Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 giugno 2016, n. 23317

Reati tributari - Omesso versamento di ritenute alla fonte - Prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai sostituiti - Mancata acquisizione agli atti del processo del Mod. 770 o delle certificazioni - Annullamento ordinanza di condanna

 

Ritenuto in fatto

 

1. Il sig. C.I. ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 09/09/2014 della Corte di appello di Perugia che ha dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi, l'impugnazione proposta avverso la sentenza del 15/05/2013 del Tribunale di Terni che l'aveva dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 10-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (omesso versamento delle ritenute che risultavano dai certificati rilasciati ai sostituiti), commesso il 30/09/2007, e l'aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione, oltre pene accessorie.

1.1. Con il primo motivo eccepisce il malgoverno degli artt. 591, comma 1, lett. c) e 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., e l'illogicità della motivazione in ordine alla affermata genericità dei motivi di appello che, deduce, diversamente da quanto sostenuto nell'ordinanza impugnata, coglievano il vero punto centrale della questione: l'idoneità della testimonianza del funzionario dell'Agenzia delle Entrate a surrogare la mancata acquisizione del cd. modello 770 (e le relative certificazioni), di cui non si era nemmeno potuto accertare la conformità al riepilogo prodotto in dibattimento. Peraltro, prosegue, le ragioni della ritenuta genericità entrano nel merito delle questioni proposte con il gravame e si fondano proprio su un esame più adatto alla fase del giudizio che a una delibazione di inammissibilità.

1.2. Con il secondo lamenta la violazione degli art. 111, commi 2 e 4, Cost., ed in particolare del contraddittorio.

 

Considerato in diritto

 

3.Il ricorso è fondato

4.Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la genericità dell’appello o del ricorso per cassazione va valutata in base a parametri diversi, e soltanto in relazione al secondo costituisce motivo di inammissibilità per aspecificità la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione. In virtù del principio devolutivo, invece, il giudice d'appello, a meno che i motivi non siano inficiati di per sé soli da una evidente genericità, è tenuto a rivisitare "in toto" i capi ed i punti della sentenza di primo grado oggetto di impugnazione; ne consegue che è ammissibile l'appello che riproponga, con specifica indicazione dei capi impugnati, censure già esaminate e confutate dal giudice di primo grado (Sez. 2, n. 36406 del 27/06/2012, Livrieri, Rv. 253893; Sez. 2, n. 6609 del 03/12/2013, Diop, Rv. 258199; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456; Sez. 3, n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram, Rv 193438; cfr., altresì, Sez. 4, n. 40243 del 30/09/2008, secondo cui la problematica della identificazione dei requisiti minimi che l’atto di impugnazione deve presentare per superare il preliminare scrutinio di ammissibilità, e segnatamente del tasso di determinatezza dei motivi, a tal fine, necessario, deve essere affrontata accertando la presenza, in concreto, dei connotati della "chiarezza" e "specificità", in rapporto ai principi della domanda, della devoluzione e del diritto di difesa, il cui rispetto quei criteri mirano a presidiare, sì che la "forma dell'impugnazione" ne soddisfi anche la "sostanza". In tale prospettiva (...) la valutazione del contenuto dell'atto di impugnazione non può prescindere dalla considerazione che, da un lato, esso deve perimetrare l'esatto tema devoluto, così da permettere al giudice "ad quem" di individuare il contenuto e la "ratio esserteli" dei rilievi proposti, ed esercitare, quindi, il proprio sindacato; dall'altro, e di riflesso, deve essere tale da consentire agli eventuali "controinteressati" di adeguatamente resistere alla domanda di gravame e alla portata demolitoria che il suo eventuale accoglimento avrebbe rispetto alla decisione impugnata).

4.1. Ciò che rileva, dunque, è la specificità della questione devoluta con le ragioni poste a sostegno dell'impugnazione.

4.2. Nel caso in esame il ricorrente aveva eccepito, con l'atto di appello, la mancanza di prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni ai sostituiti. In primo grado tale prova era stata desunta dalla testimonianza del funzionario dell'Agenzia delle Entrare che aveva prodotto, a tal fine, un prospetto ritenuto conforme al modello 770 mai acquisito al processo.

4.3. Con l'ordinanza impugnata la Corte di appello ha sostenuto che l'imputato non aveva eccepito, con il gravame avverso la sentenza di primo grado, la difformità del prospetto dal contenuto del modello 770, come sarebbe stato suo preciso onere a fronte delle prove presentate dal pubblico ministero e ritenute esaustive dal giudice di primo grado.

4.4. Così facendo, però, la Corte territoriale ha affrontato il merito della questione traendone contraddittoriamente spunto per ritenere la genericità dell'impugnazione. Il tema difensivo devoluto con l'appello, infatti, riguardava proprio l'attitudine delle prove assunte In primo grado a dimostrare il presupposto di fatto della condotta incriminata: l'effettiva corresponsione delle retribuzioni; questione specifica che, a sua volta, comportava la soluzione, sul piano giuridico, della controversa possibilità di ritenere a tal fine sufficiente la dichiarazione annuale di sostituto di imposta, anche in assenza di prove di segno contrario (Sez. 3, n. 27479 del 30/05/2014, Rv. 259198), come ritenuto dal giudice di primo grado, o necessarie esclusivamente le certificazioni rilasciate ai sostituiti (Sez. 3, n. 40526 del 08/04/2014).

4.5. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per il prosieguo.

 

P.Q.M.

 

Annulla, senza rinvio, l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Perugia.