Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 novembre 2017, n. 27933

Pregresso contenzioso - Somme percepite in sede di conciliazione - Accredito contributi Inps - Natura retributiva - Pendenze riconducibili alla cessazione ed estinzione del rapporto di lavoro subordinato sottostante -  Negozio transattivo di tipo novativo - Somme dovute al lavoratore - Natura retributiva, ma disancorate dal preesistente rapporto - Non assoggettabilità a contribuzione

 

Fatti di causa

 

Si controverte del diritto di tre legali, ex dipendenti della società bancaria S. I. s.p.a (avvocati Del V. G., T. N. e Del V. P.), a vedersi accreditati dall'Inps i contributi inerenti alle somme dai medesimi percepite in sede di conciliazione con la datrice di lavoro all'esito di un pregresso contenzioso.

La Corte d'appello di Napoli, con sentenza depositata il 9.6.2011, nell'accogliere l'impugnazione dell'Inps avverso la decisione del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede - che aveva sancito l'assoggettabilità di tali somme all'imposizione contributiva - ha spiegato che le stesse non erano da considerarsi collegate ad una funzione di corrispettivo e non sussisteva, pertanto, il diritto dei predetti ex dipendenti a vedersi accreditati i rispettivi contributi ai sensi dell'art. 6 del d.lgs n. 314/1997, modificativo delle statuizioni di cui all'art. 12 della legge n. 153/1969.

Per la cassazione della sentenza ricorre I. S. s.p.a. con quattro motivi. Ricorre, altresì, N. T. con cinque motivi.

Resistono con controricorso il Del V. ed il Del V., i quali propongono, a loro volta, ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Per l'Inps c'è solo delega ai propri difensori in calce al ricorso notificato.

Le parti, ad eccezione dell'Inps, depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Col primo motivo del ricorso principale la società Intesa Sanpaolo s.p.a. (già Sanpaolo Imi s.p.a.) si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. (ex art. 360 n. 4) per non avere la Corte di merito delibato sul riconoscimento dell'interesse ad agire dell'istituto bancario. Secondo la ricorrente l'interesse all'accertamento della assoggettabilità a contribuzione delle somme versate dalla parte datoriale nasceva dal fatto che in caso di ritenuta insussistenza dell'obbligazione contributiva sorgeva il diritto della stessa alla restituzione dei contributi versati all'Inps, senza contare che gli ex dipendenti avrebbero potuto chiederle il risarcimento dei danni, avendo i medesimi formulato la più ampia riserva di ogni diritto a qualunque titolo vantato nei confronti del B. di N. (successivamente incorporato dalla società Sanpaolo Imi s.p.a., a sua volta confluita per fusione nella I. S. s.p.a.).

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 e 1372 c.c., dell'art. 47 del R.D.L. 4.10.1935 n. 1827, conv. in I. 6.4.1936 n. 1155, e dell'art. 2115 cod. civ., la società bancaria contesta l'accoglimento della tesi dell'Inps secondo cui la somma di lire 500.000.000 versata a ciascuno dei predetti dipendenti in sede transattiva non era suscettibile di imposizione contributiva. Al contrario, secondo l'odierna ricorrente principale, non era stata contestata l'esistenza del rapporto di lavoro, in quanto la controversia conciliata tra il B. di N. ed i legali ex dipendenti di cui sopra aveva avuto ad oggetto la rivendicazione di differenze retributive connesse ad un diverso livello retributivo reclamato dai lavoratori, per cui il predetto importo era stato versato in via forfettaria ad ognuno di loro al solo fine di evitare l'alea di una lite, con la conseguenza che la rinuncia dei medesimi ad una parte della retribuzione non pregiudicava il diritto dell'ente di previdenza ad esigere la contribuzione commisurata all'obbligazione contrattuale, stante l'autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello retributivo.

3. Col terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e segg. c.p.c., nonché per insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, la banca ricorrente assume che la Corte territoriale non ha correttamente valutato il contenuto della transazione, nonché le motivazioni poste a base dell'impegno da parte del Banco di Napoli a versare i contributi sulla somma corrisposta a titolo transattivo delle pretese dei lavoratori (nella misura di lire 500.000.000 ciascuno), quale corrispettivo delle rinunce alle spettanze di lavoro inizialmente reclamate.

4. Col quarto motivo, formulato per vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 c. 5 c.p.c., la ricorrente società contesta la decisione della Corte di merito di ritenere che le somme versate in sede transattiva fossero svincolate dal pregresso rapporto di lavoro.

5. Nel passare all'esame del ricorso di T. N. si osserva che col primo motivo il medesimo denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione al contenuto dell'atto di transazione intervenuto in data 18.12.2001 col Banco di Napoli s.p.a., dell'art. 12 L. 30.4.1969 n. 153, dell'art. 6 D.Lgs 2.9.1997 n. 314 e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., dolendosi del mancato riconoscimento, da parte della Corte di merito, della assoggettabilità ad imposizione contributiva delle somme percepite in virtù del predetto accordo conciliativo, ad onta del suo chiaro tenore letterale e del comportamento delle parti contraenti successivo alla transazione, avendo le stesse portato avanti un contenzioso giudiziario con l'Inps proprio al fine di veder valorizzata la volontà espressa nell'atto transattivo, volta all'accreditamento dei contributi relativi alle somme erogate in quella sede.

6. Col secondo motivo il T. deduce l'omessa o insufficiente motivazione circa la mancata applicazione al caso in esame, in via primaria, del criterio di cui all'art. 1362 c.c., con relativo, conseguente ricorso ai criteri sussidiari di ermeneutica contrattuale, nonché l'omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla contemporanea sottoscrizione, inter partes, di altro atto transattivo.

In pratica si imputa alla Corte territoriale di essersi discostata dall'interpretazione letterale del contratto, che faceva chiaro riferimento al versamento dei contributi che la parte datoriale si era impegnata ad eseguire, e di aver ignorato la circostanza per la quale le parti avevano stipulato un altro atto transattivo, che prevedeva il diritto del dipendente, a fronte di altre rinunce, a percepire un incentivo economico per l'anticipata risoluzione del rapporto.

7. Col terzo motivo, formulato per omessa o insufficiente motivazione circa la mancata valutazione di documenti decisivi ai fini della soluzione della controversia, il ricorrente contesta la decisione della Corte di merito nella parte in cui la stessa ha rilevato l'insussistenza di elementi interni alla transazione atti a far ritenere, anche in via presuntiva, l'esistenza effettiva di crediti di lavoro assoggettabili ad obblighi contributivi. Al riguardo si fa osservare che erano stati prodotti due documenti di parte (due lettere inviate rispettivamente al Banco di Napoli ed al Capo del Servizio Personale) dai quali sarebbe stato possibile evincere la sussistenza del credito retributivo oggetto della successiva transazione.

8. Col quarto motivo il ricorrente si lamenta della violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e segg. c.p.c., 420 e segg. c.p.c., 437 c.p.c. e 2697 cod. civ., nonché dell'omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, assumendo che immotivatamente la Corte d'appello ha ritenuto insufficiente la documentazione prodotta ai fini della vantata pretesa, vale a dire la produzione documentale riflettente la prova dello svolgimento delle mansioni superiori e la imponibilità contributiva della somma di lire 500 milioni riconosciuta a ciascun lavoratore con la predetta transazione.

9. Col quinto motivo è dedotta la violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione alla domanda subordinata relativa alla richiesta di accoglimento in misura ridotta della domanda formulata in primo grado e reiterata in appello, volta alla dichiarazione di sottoposizione della somma di lire 500 milioni, versata in sede di transazione, alla imposizione contributiva nella misura ridotta da accertarsi in giudizio, in conformità al combinato disposto degli artt. 46 e 48 TUIR e dell'art. 6 d.lgs. n. 314/1997, nei limiti della prescrizione decennale.

10. Col primo motivo del ricorso incidentale i ricorrenti Del V. e Del V. lamentano la violazione dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969, nel testo risultante dalla legge n. 314 del 1997, contestando la decisione della Corte di merito nella parte in cui ha affermato che potesse ritenersi soggetta a contribuzione solo la retribuzione dovuta per legge o per contratto e non anche quella di fatto corrisposta, in quanto in tal modo il collegio giudicante avrebbe omesso di dare rilievo a tutto ciò che il lavoratore aveva ricevuto in dipendenza di rapporto di lavoro.

11. Col secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dei principi che regolano la ripartizione dell'onere della prova (art. 2697 c.c.), nonché la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., facendosi rilevare che il collegamento della corresponsione della predetta somma di denaro col rapporto di lavoro faceva sorgere la presunzione della sua assoggettabilità a contribuzione, stante la eccezionalità dei casi di esclusione dall'imposizione contributiva, per cui l'onere di dimostrare l'insussistenza di quest'ultima avrebbe dovuto gravare sulla parte che l'aveva eccepita.

12. Col terzo motivo del ricorso incidentale, formulato per violazione dell'art. 420 c.p.c. e per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito ha ignorato gli elementi e le istanze istruttorie che avrebbero consentito di appurare l'assoggettamento a contribuzione delle somme riconosciute in sede di accordo transattivo.

13. Oggetto del quarto motivo del ricorso incidentale è la denunzia di violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione alla domanda subordinata relativa alla richiesta di accoglimento in misura ridotta della domanda formulata in primo grado e reiterata in appello, volta alla dichiarazione di sottoposizione della somma di lire 500 milioni,versata in sede di transazione, alla imposizione contributiva nella misura ridotta da accertarsi in giudizio, in conformità al combinato disposto di cui agli artt. 46 e 48 TUIR e all'art. 6 d.lgs. n. 314/1997, nei limiti della prescrizione decennale.

14. Osserva la Corte che il primo motivo del ricorso principale della società Intesa Sanpaolo s.p.a. è infondato.

Invero, la Corte d'appello di Napoli ha ben chiarito che per motivi di priorità logica rispetto alle doglianze formulate dall'istituto di credito occorreva procedere, anzitutto, alla disamina delle ragioni di gravame espresse dall'Inps, attenendo queste ultime all'esistenza in radice del diritto all'accertamento della sussistenza di un obbligo contributivo in relazione agli importi versati agli ex dipendenti del Banco di Napoli. Pertanto, l'avvenuto accertamento, da parte della Corte territoriale, della non assoggettabilità delle predette somme all'imposizione contributiva ha logicamente comportato il superamento della questione dedotta dalla società bancaria, vale a dire la verifica della sussistenza del suo interesse a sentir dichiarare che su quelle somme avrebbero dovuto essere versati i contributi. Non sussiste, perciò, a tal riguardo il lamentato vizio di omessa pronunzia.

15. I restanti motivi del ricorso principale vanno, invece, trattati congiuntamente a quelli del ricorso del T., del Del V. e del Del V. per ragioni di connessione dovute al fatto che oggetto delle rispettive censure è l'identico tema, seppur affrontato sotto diverse angolazioni, della imponibilità o meno ai fini contributivi delle somme erogate a ciascuno dei tre ex dipendenti in sede di transazione.

16. Rileva la Corte che tali motivi sono infondati.

Va, infatti, premesso che questa Corte (Cass. sez. lav. n. 20146 del 23.9.2010) ha già avuto modo di affermare in caso analogo che "in tema di obblighi previdenziali, qualora sia intervenuta una conciliazione giudiziale relativa alla definizione delle pendenze riconducibili alla cessazione ed estinzione del rapporto di lavoro subordinato sottostante, il negozio transattivo stipulato tra le parti ha natura novativa in quanto costituisce l'unica ed originaria fonte dei diritti e degli obblighi successivi alla risoluzione. Ne consegue che le somme dovute al lavoratore, ancorché aventi natura retributiva sono disancorate dal preesistente rapporto, con l'ulteriore conseguenza che, nella vigenza dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969, applicabile "ratione temporis", tale importo non può essere computato per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale." (in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 13717 del 14.6.2006).

Si è, altresì, statuito (Cass. sez. lav. n. 17495 del 28.7.2009) che "le somme corrisposte dal datore di lavoro al dipendente in esecuzione di un contratto di transazione non sono, ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969 - nel testo anteriore alla sostituzione operata dall'art. 6 del d.lgs. n. 314 del 1997 - dovute in dipendenza del contratto, appunto, di lavoro, ma del contratto di transazione. Ne consegue che, rimanendo l'obbligazione contributiva insensibile agli effetti della transazione, l'INPS può azionare il credito contributivo provando - con qualsiasi mezzo ed anche in via presuntiva, dallo stesso contratto di transazione e dal contesto dei fatti in cui è inserito - quali siano le somme assoggettabili a contribuzione spettanti al lavoratore. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito sul presupposto che il giudice avesse erroneamente ritenuto che le somme erogate in esecuzione di un contratto di transazione fossero comunque soggette a contribuzione ed avesse, perciò, omesso di verificare eventuali rinunce da parte dei dipendenti a crediti realmente sussistenti)."

In sostanza, anche in presenza di una transazione intervenuta a seguito di lite giudiziaria l'indagine del giudice sulla natura retributiva o meno di determinate somme erogate al lavoratore non trova alcun limite nel titolo formale di tali erogazioni, anche perché le stesse potrebbero trovarsi in nesso non di dipendenza ma di occasionalità con il rapporto di lavoro e quindi non assoggettabili a contribuzione.

17. In effetti, la estraneità della transazione intervenuta tra datore di lavoro e lavoratore nei riguardi del rapporto contributivo discende dal principio che, alla base del calcolo dei contributi previdenziali, deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo e non quella di fatto corrisposta, in quanto, come correttamente evidenziato anche nell'impugnata sentenza, l'espressione usata dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, per indicare la retribuzione imponibile ("tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro...") va intesa nel senso di "tutto ciò che ha diritto di ricevere", ove si consideri che il rapporto assicurativo e l'obbligo contributivo ad esso connesso sorgono con l'instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l'obbligo contributivo del datore di lavoro verso l'istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d'opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti (cfr. tra le numerose decisioni, Cass. 15 maggio 1993, n. 5547; 13 aprile 1999, n. 3630). Dal complesso di questi principi discende che le somme pagate a titolo di transazione "dipendono" da questo contratto e non dal (diverso) contratto di lavoro, posto che la funzione del contratto di transazione, ai sensi dell'art. 1965 c.c., è, in ogni caso, di precludere alle parti stipulanti l'accertamento giudiziale del rapporto o delle sue regole, cosicché la sua esecuzione non è esecuzione delle obbligazioni derivanti dal rapporto oggetto della controversia (v. in tal senso C. sez. lav. n. 17495/2009 sopra citata).

18. Tra l'altro, il decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, in vigore dall'1.1.1998, all'art. 6 (Determinazione del reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi), nel novellare il citato art. 12 della legge n. 153/1969, prevede al punto 4 l'esclusione dalla base imponibile di numerosi emolumenti, tra i quali, ad esempio, le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto, quelle corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni, i proventi derivanti da polizze assicurative, i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza con la prestazione lavorativa, le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle forme pensionistiche complementari.

Alla luce di tale nuova disposizione risulta, quindi, rafforzata la necessità di dover provare e distinguere all'interno di un accordo transattivo quelle che sono le poste di sicura natura retributiva e di collegamento intrinseco al sottostante rapporto di lavoro al fine del loro assoggettamento ad imposizione contributiva.

19. Orbene, la Corte d'appello di Napoli si è attenuta a tali principi e con motivazione adeguata ed esente da rilevi di ordine logico-giuridico ha spiegato, all'esito di un accertamento di fatto congruamente svolto, che nella fattispecie erano molti gli elementi che inducevano a ritenere che le somme erogate in esecuzione dell'intervenuta transazione erano svincolate dal pregresso rapporto di lavoro stipulato tra le parti, desumibili dalle seguenti circostanze: a) tutti i lavoratori avevano formulato in via stragiudiziale nel corso degli anni ed in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro analoghe rivendicazioni concernenti il riconoscimento ai fini pensionistici del biennio per l'abilitazione professionale e dell'anno di pratica previsti per i dipendenti delle categorie tecniche e segnatamente della categoria dei legali dal Regolamento all'epoca vigente; b) il riconoscimento per ciascuno di essi del diritto all'inquadramento nel grado 3° di avvocato capo; c) il riconoscimento dall'anno 1996 degli incentivi di merito per anzianità aboliti con l'accordo sindacale del 22.7.1996; d) il riconoscimento dei diritti al risarcimento dei danni alla professionalità ed alla immagine per essere stati pretermessi nella designazione del futuro capo del servizio legale; e) la rinuncia ad una serie indefinita di emolumenti indicati a titolo esemplificativo e non esaustivo; f) identità della somma erogata a ciascuno di loro (lire 500 milioni) a fronte di analoghe rinunce formulate da personale avente diverse vicende professionali; g) corresponsione una tantum del cospicuo importo di lire 500.000.000 in relazione al solo anno 2000 e, quindi, non con riferimento ai presunti diritti azionati a far tempo dagli anni '80, come indicato nella premessa degli atti; h) le parti avevano definito esplicitamente l'accordo concluso come novativo.

Da tutto ciò la Corte di merito ha tratto la logica conseguenza della insussistenza dell'obbligo contributivo in relazione alle somme versate ai legali Del V., Del V. e T. in sede di transazione.

20. Pertanto il ricorso principale di Intesa Sanpaolo s.p.a., il ricorso di T. N. e quello incidentale di Del V. P. e di Del V. G. vanno rigettati.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dei predetti ricorrenti e, liquidate come da dispositivo in favore dell'Inps, vanno poste a carico di ognuno dei ricorrenti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi della società I. S. P. s.p.a. e di T. N., nonché il ricorso incidentale; condanna ognuna delle parti costituite al pagamento in favore dell'Inps delle spese del presente giudizio nella misura di € 5200,00, di cui € 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.