Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 ottobre 2016, n. 21713

Differenze contributive - Regolarizzazione periodo di lavoro - Atto transattivo

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 23 marzo 2011, la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Montepulciano, rigettava la domanda proposta da M. C. nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Montepulciano avente ad oggetto la condanna della Banca al pagamento delle differenze contributive maturate in suo favore in relazione alla mancata regolarizzazione del periodo semestrale di lavoro che aveva preceduto la formalizzazione del rapporto.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, contrariamente a quanto sancito dal primo giudice, la domanda preclusa per effetto della transazione conclusa tra le parti all’atto della risoluzione del rapporto cui riconosceva carattere novativo.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la Banca.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg., 1965 e 2113 c.c. in una con il vizio di motivazione, deduce come frutto di un’erronea interpretazione la lettura che la Corte territoriale ha accolto dell’atto transattivo concluso tra le parti all’atto della risoluzione del rapporto, attribuendogli carattere novativo e pertanto effetto preclusivo dell’ammissibilità della domanda giudiziale proposta dal ricorrente.

Il motivo risulta infondato per essere la censura basata sulla violazione di quello che il ricorrente definisce il canone ermeneutico prioritario di cui all’art. 1362, comma 1, dato dal significato letterale delle parole, sostanzialmente invocando la regola "in claris non fit interpretatio".

Sennonché una tale impostazione contrasta con l’orientamento consolidato di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. 10.5.2016 n. 9380 e Cass. 15.7.2016, n. 14432) secondo cui l’art. 1362 c.c. impone all’interprete del contratto di ricostruire in primo luogo la volontà delle parti. A questi fini egli deve sì muovere dal testo contrattuale, ma deve anche verificare se questo sia coerente con la causa del contratto, le dichiarate intenzioni delle parti e le altre parti del testo, né può sottrarsi a tale duplice indagine allegando una pretesa chiarezza del significato letterale del contratto (vedi a riguardo in particolare Cass. n. 10484 del 2004), né, tanto meno, può limitarsi a prendere in considerazione una sola clausola o parte di essa senza inserirla nel corpo del testo contrattuale. In sostanza è a dirsi che, come segnalato espressamente da Cass. n. 25840 del 2014, l’interpretazione del contratto dal punto di vista logico non è un percorso lineare (partire dal testo e risalire all’intenzione) ma un percorso circolare il quale impone all’interprete di compiere l’esegesi del testo, ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti, verificare se l’ipotesi di "comune intenzione" ricostruita in base al testo sia coerente con le parti restanti del contratto e con la condotta delle parti.

E tale è appunto il processo interpretativo seguito dalla Corte territoriale come evidenzia il richiamo in motivazione di entrambi i criteri contemplati dall’art. 1362 c.c. - testo dell’accordo ed intenzione delle parti - nonché dell’art. 1363 (interpretazione complessiva delle clausole) ed infine del criterio sussidiario di cui all’art. 1366 c.c. (interpretazione di buona fede) cui la Corte territoriale, nel procedere a tale accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ha ritenuto di fare ricorso ai fini della verifica dell’ipotizzata "comune intenzione".

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.