Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 giugno 2016, n. 12782

Tributi - IVA - Accertamento e riscossione - Simulazione di un contratto - Deduzione - Ammissibilità - Preventivo giudizio di simulazione - Necessità - Esclusione - Potere del giudice tributario di accertamento incidentale della simulazione

 

Svolgimento del processo

 

1. La Commissione tributaria regionale di Milano - sez. staccata di Brescia, ha respinto l’appello proposto dalla contribuente, società agricola C. G. e F.Ili s.s., contro la sentenza della CTP di Cremona che, a sua volta, aveva respinto il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento notificato, ai fini applicativi dell’Iva e dell’Irap, per l’anno d’imposta 2000.

1.1. Il giudice di appello, per quello che qui ancora rileva ed interessa, dopo aver affermato di poter decidere, incidenter tantum, della simulazione di un contratto rilevanti ai fini fiscali, ha concluso affermando che i contratti in esame, "anche se non fossero simulati, costituiscono comunque il mezzo per eludere l’osservanza di norme fiscali e comunitarie sulle quote latte, realizzando una frode alla legge mediante un abuso della funzione strumentale tipica di tutti i contratti, impiegati per un fine contrastante con la causa che è loro propria".

1.2. Nella specie, infatti, sarebbe stato ceduto un ingente quantitativo di latte dell’azienda agricola appellante, alla soc. C. SpA, senza l’emissione delle corrispondenti fatture.

2. Avverso tale pronuncia ricorre la società contribuente, con ricorso affidato a due mezzi.

3. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso con il quale eccepisce, anzitutto, l’improcedibilità dell’impugnazione per il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo mezzo (Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 DL n. 546 del 1992, artt. 1415, 1417 e 2652 n. 4 c.c., 19 D. L. n. 546 del 1992) la ricorrente censura la sentenza impugnata perché l’accertamento della natura simulata del contratto di soccida non poteva essere compiuto dal giudice tributario ma solo dal giudice ordinario, con apposito giudizio a contraddittorio integro.

2. Con il secondo (Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 d.P.R. n. 633 del 1972, 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973, 29 d.P.R. 917 del 1986, 14 D. Lgs. n. 546 del 1992, 295 e 101 c.p.c.) la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe preteso la fatturazione dell’Iva per la vendita del latte che, invece, ricadendo nella disciplina di cui all’art. 34 d.P.R. n. 633 del 1972, sarebbe esclusa, avendo la società agricola optato per il regime speciale, con ogni conseguenza in ordine all’applicazione delle percentuali di compensazione.

3. L’eccezione di improcedibilità del ricorso per il mancato deposito della copia autentica della sentenza di appello è infondata.

3.1.Infatti, agli atti vi è copia autentica e conforme all’originale della sentenza impugnata, rilasciata a Brescia in data 11 gennaio 2010 e firmata dal segretario della Commissione (Gianfranco Sandrini).

4. Nel merito, il ricorso è infondato.

4.1. Con riferimento al potere di cognizione incidentale da parte del giudice tributario della simulazione di un contratto (primo mezzo), che si assume estraneo all’attività del giudice tributario, questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 1549 del 2007), in contrario avviso a ciò che assume il ricorrente, ha già stabilito il principio di diritto - a cui questo Collegio integralmente si riporta, condividendone l’affermazione - secondo cui "In tema di accertamento della imposta sul valore aggiunto, l’ufficio finanziario ha il potere di accertare la sussistenza della eventuale simulazione relativa (inerente al prezzo di vendita di un bene) in grado di pregiudicare il diritto dell'amministrazione alla percezione dell'esatto tributo, senza la necessità di un preventivo giudizio di simulazione, spettando poi al giudice tributario, in caso di contestazione, il potere di controllare "incidenter tantum", attraverso l'interpretazione del negozio ritenuto simulato, l'esattezza di tale accertamento, al fine di verificare la legittimità della pretesa tributaria (la pretesa dell'ufficio era, nella specie, basata sulla ritenuta sottofatturazione di un immobile acquistato dalla società di capitali contribuente da altra società di capitali, composta, come la prima, su base strettamente familiare e dai medesimi soci, i quali, come soci della acquirente, nella stessa data della compravendita dell'immobile, avevano rinunciato al credito risultante nel bilancio della società venditrice, rinuncia ritenuta in appello aumento del prezzo contrattuale).".

4.2. Quanto alla doglianza relativa alla mancata fatturazione dell’Iva, questa Corte (Sez. 5, Sentenza n, 11580 del 2007 e Sentenza n. 21790 del 2011) ha già affermato il principio che onera il contribuente del loro compimento per fruire dei benefici di legge: "In tema di IVA, il produttore agricolo perde il diritto a beneficiare della speciale detrazione prevista dall'art. 34 del d.P.R. n. 633 del 1972 (il quale consente una detrazione pari all'imposta astrattamente dovuta, rendendo così "neutre" le cessioni di prodotti) ove le operazioni soggette ad IVA non vengano debitamente fatturate e registrate.".

4.3. Orbene, ove venga posta in essere, come nella specie, una fattispecie elusiva (la simulazione di un contratto di soccida allo scopo di eludere le previsioni di legge sull’osservanza delle cd. quote latte) non si può invocare, come fa la ricorrente con il secondo mezzo di cassazione, l’inapplicabilità del regime di cui all’art. 34 menzionato in quanto essa aveva scelto il regime speciale Iva, in forza del principio di diritto secondo cui "la disposizione di cui all'art. 21 della legge d'imposta (d.P.R. 633/1972) - secondo la quale, se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l'imposta stessa è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura - va interpretata nel senso che il corrispondente tributo viene, in realtà, ad essere considerato "fuori conto", e la relativa obbligazione, conseguentemente, "isolata" da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate, ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione (tra IVA "a valle" ed IVA "a monte") che presiede alla detrazione d’imposta di cui all'art. 19 d.P.R. citato (e ciò anche perché l'emissione di fatture per operazioni inesistenti ha sempre costituito condotta penalmente sanzionata come delitto). Ne consegue che l'applicazione della ricordata norma di cui all’art. 21 prevale su qualsiasi regime speciale o agevolativo dell'IVA. quale quello, nella specie, prefigurato dall’art. 34 del citato d.P.R. 633/1972, in tema di debito d'imposta del produttore agricolo." (Sez. 5, Sentenza n. 7289 del 29/05/2001 e successive conformi).

5. Il ricorso va pertanto respinto e le spese di questa fase, poste a carico del contribuente soccombente, devono essere liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio, che liquida - in favore della resistente - in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.