Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2016, n. 13963

Tributi - Alternatività tra IVA e imposta di registro - Principio del consolidamento del criterio impositivo - Pretesa di un’imposta di tipo diverso (IVA) da quella versata (registro) - Legittimità - Obbligo del contribuente di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto

 

Ritenuto in fatto

 

1. L’Agenzia delle entrate di Modena, facendo proprie le risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F., in data 29 marzo 2006 notificava alla E. s.c. a r.l. un avviso di accertamento con cui operava la rettifica della dichiarazione IVA relativa all’anno di imposta 2000 recuperando a tassazione l’intero corrispettivo risultante dalla scrittura privata di "cessione di ramo d’azienda commerciale", autenticato nelle firme il 10 gennaio 2010, che la società aveva sottoposto a registrazione scontando l’imposta di registro proporzionale sul corrispettivo dichiarato, ma che la G.d.F., prima, e l’Agenzia delle entrate, dopo, avevano riqualificato come atto di trasferimento di beni e diritti da assoggettarsi ad IVA.

2. Avverso il predetto avviso di accertamento, la società presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena che annullava l’atto impositivo per decadenza dei termini di rettifica dell'atto. La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, dinanzi alla quale proponeva appello l’Agenzia delle entrate, con decisione n. 37 del 22 aprile 2010 confermava la sentenza di primo grado ritenendo che, in virtù del principio del consolidamento del criterio impositivo, non potesse essere operata alcuna modificazione dei titoli una volta decorso, come nel caso di specie, il termine di decadenza di tre anni dal giorno di pagamento della tassa di registrazione dell’atto, previsto dal d.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico motivo cui replica l’intimata società con controricorso.

4. La causa, inizialmente assegnata alla 6A sezione, è stata successivamente rimessa all’udienza pubblica.

 

Considerato in diritto

 

1. Con l’unico motivo del ricorso, l’Agenzia ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 77 d.P.R. n. 131 del 1986 e 57 d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

Sostiene la difesa erariale che i giudici di merito avevano equivocato sulla natura della rettifica operata dall’ufficio finanziario con l’atto impositivo impugnato, che non riguardava il valore dei beni ceduti con l’atto sottoposto a registrazione (cessione di ramo di azienda), bensì il diverso accertamento dell’imponibilità ad IVA dell’operazione negoziale posta in essere dalla società contribuente, riqualificata come <mero trasferimento del diritto al subentro nell’atto di concessione dei locali di proprietà del Comune di Modena, nonché dei singoli beni individualmente considerati (così nel processo verbale di constatazione ritrascritto nel motivo di ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza del medesimo), con la conseguenza che la società contribuente avrebbe dovuto emettere fattura ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 21, ed i termini per l’accertamento erano quelli previsti dall’art. 57 del citato decreto, prorogato dalla legge n. 289 del 2002, e non quelli più brevi previsti dal d.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, in tema di recupero dell’imposta di registro.

2. Il mezzo è da ritenersi fondato, sulla base del quadro normativo di riferimento e del principio di diritto secondo cui <il c.d. principio del consolidamento del criterio impositivo (in virtù del quale è precluso all'amministrazione finanziaria, decorso il termine previsto dall'art. 76 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, procedere ad una diversa qualificazione dell'atto presentato per la registrazione ed esigere di conseguenza una diversa imposta)>, nella specie applicato dal giudice di merito, <trova applicazione quando, essendo pacifica l’applicabilità dell'imposta di registro, sia in discussione la misura di essa. Quel principio non può, invece, trovare applicazione quando l’amministrazione finanziaria contesti al contribuente di avere assolto, in relazione all’atto, un’imposta di tipo diverso da quella dovuta> (Cass. Sez. 5, sent. n. 1405 del 22/01/2013; id. Sez. 5, sent. n. 18764 del 05/09/2014).

2.1. L’orientamento espresso da questa Corte nelle citate decisioni merita di essere confermato, fondandosi sulla condivisibile considerazione che il c.d. principio del consolidamento del criterio impositivo, applicato nella fattispecie dai giudici di merito, <è stato elaborato riguardo alla messa in discussione del criterio estimativo di tassazione (C. 7242/03 sul D.P.R. n. 634 del 1972, art. 74, ora TU D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76; conf. 6150/03 e 7835/01 sul D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77, C. 4025/12 sul D.P.R. n. 634 del 1972, art. 75, C. 9/76 sul R.D. n. 3269 del 1923, art. 136)>, mentre <in caso d’imposizione alternativa, non può rilevare il fatto storico che sia stato corrisposto un tributo, atteso che il contribuente ha l'obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettivo (in tal senso anche Cass. Sez. 5, sent. n. 18524 del 10/08/2010) e <non a caso, del resto, sono diversi i termini per l'azione di finanza: tre anni dalla data della registrazione dell’atto, ai sensi dell'art. 76 TUR, a fronte del più ampio termine fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, previsto per gli accertamenti in materia di IVA dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57>.

Pertanto, non sono violati i principi di alternatività dell'imposta, di consolidamento del criterio impositivo e di divieto di doppia imposizione (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 40, e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 67) allorché l’amministrazione finanziaria, in caso di cessione soggetta ad IVA, indichi questa come tributo dovuto ed escluda, invece, l’imposta di registro erroneamente corrisposta dall’acquirente. Infatti, ai fini dell'imposta di registro, va qualificata come cessione d’azienda il trasferimento contestuale al medesimo soggetto, anche se compiuto attraverso negozi formalmente distinti, di beni idonei, nel loro complesso e nella loro interdipendenza all’esercizio dell'impresa; per contro, sarà soggetta ad IVA, e non all'imposta di registro, la cessione di singoli beni, inidonei da soli a garantire l’attività produttiva dell'impresa (Cass. n. 1405 del 2013), dovendosi escludere decisività alla volontà delle parti o al "nomen iuris" attribuito all’atto posto in essere, occorrendo invece verificare se, in base agli elementi probatori disponibili, i beni complessivamente ceduti abbiano, o meno, mantenuto carattere autonomo idoneo a consentire l'esercizio dell'impresa, seppure con le integrazioni che il cessionario abbia dovuto eventualmente effettuare (Cass. sez. 5, sent. n. 10740 del 08/05/2013).

3. All’accoglimento del motivo consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna che, attenendosi ai principi di diritto enunciati, riesaminerà nel merito la vicenda processuale e provvederà alla liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.