Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 ottobre 2017, n. 25043

Tributi - IRAP - Accertamento - Professionisti - Istanza di rimborso - Ricorso

 

Fatto e diritto

 

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 852/38/2015, depositata il 14 settembre 2015, non notificata, la CTR del Piemonte ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sig.ra C.N., avverso la sentenza di primo grado della CTP di Asti, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso il diniego dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che la professionista, svolgente attività di traduttrice, aveva presentato per l’Irap versata negli anni 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 e 2008, diniego espresso dall’Amministrazione per tutte le annualità, salvo l’ultima, oggetto di restituzione.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate, che aveva motivato il diniego di rimborso per le annualità dal 2001 al 2006 per intervenuta decadenza, ex art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

La contribuente resiste con controricorso.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la decadenza della contribuente in relazione all’istanza di rimborso per le annualità dal 2001 al 2006, ritenendo non applicabile nella fattispecie in esame l’art. 38 del citato decreto, sul presupposto che la domanda fosse conseguente a ius superveniens in ragione della sentenza della Corte cost. n. 156/2001, intervenuta, secondo la CTR, nell’ordinamento, «modificando in forza di costituzionalità la disciplina sostanziale della materia dell’IRAP».

Il motivo è manifestamente fondato.

Del tutto fuori luogo è il richiamo al preteso ius superveniens. Di là anche dalla natura della richiamata pronuncia della Corte costituzionale, trattandosi di sentenza interpretativa di rigetto, è di assoluta evidenza come, in relazione alle annualità dal 2002 al 2006 detta pronuncia fosse già intervenuta, mentre per i versamenti riferiti all’annualità 2001 non era ovviamente maturata ancora alcuna decadenza in relazione al termine di quattro anni dalla data del versamento.

Ciò premesso, con specifico riferimento all’istanza di rimborso dell’IRAP che la contribuente assume indebitamente versata, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 19 aprile 2017, n. 9935; Cass. sez. 5, ord. 24 novembre 2010, n. 23832) ha chiarito che essa debba essere comunque presentata entro il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973. Ciò in ragione dei seguenti riferimenti normativi: l’art. 25 del d.lgs. n. 446/1997, nella parte in cui stabilisce che, fino a quando non abbiano effetto eventuali leggi regionali, «per le attività di controllo e rettifica delle dichiarazioni, per l’accertamento e per la riscossione dell’imposta regionale, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia d’imposte sui redditi»; l’art. 30, comma 2, del citato decreto istitutivo dell’IRAP, laddove prevede che essa «è riscossa mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità ed i termini stabiliti per le imposte sui redditi, e (comma 6) ove stabilisce che «la riscossione coattiva avviene mediante molo sulla base delle disposizioni che regolano la riscossione coattiva delle imposte sui redditi».

Non senza dimenticare, in generale, infine, che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 16 giugno 2014, n. 13676), in relazione ad istanze di rimborso in tema d’incentivi all’esodo determinate dalla sopravvenienza di decisioni della Corte di giustizia dell’Unione, hanno comunque ritenuto che la tutela del contribuente possa ritenersi rispettata dall’applicazione del termine decadenziale previsto dalla norma speciale tributaria (art. 38 del d.P.R. n. 602/1973).

Essendo incontroverso tra le parti che l’istanza di rimborso sia stata proposta in data 11 aprile 2012, in applicazione dei suddetti principi, dai quali il giudice tributario d’appello si è discostato, la sentenza impugnata va dunque cassata.

Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente. Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi a carico della contribuente, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente Amministrazione finanziaria, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.