Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI - Sentenza 14 settembre 2016, n. 2081

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Ricorso per revocazione in pendenza di giudizio per cassazione - Ammissibilità - Sussiste

 

Fatto

 

Con sentenza n. 1262/13/15 depositata il 29.5.2015 la CTR di Bari ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Bari, avverso la sentenza n. 257/12/14 pronunciata dalla CTP di Bari che aveva accolto il ricorso di P.P. avverso gli avvisi notificati il 17.9.2012 di accertamento dell’ omesso versamento di ritenute su lavoro dipendente di euro 31.030 per l’anno 2003, di euro 39.555.96 per l’anno 2004, di euro 27.194,75 per l’anno 2005.

Con ricorso per revocazione proposto a questa CTR, notificato all’Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Bari, iscritto al n. 6561/15 di R.G., la P.P. srl ha chiesto la riforma della sentenza della CTR n. 1262/13/15 a mente dell’ art. 395, co. 4, c.p.c., perché viziata da errore di fatto risultante dai documenti versati in giudizio , avendo i giudici di appello ritenuto applicabile, al caso di specie, l’istituto del raddoppio dei termini di accertamento sul falso presupposto che l’omesso versamento di ritenute fiscali sui lavoratori dipendente integrasse la fattispecie di reato prevista e punita dall’art. 10 bis del D.L. n. 74/2000. Ivi ha dedotto che dall’esame della documentazione agli atti del giudizio risulta evidente che dette ritenute non superavano la soglia prevista per la punibilità di Euro 50.000 la quale peraltro è stabilita solo a decorrere dall’1.1.2005 (e non già per le annualità precedenti al 2005) giusta quanto disposto dal D.lvo 10.3.2000 n. 74 all’art. 10 bis inserito dall’art. 1 co 414 l. n. 311/2004 a decorrere dall’1.1.2005:

L’Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Bari si è costituita in giudizio con proprio atto di controdeduzioni. Ivi ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per revocazione atteso che pende ricorso per Cassazione avverso gli avvisi impugnati (rectius avverso la sentenza della CTR n. 1262/13/2015 avente ad oggetto gli avvisi impugnati). Nel merito ha ribadito la sussistenza dei presupposti per l’utilizzo dell’istituto del raddoppio dei termini nella notifica degli avvisi di accertamento de quibus in quanto detti accertamenti afferiscono ad operazioni inesistenti.

 

Diritto

 

La sentenza di questa CTR n. 1262/13/2015 impugnata per revocazione è l’effetto di un errore di fatto rilevabile ictu oculi dagli avvisi richiamati in narrativa versati in giudizio.

Da detti avvisi risulta che gli accertamenti hanno per oggetto l’omissione di ritenute afferenti alle annualità 2003, 2004, 2005 non eccedente in alcuna di dette annualità l’importo di euro 50.000 e che per esse non vi è stata alcuna certificazione o dichiarazione di sostituto di imposta.. Nessuna ripresa a tassazione risulta dai predetti avvisi per le affermate operazioni inesistenti. E’ quindi evidente: - che la CTR è incorsa in errore nella rilevazione dei fatti risultanti dagli avvisi; - che tale errore ha comportato l’ulteriore errore di inquadrare i fatti oggetto di accertamento (l’omissione delle ritenute che l’Agenzia delle Entrate ha ravvisato essere avvenuta) nell’anzidetta norma penale; - che tale erroneo inquadramento della fattispecie concreta ha indotto la CTR a ritenere legittimo l’utilizzo da parte dell’Agenzia delle Entrate dei termini raddoppiati nel notificare gli avvisi di accertamento richiamati in narrativa.

L’ art. 10 bis, inserito nel D.lvo n. 74/2000 dall’art. 1 co 414 L. n. 311/2004 a decorrere dall’ 1.1.2005, prevede (peraltro solo a decorrere dall’1.1.200 5) la punizione con la reclusione da sei mesi a due anni nei confronti di chi non versi, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di ostituto di imposta, le ritenute dovute, sulla base di detta dichiarazione o risultanti dalla certificazione evidente che le ritenute, le quali secondo gli avvisi de quibus sarebbero dovute essere effettuate e che invece non sono state effettuate, non rientrano, in alcun modo o profilo, nell’anzidetta previsione normativa e, per tale ragione, appare del tutto arbitrario il loro inquadramento quale fattispecie penale sì da giustificare il raddoppio dei termini per la notifica degli avvisi.

Priva di fondamento è altresì l’inammissibilità, dedotta dall’Agenzia delle Entrate, del ricorso per revocazione durante la pendenza di ricorso per Cassazione. Infatti a mente dell’art. 398 c.p.c. i due giudizi possono procedere in piena autonomia essendo diversi i presupposti: errore sul diritto o vizio di motivazione nel ricorso per cassazione, errore sul fatto nel ricorso per revocazione. Consegue che: - se la CTR è la prima a pronunciarsi, ove detta pronunzia passi in giudicato, si determina la cessazione della materia del contendere in cassazione; - se invece la prima a pronunziarsi è la Cassazione, ove essa annulli la sentenza si determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di revocazione per difetto di interesse, mentre ove essa rigetti il ricorso si determina l’eliminazione di ogni interferenza tra i due giudizi.

Considerato quanto innanzi, il ricorso per revocazione proposto da M.P. va accolto, ma le spese vanno compensate perché il contemporaneo ricorso per cassazione e per revocazione, ancorché ammissibile per cause petendi diverse, ha comunque indotto un aggravio sull’attività giurisdizionale non indispensabile che ha integrato un giusto motivo per la compensazione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso di M.P. e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, conferma la sentenza di primo grado e con essa l’annullamento degli avvisi di richiamati in narrativa. Spese compensate.