Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 agosto 2016, n. 17328

Inps - Contribuzione - Gestione commercianti - Iscrizione - Condizioni - Godimento dei beni immobili

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 2.12.2014 la Corte d'appello di Firenze ha respinto l'impugnazione dell'Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che aveva accolto l'opposizione di S. A. all'avviso di addebito emesso a suo carico per il pagamento di € 4971,84 a titolo di contributi da versare alla Gestione Commercianti per il periodo maggio 2008 - dicembre 2012.

Ha spiegato la Corte che non sussistevano le condizioni per una siffatta iscrizione, posto che la mera attività di riscossione di canoni di locazione era inerente al godimento dei beni immobili e non configurava esercizio di attività commerciale non essendo finalizzata alla prestazione di servizi a terzi o a compravendita o a costruzione. Ne conseguiva che essa non esorbitava dall'attività di mera gestione di immobili.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l'Inps con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

Resiste con controricorso la A. che propone a sua volta ricorso incidentale affidato ad un solo motivo, al cui accoglimento si oppone l'Inps.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unico motivo del ricorso principale l'Inps denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 613, dell'art 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, così come modificato dall'art. 1, commi 203 e segg., della legge n. 662 del 1996, dell'art. 2 della stessa legge n. 1397 del 1960 e degli artt. 2313, 2318 e 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.

In sostanza l'Inps contesta che l'attività svolta dalla A. non rientrasse tra quelle per le quali è prevista l'iscrizione alla Gestione Commercianti assumendo, al contrario, che la stessa possedeva carattere commerciale, così come si evinceva dalla visura camerale della società, della quale la A. era l'unico socio accomandatario; inoltre, quest'ultima aveva solo allegato, senza darne prova, circostanze idonee ad escludere la presunzione di svolgimento di attività imprenditoriale da parte di società non costituita nella forma di quella semplice.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale la A. deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nonché la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 434 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

La A. sostiene che nella memoria di costituzione in secondo grado aveva eccepito l'inammissibilità dell'appello dell'Inps per violazione dell'art. 434 c.p.c., non avendo l'appellante rispettato il disposto di tale norma, così come novellata dall'art. 54, comma 1, lett. c bis) del D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134/2012, in quanto non aveva provveduto, neppure sommariamente, ad indicare le parti del provvedimento che si intendevano impugnare, le modifiche che venivano richieste alla ricostruzione del fatto operata dal primo giudice, le circostanze da cui poteva desumersi la violazione di legge ed i motivi per i quali tali circostanze apparivano rilevanti ai finì della decisione. Nonostante tale specifica eccezione la Corte d'appello di Firenze non si era al riguardo pronunciata.

Osserva la Corte che è preliminare la decisione del ricorso incidentale in quanto lo stesso investe la questione della eccepita inammissibilità dell'appello svolto dall'Inps rispetto alla quale si assume che la Corte di merito non si sarebbe pronunziata.

Il ricorso incidentale è infondato. Invero, non è ravvisabile la lamentata omessa pronunzia in ordine alla questione dell'inammissibilità dell'appello dal momento che è da ritenere che la stessa è stata implicitamente respinta dalla Corte territoriale allorquando quest'ultima ha affrontato il merito dell'impugnazione nei suoi vari aspetti, dimostrando, in tal modo, di aver bene inteso le ragioni attraverso le quali era stato articolato il gravame.

Si è, infatti, affermato (Cass. Sez. 2, n. 10001 del 24/6/2003) che "qualora ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie non è configurabile il vizio di omessa pronuncia di cui all'art. 112 cod. proc. civ., che si riscontra soltanto allorché manchi una decisione in ordine a una domanda o a un assunto che renda necessaria una statuizione di accoglimento o di rigetto." (in senso conf. v. anche Cass. Sez. 3, n. 19131 del 23/9/2004).

Egualmente infondato è il ricorso principale.

Invero, la difesa dell'Inps pretende di desumere l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della "ratio decidendi" che è correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un'attività commerciale da parte della A., essendo stato ben evidenziato che quest'ultima si limitava a riscuotere i canoni degli immobili locati, cioè a goderne i frutti. In concreto, secondo il condiviso ragionamento dei giudici d'appello, si trattava di un'attività che non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, né ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione degli immobili concessi in locazione.

Infatti, il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale, che nella specie non risulta. Quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: "L'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata;

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli".

Quindi il presupposto imprescindibile è che per l'iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l che abbia come oggetto un esercizio commerciale, (v. in tal senso Cass. sez. 6 - Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013).

Il che non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di riscossione dei canoni di tre immobili concessi in locazione.

Va quindi esclusa la ricorrenza della attività a cui la legge ricollega l'obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti, a prescindere da ogni considerazione sulla attività prevalente.

In definitiva, il ricorso principale e quello incidentale vanno rigettati.

La reciproca soccombenza delle parti induce la Corte a ritenere interamente compensate tra le medesime le spese del presente giudizio.

Sussitono i presupposti per porre a carico solidale delle parti il contributo unificato di cui al dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento in solido, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.