale direttiva "stabilisce il regime dei prodotti sottoposti alle accise e ad altre imposte indirette gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di questi prodotti, ad esclusione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte stabilite dalla Comunità" e "è applicabile, a livello comunitario, ai (...) tabacchi lavorati".

4. L’articolo 4 di tale direttiva definiva la nozione di "depositario autorizzato" come "la persona fisica o giuridica autorizzata dall[e] autorità competenti di uno Stato membro, nell’esercizio della sua professione, a fabbricare, trasformare, detenere, ricevere e spedire prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dei diritti di accisa in un deposito fiscale".

5. A norma dell’articolo 5, paragrafo 2, di detta direttiva, quando i prodotti soggetti ad accisa, in provenienza o a destinazione di paesi terzi, erano sottoposti ad un regime doganale comunitario diverso dall’immissione in libera pratica, essi erano considerati in regime di sospensione dei diritti di accisa.

6. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva, "l’accisa diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo", che include "lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo".

7. L’articolo 13 della direttiva 92/12 prevedeva che il depositario autorizzato è tenuto, segnatamente, "a prestare una garanzia eventuale in materia di fabbricazione, di trasformazione e di detenzione, nonché una garanzia obbligatoria in materia di circolazione, le cui condizioni sono fissate dalle autorità fiscali dello Stato membro in cui è autorizzato il deposito fiscale".

8. L’articolo 15, paragrafi 3 e 4, di detta direttiva recitava quanto segue:

"3. II rischi inerenti alla circolazione intracomunitaria sono coperti dalla garanzia prestata, come previsto all’articolo 13 dal depositario autorizzato speditore o, eventualmente, da una garanzia in solido tra lo speditore e il trasportatore. Se del caso, gli Stati membri possono esigere una garanzia dal destinatario.

Le modalità relative alla garanzia sono stabilite dagli Stati membri. La garanzia deve essere valida in tutta la Comunità.

4. Fatto salvo l’articolo 20, la responsabilità del depositario autorizzato speditore, e, se del caso, quella del trasportatore viene meno con la prova della presa in carico dei prodotti da parte del destinatario, in particolare con il documento di accompagnamento (...)"

9. L’articolo 20, paragrafi 1 e 3, di detta direttiva disponeva che:

"1. Nel caso di irregolarità o infrazione nel corso della circolazione per la quale è esigibile l’accisa, quest’ultima deve essere pagata, nello Stato membro nel cui territorio l’irregolarità o l’infrazione è stata commessa, dalla persona fisica o giuridica resasi garante del pagamento dei diritti d’accisa conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, lasciando impregiudicato il ricorso ad azioni penali.

(...)

3. (...) Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far fronte a eventuali infrazioni o irregolarità e imporre sanzioni efficaci".

 

Diritto greco

10. La legge 2127/1993, recante armonizzazione con il diritto comunitario del regime fiscale dei prodotti petroliferi, dell’alcol etilico e delle bevande alcoliche, nonché dei tabacchi lavorati ed altre disposizioni (FEK A’ 48), ha recepito nel diritto greco la direttiva 92/12. Tale legge disciplinava, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, oltre al regime dell’accisa e il momento in cui essa diviene esigibile, anche le questioni relative al regime sospensivo del deposito fiscale e al depositario autorizzato.

11. Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3 di detta legge, il depositario autorizzato "è ritenuto responsabile nei confronti dello Stato per le imposte gravanti sui prodotti" e tale depositario "è altresì ritenuto responsabile degli atti che l’autorità competente imputerà eventualmente ai magazzinieri dei suoi depositi".

12. L’articolo 67, paragrafo 5 di detta legge dispone che "l’evasione comunque realizzata, del pagamento delle accise e degli altri oneri o il tentativo di eluderlo, nonché il mancato rispetto delle formalità prescritte dalla legge allo scopo di evitare il pagamento delle accise suddette e degli altri oneri, sono qualificati come contrabbando ai sensi degli articoli 89 e seguenti della legge n. 1165/1918 sul codice doganale" (in prosieguo: il "codice doganale") e che "tali atti rendono esigibile l’imposta maggiorata prevista dai suddetti articoli, anche se le autorità competenti ritengono che gli elementi del delitto di contrabbando non siano accertati".

13. L’articolo 97, paragrafo 3, del codice doganale prevede che "a carico di tutti coloro la cui partecipazione all’infrazione doganale di cui all’articolo 89, paragrafo 2, del presente codice, è certa, viene riscossa congiuntamente e in solido, in proporzione al grado di partecipazione di ciascuno e indipendentemente dai procedimenti penali cui sono soggetti, un’imposta maggiorata, che può andare dal doppio al decuplo delle accise e degli altri diritti dovuti per l’oggetto dell’infrazione". A norma dell’articolo 97, paragrafo 5, del codice doganale, il "direttore dell’ufficio doganale competente redige ed emette (...) un atto motivato con il quale esonera o identifica, eventualmente, i responsabili ai sensi del presente codice, determina il grado di responsabilità di ciascuno di essi, i dazi doganali e le altre imposte dovute o perdute per l’atto di contrabbando e riscuote l’imposta maggiorata ai sensi del presente articolo nonché, eventualmente, i dazi doganali e le altre imposte perdute".

14. Ai sensi dell’articolo 99, paragrafo 2, del codice doganale, il fatto che i soggetti civilmente corresponsabili non fossero a conoscenza dell’intenzione degli autori principali di commettere l’infrazione non esime i primi dalla propria responsabilità.

15. L’articolo 108 del codice doganale prevede che:

"Il giudice penale che si pronuncia sull’accusa di contrabbando può, nella propria sentenza di condanna, dichiarare il proprietario o il destinatario dei beni oggetto del contrabbando corresponsabile, civilmente e in solido con la persona condannata, per il pagamento della sanzione pecuniaria comminata e delle spese nonché, su domanda dello Stato costituitosi parte civile, della somma che gli è stata aggiudicata. Ciò vale anche nel caso in cui il corresponsabile non sia soggetto a procedimento penale qualora il condannato abbia agito, in relazione alle merci oggetto di contrabbando, come mandatario, amministratore o rappresentante del proprietario o del destinatario, indipendentemente dal rapporto giuridico nell’ambito del quale si colloca o è stato dissimulato il mandato. È pertanto irrilevante sapere se il mandatario agisca in nome proprio (...), se si presenti come il proprietario delle merci o come titolare di qualsiasi altro rapporto giuridico rispetto a tali beni o se la rappresentanza effettiva del proprietario sia una rappresentanza speciale o generale, a meno che non sia dimostrato che le suddette persone non potevano in alcun modo essere a conoscenza della probabilità di compimento di un atto di contrabbando".

16. L’articolo 109 del codice doganale dispone quanto segue:

"Oltre al proprietario e al destinatario delle merci oggetto di contrabbando, menzionati nell’articolo precedente, il giudice penale può altresì dichiarare corresponsabile, civilmente e in solido, con la persona condannata al pagamento della sanzione pecuniaria comminata e delle spese nonché, su domanda dello Stato costituitosi parte civile, della somma che gli è stata aggiudicata, i proprietari di navi, imbarcazioni, automobili, carri, le compagnie di trasporto terrestre, marittimo o aereo e gli agenti e rappresentanti, indipendentemente dalla loro qualità o denominazione, di questi ultimi o dei proprietari di navi, imbarcazioni, automobili, carri o aerei, nonché i direttori di hotel, ostelli, bar o altri esercizi accessibili al pubblico, sebbene non siano penalmente responsabili dell’atto di contrabbando, allorquando tale atto di contrabbando sia stato perpetrato all’interno di tali mezzi di trasporto o per loro tramite o all’interno degli esercizi precedentemente citati o se i medesimi siano stati utilizzati per il compimento di atti di contrabbando, oppure per dissimulare i prodotti che costituiscono la merce oggetto di contrabbando, a meno che non sia dimostrato che le persone summenzionate non potevano in alcun modo essere a conoscenza della probabilità di compimento di un atto di contrabbando".

 

Procedimento principale e questione pregiudiziale

17. La Karelia è una società di diritto greco attiva nella fabbricazione di prodotti del tabacco, con la qualità di depositario autorizzato. All’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, detta società aveva previsto di esportare tali prodotti, sottoposti ad un regime sospensivo, verso la Bulgaria, che non era ancora uno Stato membro dell’Unione europea.

18. Risulta dalle osservazioni presentate dinanzi alla Corte che il 9 giugno 1994, la Karelia, avendo ricevuto dalla Bulgakommerz Ltd un ordine di 760 cartoni di sigarette, ha depositato una dichiarazione di esportazione presso l’ufficio doganale.

19. Tale carico, tuttavia, non è mai giunto a destinazione, posto che l’indagine condotta dal servizio delle dogane ha rilevato che l’autocarro che avrebbe dovuto trasportare il carico era partito verso la Bulgaria vuoto e che il carico era stato trasbordato su un altro autocarro. Durante tale indagine, il direttore delle esportazioni della Karelia ha affermato di aver ricevuto, in seguito all’ordine, una somma pari al valore della merce, che ha depositato su un conto bancario della Karelia aperto in Grecia. Il direttore generale della Karelia ha dichiarato di non essere a conoscenza della reale esistenza della Bulgakommerz, posto che qualsiasi tentativo di identificare tale società in Bulgaria sarebbe stato vano.

20. Poiché non è stata fornita la prova dello svincolo del carico di cui al procedimento principale, è stata escussa la garanzia bancaria che la Karelia aveva prestato per coprire l’importo delle accise, ossia 114 726 750 dracme greche (GRD) (EUR 336 688,92).

21. Le autorità doganali hanno poi emesso un avviso di accertamento relativo al contrabbando dei 760 cartoni di sigarette di cui trattasi. In tale avviso, sono stati dichiarati coautori di tale contrabbando, segnatamente, i soggetti che avevano ordinato le sigarette in nome della Bulgakommerz presso il direttore delle esportazioni della Karelia. Importi di imposta maggiorata pari a GRD 573 633 750 (EUR 1 683 444,60) nonché di diritti di accise maggiorati sul tabacco pari a GRD 9 880 000 (EUR 28 994,86) sono stati ripartiti tra gli autori del contrabbando. Nel medesimo avviso di accertamento, la Karelia è stata dichiarata civilmente responsabile in solido del versamento di tali somme.

22. Il ricorso proposto da detta società avverso l’avviso di accertamento è stato accolto dal Dioikitiko Protodikeio Peiraia (Tribunale amministrativo di primo grado del Pireo, Grecia) con la motivazione che non era stato dimostrato alcun rapporto di mandato o di rappresentanza né alcun altro rapporto giuridico che celasse un mandato tra la Karelia e gli autori del contrabbando in questione.

23. In seguito all’appello interposto contro tale sentenza dal Ministero delle finanze, il Dioikitiko Efeteio Peiraia (Corte amministrativa d’appello del Pireo, Grecia) ha accolto lo stesso riducendo al contempo l’importo dell’imposta maggiorata a GRD 344 180 250 (EUR 336 688,91). Detto giudice ha ritenuto che, nei limiti in cui le sigarette di cui trattasi erano assoggettate a regime sospensivo dei diritti di accisa, gli autori dell’atto di contrabbando avevano agito come mandatari della Karelia la quale, in quanto depositario autorizzato, era detentrice delle merci e unica responsabile della circolazione delle stesse fino alla loro esportazione, indipendentemente dalla qualità in cui gli autori di tale atto di contrabbando avevano affermato di agire, vale a dire come conducenti, intermediari, destinatari, acquirenti, ecc.

24. La Karelia ha impugnato la sentenza del Dioikitiko Efeteio Peiraia (Corte amministrativa d’appello del Pireo) dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia).

25. Nella decisione di rinvio, detto giudice ha rilevato che, ai sensi dell’articolo 99, paragrafo 2, dell’articolo 108 e dell’articolo 109 del codice doganale, i proprietari delle merci, i destinatari delle medesime ed i vettori, nonché i loro agenti e rappresentanti, si rendono responsabili, congiuntamente e solidalmente, segnatamente per le conseguenze economiche degli atti di contrabbando, tra cui il pagamento di dazi doganali ed imposte evasi e delle relative sanzioni, se tali infrazioni sono commesse, allorché le merci si trovano sotto la loro responsabilità aziendale, da persone con cui essi hanno scelto di collaborare. Secondo detto giudice, i corresponsabili sono esonerati solo se dimostrano che non è loro imputabile alcuna, seppur lieve, colpa, la cui sussistenza è valutata in base alla diligenza che deve essere esercitata nell’ambito dell’attività e della professione da essi svolta. La responsabilità civile, quale precedentemente definita, che non ha, ai sensi del diritto greco, le caratteristiche di una sanzione amministrativa, non mira solo alla riscossione dei dazi doganali e delle imposte evasi, bensì parimenti a garantire, per quanto possibile, il pagamento e quindi l’efficacia delle ammende inflitte. Il legislatore avrebbe considerato che gli operatori di cui sopra, che traggono profitto dall’attività economica nell’ambito della quale vengono commessi gli atti di contrabbando, devono adottare tutte le misure appropriate per assicurarsi di non essere coinvolti, dalle persone con cui hanno delle relazioni commerciali, nella partecipazione ad atti di contrabbando.

26. Secondo il giudice del rinvio, tale normativa nazionale, interpretata alla luce delle disposizioni della direttiva 92/12, permette di dichiarare il depositario autorizzato solidalmente corresponsabile sul piano civile con gli autori dell’atto di contrabbando di merci che sono transitate nel deposito in regime di sospensione dei diritti di accisa e che sono uscite da detto regime in modo irregolare.

27. Secondo l’opinione maggioritaria in seno a tale giurisdizione, la responsabilità solidale del depositario autorizzato riguarda non solo il pagamento delle accise, conformemente alla direttiva 92/12, ma anche le altre conseguenze finanziarie del contrabbando, in particolare le sanzioni pecuniarie inflitte agli autori degli atti di contrabbando. Ciò varrebbe indipendentemente da qualsiasi accordo specifico tra il depositario e l’acquirente, in base al quale la proprietà dei beni soggetti al regime sospensivo dei diritti di accisa verrebbe trasferita sin dalla consegna dei beni all’acquirente, che si farebbe carico del loro trasporto. Tale forma di responsabilità aggravata del depositario autorizzato perseguirebbe l’obiettivo di prevenire l’evasione fiscale, in quanto costituirebbe un incentivo per detto professionista a vigilare sulla regolarità della procedura di esportazione, adottando, nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali, le misure adeguate per tutelarsi dal rischio di essere condannato in solido a sopportare tutte le conseguenze finanziarie degli atti di contrabbando. Tale responsabilità sarebbe conforme al principio di proporzionalità, dal momento che il depositario autorizzato ha la possibilità di esimersi dalla propria responsabilità, dimostrando di aver agito in buona fede e di avere adottato tutte le misure adeguate con la diligenza del buon padre di famiglia.

28. Secondo l’opinione minoritaria in seno alla giurisdizione di rinvio, invece, il depositario autorizzato può essere considerato responsabile in solido solo per il pagamento dei diritti di accisa e non per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte agli autori degli atti di contrabbando. Non emergerebbe né dalla normativa greca né dalla direttiva 92/12 che vi sia una presunzione legale secondo cui il depositario autorizzato è il proprietario dei beni da esso detenuti, che escono dal suo deposito fiscale e sono spediti verso un paese terzo in regime sospensivo dei diritti di accisa, fino a quando essi non raggiungano la loro regolare destinazione o non lascino il territorio dell’Unione. Non risulterebbe neanche da questa normativa né dalla direttiva che, fino all’uscita dei beni da detto regime sospensivo, gravi sulle persone fisiche coinvolte, a qualsiasi titolo, nella circolazione delle merci, la presunzione legale che esse agiscano come mandatarie o rappresentanti del depositario autorizzato. Pertanto, la responsabilità aggravata, auspicata dall’opinione maggioritaria in seno alla giurisdizione di rinvio, non sarebbe necessaria al fine di garantire un’efficace attuazione della direttiva 92/12 e sarebbe in contrasto con vari principi del diritto dell’Unione. Essa contrasterebbe, da un lato, con il principio della certezza del diritto, in particolare con il principio della chiarezza e prevedibilità delle limitazioni alla libertà d’impresa e al diritto di proprietà del depositario autorizzato. Dall’altro, essa contrasterebbe con il principio di proporzionalità, dal momento che sarebbe manifestamente sproporzionato imporre al depositario autorizzato l’obbligo di pagare sanzioni amministrative che, in base alla legge, ammontano ad almeno il doppio delle corrispondenti imposte, indipendentemente dalla loro entità, per infrazioni derivanti da comportamenti fraudolenti di terzi, che non hanno nessuna delle qualità di cui all’articolo 108 del codice doganale e sui quali detto depositario, pur dimostrando la sua adeguata diligenza, non può avere alcuna influenza.

29. È in tale contesto che il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

"Se la direttiva 92/12, interpretata alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione, in particolare dei principi dell’efficacia del diritto dell’Unione, della certezza del diritto e della proporzionalità, debba essere interpretata nel senso che osta all’applicazione, in un caso come quello di specie, di una disposizione legislativa di uno Stato membro, quale l’articolo 108 del codice doganale, secondo la quale può essere dichiarato solidalmente responsabile per il pagamento di sanzioni amministrative conseguenti al contrabbando il depositario autorizzato di prodotti trasportati dal suo deposito fiscale in regime sospensivo e rimossi in modo irregolare dal suddetto regime in esito al contrabbando - indipendentemente dalla questione se, al momento della commissione dell’infrazione, questi fosse il proprietario delle merci secondo le norme di diritto privato nonché dall’ulteriore questione se tra gli autori del contrabbando coinvolti in suddetto traffico e il depositario autorizzato intercorresse un rapporto contrattuale da cui si può evincere che essi abbiano agito come suoi mandatari"

 

Sulla questione pregiudiziale

30. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 92/12, letta alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione e, in particolare, dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità, debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale - che permette di dichiarare responsabili in solido, per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte in caso di infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa, in particolare i proprietari di tali prodotti allorquando detti proprietari sono legati agli autori dell’infrazione da un vincolo contrattuale che li rende loro mandatari - in forza della quale il depositario autorizzato è dichiarato responsabile in solido per il pagamento di tali somme, anche se, secondo le norme del diritto nazionale, tale depositario non deteneva tali prodotti al momento della commissione dell’infrazione e non era legato agli autori di quest’ultima da vincolo contrattuale, che li rendeva suoi mandatari.

31. Al fine di rispondere a tale questione, occorre innanzitutto rilevare che dall’economia della direttiva 92/12, ed in particolare dall’articolo 13, dall’articolo 15, paragrafi 3 e 4, nonché dall’articolo 20, paragrafo 1, emerge che il legislatore ha attribuito al depositario autorizzato un ruolo centrale nell’ambito della procedura di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo.

32. Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 34 a 36 delle sue conclusioni, la direttiva 92/12 istituisce a carico del depositario autorizzato un regime di responsabilità per tutti i rischi inerenti alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti a tale regime, e detto depositario è, dunque, designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione che determina l’esigibilità di tali diritti sia stata commessa nel corso della circolazione di detti prodotti. Invero, tale responsabilità è di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica.

33. Nel caso di specie, non è controversa la responsabilità oggettiva di un depositario autorizzato, quale la Karelia, per il pagamento dei diritti di accisa.

34. Occorre, invece, chiedersi se la direttiva 92/12 permetta agli Stati membri di far ricadere altresì sul depositario autorizzato la responsabilità in solido per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte agli autori di un atto di contrabbando.

35. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 3, della direttiva 92/12, gli Stati membri adottano le misure necessarie per far fronte a eventuali infrazioni o irregolarità e imporre sanzioni efficaci.

36. A tale proposito, il governo ellenico sostiene che da tale disposizione risulta un obbligo per gli Stati membri di prevedere una responsabilità penale aggiuntiva del depositario autorizzato per tutte le irregolarità commesse nel corso della messa in circolazione dei prodotti sottoposti ad accise.

37. Invero, come la Corte ha più volte rilevato, il mercato delle sigarette si presta particolarmente allo sviluppo di un commercio illegale (sentenza del 13 dicembre 2007, BATIG, C‑374/06, EU:C:2007:788, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). L’obbligo derivante dall’articolo 20, paragrafo 3, della direttiva 92/12, ossia l’adozione delle misure necessarie per far fronte a eventuali infrazioni o irregolarità e imporre sanzioni efficaci, deve essere interpretato alla luce di tale constatazione.

38. Tuttavia, non ne consegue che gli Stati membri debbano, in virtù di tale disposizione, prevedere una responsabilità penale aggiuntiva del depositario autorizzato per tutte le irregolarità commesse nel corso della messa in circolazione dei prodotti sottoposti ad accise.

39. In primo luogo, tale disposizione non precisa, infatti, né le sanzioni appropriate né le categorie di persone che devono essere considerate responsabili riguardo ad esse.

40. In secondo luogo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, il regime di responsabilità per rischio previsto dalla direttiva 92/12 consiste unicamente nel farsi carico del pagamento dei diritti di accisa. Pertanto, tale direttiva non impone un regime di solidarietà che renderebbe il depositario autorizzato responsabile per il pagamento delle sanzioni pecuniarie disposte a carico degli autori dell’atto di contrabbando.

41. Orbene, se la direttiva 92/12 non obbliga gli Stati membri a prevedere che il depositario autorizzato sia responsabile in solido per il pagamento delle sanzioni pecuniarie inflitte, ci si deve chiedere allora se tale direttiva vi osti.

42. Secondo una consolidata giurisprudenza, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a essere partecipe di un’evasione fiscale (sentenza del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C‑271/06, EU:C:2008:105, punto24 e giurisprudenza ivi citata).

43. Conseguentemente, occorre considerare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, che la direttiva 92/12, in linea di principio, non osta a che gli Stati membri aggravino la responsabilità del depositario autorizzato rendendolo responsabile in solido delle conseguenze pecuniarie delle infrazioni accertate nel corso della circolazione dei prodotti in regime sospensivo dei diritti di accisa.

44. Occorre nondimeno verificare se una responsabilità aggravata, come quella oggetto del procedimento principale, sia conforme ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità.

45. In proposito si deve ricordare che, in primo luogo, gli Stati membri, allorché esercitano le loro competenze al fine di scegliere le sanzioni appropriate nell’ambito della trasposizione di una direttiva, devono rispettare il principio di certezza del diritto. Infatti, la normativa dell’Unione deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti, e tale esigenza di certezza del diritto si impone con particolare rigore in presenza di una normativa che può comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a., C‑288/07, EU:C:2008:505, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

46. Orbene, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, occorre rilevare che la responsabilità aggravata del depositario autorizzato che non ha conservato la proprietà dei prodotti oggetto dell’infrazione e non è legato agli autori di quest’ultimo da un vincolo contrattuale che fa di loro i suoi mandatari non è espressamente prevista né dalla direttiva 92/12 né dalle disposizioni del diritto nazionale.

47. È giocoforza constatare che, in tali circostanze, le sanzioni che possono essere applicate ad un depositario autorizzato ai sensi di una legislazione di questo tipo non sembrano, tenuto conto, segnatamente, delle interpretazioni divergenti espresse in seno alla giurisdizione del rinvio, sufficientemente certe e prevedibili per gli interessati affinché si possa considerare che esse rispettino i requisiti di certezza del diritto, la cui verifica spetta comunque a tale giurisdizione.

48. Per quanto concerne, in secondo luogo, il principio di proporzionalità, secondo una giurisprudenza costante, in assenza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale legislazione, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. sentenza del 29 luglio 2010, Profaktor Kulesza, Frankowski, Jóźwiak, Orłowski, C‑188/09, EU:C:2010:454, punto 29).

49. Per quanto attiene alle misure volte a prevenire l’evasione fiscale, la Corte ha statuito, in materia di imposta sul valore aggiunto, che la suddivisione del rischio, in seguito ad una frode commessa da un terzo, non è compatibile col principio di proporzionalità, quando un regime fiscale faccia ricadere l’intera responsabilità del pagamento sul fornitore, indipendentemente dal coinvolgimento o meno di quest’ultimo nella frode commessa dall’acquirente (sentenza del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C‑271/06, EU:C:2008:105, punti 22 e 23).

50. Inoltre, la Corte ha già considerato che i provvedimenti nazionali che danno luogo, de facto, ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva eccedono quanto è necessario per preservare i diritti dell’Erario. Pertanto, essa ha ritenuto che far ricadere la responsabilità del pagamento dell’imposta sul valore aggiunto su un soggetto diverso dal debitore di quest’ultima, per quanto tale soggetto sia un depositario fiscale autorizzato tenuto ad adempiere obblighi specifici indicati nella direttiva 92/12, senza che possa sottrarvisi fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta di tale debitore dell’imposta, deve essere ritenuto incompatibile con il principio di proporzionalità ed ha aggiunto che risulterebbe chiaramente sproporzionato imputare, in modo incondizionato, a tale soggetto i mancati introiti causati dalla condotta di un soggetto passivo terzo, sulla quale egli non ha alcuna influenza (sentenza del 21 dicembre 2011, Vlaamse Oliemaatschappij, C‑499/10, EU:C:2011:871, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

51. Occorre considerare che il rispetto di questi stessi requisiti è necessario anche per una misura quale l’attribuzione, al depositario autorizzato, della responsabilità delle conseguenze pecuniarie degli atti di contrabbando.

52. Orbene, come indicato dal giudice del rinvio, secondo l’opinione maggioritaria in seno a tale giurisdizione, l’articolo 108 del codice doganale deve essere interpretato nel senso che un depositario autorizzato che ha adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a essere partecipe di un’evasione fiscale, può sottrarsi a tale responsabilità solo se riesce a provare che non poteva in alcun modo essere a conoscenza della probabilità di commettere un atto di contrabbando. In tal caso, che spetta al giudice del rinvio di verificare, occorre considerare che detta responsabilità aggravata del depositario autorizzato implica che costui possa essere dichiarato responsabile in solido per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte, anche se l’atto di contrabbando è stato commesso da persone con cui egli non ha scelto di collaborare e che essa dà origine, de facto, ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva, che deve essere considerata come sproporzionata.

53. Risulta delle precedenti considerazioni che un regime di responsabilità aggravata, come quello oggetto del procedimento principale, può rispettare i requisiti derivanti dai principi di certezza del diritto e di proporzionalità solo a condizione che sia chiaramente ed espressamente previsto dalla legislazione nazionale e che riservi al depositario autorizzato una possibilità effettiva di esimersi dalla propria responsabilità.

54. Si deve pertanto rispondere alla questione sollevata affermando che la direttiva 92/12, letta alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione europea, tra cui, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale - come quella oggetto del procedimento principale, che permette di dichiarare responsabili in solido, per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte in caso infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa, segnatamente, i proprietari di tali prodotti allorquando detti proprietari sono legati agli autori dell’infrazione da un vincolo contrattuale che li rende loro mandatari - in forza della quale il depositario autorizzato è dichiarato responsabile in solido per il pagamento di tali somme, senza che possa sottrarsi a tale responsabilità fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta degli autori dell’infrazione, anche se, secondo la normativa nazionale, tale depositario non deteneva tali prodotti al momento della commissione dell’infrazione e non era legato agli autori di quest’ultima da un contratto, che li rendeva suoi mandatari.

 

Sulle spese

55. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

La direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva 92/108/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, letta alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione europea, tra cui, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale - come quella oggetto del procedimento principale, che permette di dichiarare responsabili in solido, per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte in caso di infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa, in particolare i proprietari di tali prodotti allorquando detti proprietari sono legati agli autori dell’infrazione da un vincolo contrattuale che li rende loro mandatari - in forza della quale il depositario autorizzato è dichiarato responsabile in solido per il pagamento di tali somme, senza che possa sottrarsi a tale responsabilità fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta degli autori dell’infrazione, anche se, secondo la normativa nazionale, tale depositario non era proprietario di tali prodotti al momento della commissione dell’infrazione e non era legato agli autori di quest’ultima da un contratto, che li rendeva suoi mandatari