Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 agosto 2016, n. 35775

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Bancarotta patrimoniale, documentale e impropria - Amministratore di fatto - Socio di maggioranza che ha intrattenuto personalmente i rapporti più importanti per l’azienda - Prova - Dichiarazioni dei professionisti incaricati

 

Ritenuto in fatto

 

1 - Con sentenza dell'11 novembre 2015 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Trapani dell'8 marzo 2013 che aveva ritenuto V.A. colpevole dei delitti di bancarotta patrimoniale, documentale ed impropria, ascrittigli quale amministratore di fatto della s.r.l. G. Costruzioni, fallita il 23 aprile 2009.

Il ruolo di amministratore di fatto della fallita era stato riferito dai legali rappresentanti della stessa, prima G.N. e poi A.G., e da alcune delle persone che avevano intrattenuti rapporti con la medesima (il dipendente B., i clienti P. e T., i professionisti avv. F., arch. V. e avv. G., il legale ed il commercialista della fallita, rispettivamente l'avv. Z. ed il dott. D.), dalle cui dichiarazioni era emerso, appunto, che l'imputato, socio di maggioranza della società, aveva personalmente intrattenuto i rapporti con le agenzie incaricate della vendita degli immobili (la società era attiva nel comparto immobiliare), con gli studi notarili che avevano steso i contratti di vendita e con gli istituti bancari che avevano garantito il credito alla società, pur non avendo altra veste ufficiale che quella di socio di maggioranza.

2 - Avverso la predetta sentenza propone ricorso V.A., a mezzo del suo difensore.

2 -1 - Con il primo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Non si erano valutati correttamente gli apporti probatori forniti dai coimputati G. e N. perché non si era proceduto, prima, alla valutazione della loro attendibilità, non si era, poi, verificata la coerenza del loro apporto ed, infine, non si era accertata l'esistenza di riscontri esterni.

Era invece evidente la loro inattendibilità, derivante dall'interesse a scagionarsi e ad accusare l'imputato. Pacifica era anche l'inattendibilità del teste B., posto che questi aveva prestato attività lavorativa in società riconducibili a G. e N..

Atomistica e parcellizzata era stata la valutazione degli ulteriori contributi dichiarativi. P. e T. avevano riferito solo di alcuni incontri. Il contributo di F. e Z. era pregiudicato dai loro pregressi rapporti con l'imputato: F. ne era debitore e Z. era il difensore del G. in un processo nato dal contributo dichiarativo dell'imputato.

Ditta si era limitato a tenere le scritture contabili della fallita.

In ogni caso l'imputato aveva svolto solo attività del tutto episodiche che non consentivano di affermarne il ruolo di amministratore di fatto.

2 -2 - Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale.

La tenuta della contabilità era stata affidata dagli amministratori di diritto ai commercialisti che seguivano la società, come aveva affermato la teste L..

2- 3 - Con il terzo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di bancarotta impropria.

La si era affermata in relazione al mancato recupero del credito vantato nei confronti della M.A. Immobiliare ma non si era spiegato quale efficienza causale tale operazione avesse avuto sul dissesto che aveva condotto alla dichiarazione di fallimento.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso proposto da V.A. è infondato.

1 - Il primo motivo è inammissibile perché volto ad ottenere da questa Corte la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, invece, riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).

È poi del tutto congrua, rispetto agli elementi di prova acquisiti, visti nella loro unitarietà (e non operando la loro parcellizzazione suggerita nel ricorso), la conclusione dei giudici del merito circa il ruolo di amministratore di fatto ricoperto dal ricorrente nella società fallita, posto che tutte le fonti dichiarative (dipendenti, fornitori, professionisti) concordavano nel riferirne il ruolo direttivo. A., poi, era anche il socio di maggioranza della società e, quindi, era, anche patrimonialmente, il maggior interessato alle sue sorti.

Così che le propalazioni degli imputati di reato connesso, i due amministratori di diritto che si erano succeduti nel tempo, non facevano che confermare un quadro probatorio che si era già altrimenti formato. La convergenza dei loro contributi con le residue emergenze ne attestava, poi, l'attendibilità.

2 - Il secondo motivo di ricorso è inammissibile posto che, anche in riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, si chiede a questa Corte una non consentita rivisitazione degli elementi di prova, laddove questi sono stati compiutamente analizzati dai giudici del merito che, dal ruolo del ricorrente di amministratore di fatto e di amministratore esclusivo della società hanno tratto la logica conclusione che egli fosse preposto anche alla tenuta della contabilità, come, del resto, si poteva evincere anche dalla circostanza che egli era ben conosciuto dal commercialista che teneva le scritture contabili, che lo considerava poi il referente della società.

Quanto alla delega al professionista della tenuta delle scritture questa Corte ha sempre affermato che l'imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell'impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall'obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell'impresa (Sez. 5, n. 2812 del 17/10/2013, Di Popolo, Rv, 258947).

3 - Il terzo motivo è infondato posto che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria prevista dall'art. 223, secondo comma, n. 2, R.D. 16 maggio 1942, n. 267, non interrompono il nesso di causalità tra l'operazione dolosa e l'evento, costituito dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'art. 41 cod. pen., né il fatto che l'operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo I'aggravamento di un dissesto già in atto (Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv. 262189).

È pertanto del tutto congruo che i giudici del merito abbiano ravvisato nel mancato recupero del credito (nei confronti di società riconducibile allo stesso ricorrente) un'ipotesi di bancarotta impropria, avendo tale condotta certamente aggravato il dissesto, diminuendo l'attivo disponibile per il soddisfacimento dei creditori della massa.

4- Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.