Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 settembre 2017, n. 20684

Contributi previdenziali Inps - Precetto - Vizi - Nullità formale

 

Rilevato

 

che C.N. proponeva opposizione ad un precetto con cui l'INPS aveva intimato il pagamento di € 28.680 per la riscossione di contributi in esecuzione di sentenza pronunziata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo;

che rigettata l'opposizione e proposto appello da C., la Corte d'appello di Genova (sentenza 6.07.11) rigettava anche l'impugnazione; che il giudice, rigettata una serie di eccezioni di nullità formale del precetto, rigettava anche l'eccezione di adempimento avanzata dalla debitrice, in mancanza di prova;

che propone ricorso C. con sei motivi, riproducendo le eccezioni di nullità dedotte dinanzi alla Corte d'appello;

che l'INPS ha depositato procura;

 

Considerato

 

che col primo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto assumendo che era erronea la notifica del precetto eseguita alla "ditta C.N." in quanto soggetto diverso dall'unica ditta a lei intestata, vale a dire la "ditta T. e ottica" cessata alla data del 30.9.1987;

vizio inficiante, questo, tale da comportare, secondo la presente prospettazione difensiva, la nullità dell'intimazione e della relativa notifica, per cui un tale vizio non avrebbe potuto essere considerato alla stregua di un semplice errore materiale;

che il motivo è infondato in quanto la Corte di merito ha evidenziato, con corretta argomentazione logico-giuridica che sfugge ai rilievi di legittimità, che la dedotta nullità era insussistente, posto che il soggetto debitore, vale a dire la persona fisica di C.N., era esattamente ed univocamente individuato sia nel titolo posto in esecuzione, cioè la sentenza recante il riconoscimento del credito contributivo vantato dall'Inps, che nel precetto ad esso allegato;

che col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione di legge, la ricorrente lamenta l'erronea indicazione del titolo esecutivo, atteso che la sentenza posta in esecuzione era indicata come proveniente dalla "Pretura", invece che dal "Tribunale", assumendo che si trattava di vizio comportante la nullità di precetto, per cui non avrebbe potuto essere qualificato semplicemente come errore materiale;

che tale motivo è infondato, atteso che la Corte territoriale ha posto bene in rilievo, con motivazione logico-giuridica immune da rilievi di legittimità, che l’indicazione nel precetto della data (14.11.2001) e del numero (54) della sentenza posta in esecuzione, nonché la contestuale notifica alla parte di tale sentenza, rendevano evidente che si era trattato di un errore materiale, come tale inidoneo a produrre la nullità del precetto ex art. 480, co. 2 c.p.c., non essendovi possibilità di incertezza sul titolo azionato;

che col terzo motivo, dedotto per violazione di legge, la ricorrente lamenta la mancata menzione della formula esecutiva nell'atto di precetto, nonché della data di tale apposizione in calce alla sentenza;

che anche tale motivo è infondato, posto che la Corte d'appello di Genova ha spiegato, con argomentazione che si sottrae ai rilievi di legittimità, in quanto congrua ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, che in realtà il titolo notificato recava in calce l'apposizione della formula esecutiva e lo stesso era stato notificato unitamente al precetto, sicché il rilievo dell'appellante non poteva che essere disatteso;

che col quarto motivo, proposto per violazione di legge e per vizio di motivazione, la ricorrente lamenta la nullità del precetto in quanto la somma indicata non corrispondeva a quella della sentenza, mentre la Corte d'appello si era limitata a riflettere sulla conversione in euro di iniziali importi in vecchie lire ovvero in punto spese legali del precetto; che nei fatti il titolo esecutivo non prevedeva la condanna di essa ricorrente al pagamento di svariate somme portate in precetto, ma solo dell'importo di lire 4.000.000, oltre IVA e CPA;

che in realtà sembrava di capire che l'Inps aveva posto in essere un'esecuzione sulla base di un titolo errato, in quanto invece di intraprenderla sulla scorta del decreto ingiuntivo opposto e poi confermato dal Tribunale di Chiavari, aveva agito sulla base della sentenza con la quale era stata rigettata la stessa opposizione; che, tuttavia, quest'ultima era solo idonea all'esecuzione riguardante le somme dovute a titolo di spese legali;

che il motivo è infondato in quanto la Corte ha spiegato, con adeguata motivazione che sfugge ai rilievi di legittimità, che la sentenza portata in esecuzione era confermativa del decreto ingiuntivo opposto provvisoriamente esecutivo emesso nei confronti della C. il 10.5.1996 e già ritualmente notificatole, decreto munito di formula esecutiva i cui estremi erano richiamati nella sentenza allegata al precetto, emesso per l'importo di lire 46.232.256, oltre lire 662.500 per spese e che, inoltre, l'opposizione a tale decreto era stata rigettata in quanto infondata;

che la stessa Corte ha poi precisato in fatto in maniera congrua che i suddetti importi erano esatti nella loro conversione in euro e nel loro aggiornamento al 23.6.2006 e che nell'atto di precetto erano state altresì esposte le spese legali del giudizio di opposizione, nonché le competenze successive nel rispetto delle voci e dei valori di tariffa, avuto riguardo al valore del credito posto in esecuzione;

che col quinto motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, la ricorrente si duole della mancata ammissione di mezzi istruttori per provare l'avvenuto pagamento;

che il motivo è infondato in quanto lo stesso si concretizza, in realtà, in una censura dei poteri valutativi di merito esercitati legittimamente dalla Corte ne la decisione di esclusione dei mezzi istruttori richiesti;

che infatti spetta al giudice del merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge);

che nella fattispecie la Corte ha adeguatamente motivato il proprio convincimento allorquando ha affermato che, atteso che nessuna prova dei pagamenti aveva offerto la debitrice, la quale non aveva prodotto, pur essendovi onerata, alcun documento, non potevano essere introdotte le prove orali a sostegno degli stessi pagamenti che, per la vaghezza ed indeterminatezza delle allegazioni che le caratterizzavano, erano state già respinte dal primo giudice e che, infine, nemmeno poteva darsi ingresso all'ordine di esibizione di tutti pagamenti effettuati da C.N. all'Inps in quanto ciò si sarebbe posto in contrasto con il principio di riparto dell'onere della prova;

che col sesto motivo, proposto per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, la ricorrente assume che il diritto dell'Inps di riscuotere i contributi si era prescritto essendo trascorsi più di dieci anni dal momento della sua nascita senza alcuna interruzione;

che anche quest'ultimo motivo è infondato in quanto la Corte d'appello ha posto bene in evidenza che la prescrizione era stata interrotta attraverso l'esercizio dell'azione monitoria, nonché attraverso il deposito della comparsa di risposta all'opposizione in cui veniva richiesta la condanna dell'opponente, per cui tale situazione era persistita fino al passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione (nella specie la sentenza n. 41/2001 del 14.11.2001);

che si è, infatti, statuito (Cass. sez. 3, n. 13081 del 14.7.2004) che "sia con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, sia con la comparsa di risposta all'opposizione, l'opposto esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex art. 2943 primo e secondo comma cod. civ.;

tale interruzione ha effetti permanenti (e non meramente istantanei) ex art. 2945, secondo comma, cod. civ., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest'ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione ovvero del decreto decorrerà poi l'ulteriore termine di prescrizione previsto dall'art. 2953 cod. civ.";

che pertanto il ricorso va rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 2800,00, di cui € 2700,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.