Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 settembre 2016, n. 18231

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Sentenza - Motivazione apparente

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza in data 20.11.2008 la CTR Lombardia confermava la decisione che in primo grado, su ricorso dell'I.S.H. s.p.a. ed I.S. s.p.a., aveva annullato gli avvisi di accertamento ad esse notificati dall'ufficio di Saronno dell’Agenzia delle Entrate in dipendenza dell'accertata violazione delle disposizioni in materia di prezzi di trasferimenti e di costi deducibili, recuperando a tassazione le maggiori imposte evase ed applicando interessi e sanzioni.

La CTR, adita da entrambe le parti parzialmente soccombenti in primo grado, motivava il proprio pronunciamento affermando che "le motivazioni poste a base del ricorso e su cui l'ufficio avanza la richiesta di riforma della sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale sono le stesse con le quali aveva sostenuto l'avviso di accertamento e che i giudici di primo grado con concise argomentazioni giuridiche e richiami normativi e giurisprudenziali pienamente condivisibili avevano rigettato: il collegio ritiene quindi di confermare integralmente quanto stabilito in primo grado", ritenendo altresì assorbiti i motivi dell'appello incidentale.

Impugnano il detto deliberato entrambe le parti, l'Agenzia con un ricorso basato su due motivi, le parti private affidandosi ad un solo motivo.

 

Considerato in diritto

 

2.1. Con il primo motivo del ricorso principale, l'Agenzia impugnante deduce ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità dell'impugnata sentenza per violazione del precetto di cui all'art. 36, comma 2, D.lg. 546/92 in quanto "manca in essa qualsiasi riferimento all'oggetto del giudizio ed alle questioni di fatto e di diritto sulle quali è sorta la controversia tra le parti", il che rende impossibile individuare dalla lettura della sentenza il thema decidendum.

2.2. Il motivo è infondato.

E' principio, a cui questa Corte intende dare continuità, anche nel caso di specie, enunciato segnatamente in relazione alla previsione recata dalla norma in rubrica - nonché, più in generale, con riferimento alla corrispondente disposizione che figurava negli artt. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c. e 118, comma primo, disp. att. c.p.c., prima che ne fosse modificato l'originario dettato ad opera dell’art. 45, comma 17, L. 69/09, che ha eliso il riferimento allo "svolgimento del processo" - che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa è "da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento", di talché la sua assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione" (3597/16; 24940/15; 920/15).

2.3. Nella specie, posto che dalla narrativa della decisione si evince senza soverchio sforzo interpretativo che le fasi salienti dello svolgimento processuale risultano puntualmente e compiutamente ricostruite mediante l’indicazione dell’impugnativa dispiegata dalle attuali intimati avverso tre avvisi di accertamento emessi a seguito di una verifica fiscale, dell’appello proposto in via principale dall’Agenzia ed in via incidentale dalle parti e della discussione avvenuta in pubblica udienza di entrambi gli atti di gravame, il lamentato vizio è da reputarsi perciò insussistente. Invero gli elementi della cui omissione la deducente si duole (oggetto del giudizio e questioni di fatto e diritto), quando la deduzione corrisponda al vero - così non è per l’oggetto del giudizio, ove per esso si debba intendere l’atto che ne costituisce la res e non le singole questioni che nel giudizio si dibattono - oltre a poter essere agevolmente individuabili per relationem attraverso richiamo agli atti di parte, non alterano l’equilibrio funzionale della decisione in quanto non la privano degli elementi essenziali atti a rendere comprensibili la specie dedotta in giudizio e la definizione di essa operatane dal giudice d’appello e non arrecano perciò alcun vulnus alla fruibilità del comando ivi impartito e, dunque, alla impugnabilità di esso in nome del diritto di difesa accordato a ciascuna parte.

3.1. Il secondo motivo del ricorso erariale deduce parimenti ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c. la nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.lg. 546/92, atteso che essa "risulta carente del contenuto indefettibile della motivazione", essendo "meramente apparente sia la parte c.d. statica della motivazione", ove si riferisce che le argomentazioni d’appello sono le medesime poste a base degli atti impugnati, "sia quella dinamica necessaria alla ricostruzione dell'iter logico seguito" dal decidente, essendosi richiamate le concise argomentazioni giuridiche ed i richiami normativi e giurisprudenziali utilizzati in primo grado senza esplicitare quali questioni di fatto e/o di diritto siano state esaminate e senza soddisfare in tal modo le condizioni richieste ai fini della legittimità della motivazione per relationem.

3.2. Il motivo è fondato.

Premesso che la sentenza è affetta da vizio di motivazione apparente quando il giudice di merito omette di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (9113/12; 1756/06; 2067/98), nella specie la sentenza impugnata si espone inconfutabilmente alla rilevata machevolezza processuale, avendo la Corte anche di recente ricordato, a riprova del fatto che l’obbligo costituzionale della motivazione non è soddisfatto ove non si estrinsechi in un apprezzamento critico delle ragioni di ciascuna delle parti, che la sentenza motivata "mediante mera adesione acritica all'atto d’impugnazione, senza indicazione né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in quanto corredata da motivazione solo apparente" (20648/15). Invero limitandosi a constatare che le deduzioni difensive dell’appellante "sono le stesse con le quali aveva sostenuto l’avviso di accertamento" e condividendo "le concise argomentazioni giuridiche" fatte proprie dai giudici di prime cure, senza provvedere al minimo esame delle prime e senza riprodurre il contenuto delle seconde, in tal modo astenendosi da ogni vaglio critico delle une e delle altre, la CTR ha mostrato di ignorare il doveroso compito motivazionale sotteso all’ufficio decisionale assunto nella specie, assolvendo il relativo obbligo solo in modo apparente.

Né, d’altro canto, come ha rettamente osservato la deducente, ricorrono i presupposti per riconoscere che nella specie la CTR abbia legittimamente motivato la propria decisione per relationem, poiché, atteso che secondo il consolidato dictum di questa Corte la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, è legittima a condizione che il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (11138/11; 18625/10; 15843/08), nella specie la sentenza impugnata non si sottrae alla doverosa cassazione, dal momento che la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione alle argomentazioni dei primi giudici e senza alcuna ricognizione delle ragioni di impugnazione dispiegate dall’appellante, non consente in alcun modo di ritenere che all'affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.

4.1. Con l'unico motivo del ricorso incidentale le contribuenti assumono la nullità dell’impugnata sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., per vizio di omessa pronuncia, poiché, malgrado si fosse instata avanti al giudice d'appello la riforma della decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto indeducibili alcuni costi di lieve entità per i quali non era prescritta l'emissione di uno specifico documento fiscale, "la CTR, confermando la sentenza della CTP, ha ritenuto assorbite le censure sollevate con l'appello incidentale", in tal modo incorrendo nel denunciato vizio e risultando essa dunque nulla per omessa pronuncia.

4.2. Il motivo è inammissibile per mancanza di quesito.

Invero, soggiacendo la specie in disamina all’applicazione ratione temporis dell’art. 366-bis c.p.c., che prescriveva che "nei casi previsti dall’art. 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4) l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto", la parte ne ha omesso la formulazione con l’ovvia conseguenza dell’inammissibilità del motivo appunto decretata dalla norma.

5. La sentenza va dunque cassata nei limiti del motivo accolto del ricorso principale e la causa va rinviata al giudice territoriale ai sensi dell’art. 383, comma primo, c.p.c. che in altra composizione provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo ricorso principale, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia avanti alla CTR Lombardia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio; dichiara inammissibile il ricorso incidentale.