Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 giugno 2016, n. 13366

Tributi - Accertamento fiscale - Maggior reddito a fini Ires, Irap ed Iva

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L'Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 2541/29/14, depositata il 10.12.2014, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Puglia sez. stacc. di Taranto, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso proposto dalla contribuente B&D srl e dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, aveva determinato un maggior reddito a fini Ires, Irap ed Iva della contribuente per l’anno 2004.

La CTR, in particolare, premesso che l’avviso di accertamento era in gran parte fondato sulle dichiarazioni rese da un terzo, il quale aveva dichiarato di aver emesso fatture per operazioni inesistenti anche nei confronti della contribuente, e che le dichiarazioni suddette hanno valenza meramente indiziaria e sono utilizzabili solo se supportate da adeguati elementi di riscontro , ha rilevato che nel caso di specie mancavano tali elementi di supporto ed anzi le dichiarazioni suddette erano smentite dalle risultanze contabili e bancarie, ferma l’inattendibilità intrinseca del terzo, il quale era un evasore totale ed aveva interesse a limitare l’entità dei redditi non denunziati.

La contribuente non resiste.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando - ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. - l’omessa considerazione di fatti decisivi oggetto del dibattito tra le parti, si duole che la CTR, nel ritenere non attendibili le dichiarazioni del terzo, abbia omesso di rilevare che, in conseguenza di dette dichiarazioni, il terzo si era riconosciuto colpevole dei reati di cui alla L.74/00 onde tali dichiarazioni, rese dal terzo con riferimento a diverse altre imprese, si da delineare una propria generale attività illecita, avevano carattere confessorio; inoltre non poteva trascurarsi il fatto che esse erano state rese nell’ambito di un procedimento penale. La censura è inammissibile laddove, nei termini in cui è formulata, non censura in effetti l’omesso esame di un fatto decisivo, come richiesto dalla nuova formulazione dell’art. 360 n.5) c.p.c., quanto piuttosto evidenzia un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie in esame in ordine alla complessiva posizione del terzo ed alla conseguente attendibilità delle sue dichiarazioni.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 39 Dpr 600/73 e degli artt. 2697 e 2727 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c., censurando la statuizione della sentenza impugnata secondo cui le dichiarazioni del terzo erano smentite dalle risultanze contabili e bancarie, a fronte del consolidato indirizzo giurisprudenziale che afferma l’assenza di ogni valore probatorio della regolare fatturazione ed ordinata contabilità dell’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti.

Con il terzo motivo si denunzia violazione degli artt. 654 c.p.p.e 21 Dpr 633/72 in relazione all’art. 360 n.3) codice di rito, avuto riguardo alla statuizione con la quale la CTR ha affermato che il terzo fosse un evasore totale interessato a contenere l’entità dei redditi non denunziati, omettendo di rilevare, da un lato che l’efficacia del giudicato penale nel processo civile è condizionata a numerosi fattori, ed inoltre che ai fini Iva l’inesistenza delle operazioni è irrilevante ai fini della debenza dell’imposta.

I motivi che in quanto strettamente connessi vanno unitariamente esaminati, devono ritenersi inammissibili, in quanto non colgono la ratio della pronuncia impugnata.

La CTR ha infatti ritenuto che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, le dichiarazioni del terzo fossero di per sé, in assenza di ulteriori riscontri, inidonee a fondare la prova dell’utilizzazione da parte della contribuente di fatture per operazioni inesistenti anche in considerazione delle risultanze contabili e bancarie e degli assegni emessi in favore del terzo (presunto emittente delle fatture fittizie) che risultano personalmente riscossi dal beneficiario.

Tale valutazione di fatto, fondata sull’esame delle risultanze istruttorie, è riservata al giudice di merito e non appare sindacabile nel presente giudizio.

Poiché la contribuente non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva non vi è luogo a provvedere sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Nulla sulle spese.