Giurisprudenza - TRIBUNALE DI NAPOLI - Sentenza 07 febbraio 2017, n. 342

Rappoto di lavoro - Premio di risultato - Mancata corresponsione - Illegittimità del comportamento del datore di lavoro - Accertamento

 

Fatto e diritto

 

Con ricorso depositato in data 27.1.2016 il ricorrente in epigrafe, premesso di essere dipendente della (...) presso la dipendenza di (...) al 1-8.2005, in qualità di operaio, inquadrato nel 7° livello CCNL Metalmeccanica, chiedeva accertarsi e dichiararsi l’illegittimità del comportamento aziendale consistente nel non aver corrisposto al ricorrente il premio di risultato, quantomeno per la parte fissa, per gli anni 2013, 2014 e 2015 e per l’effetto condannare la convenuta al pagamento del predetto premio.

A fondamento del diritto esponeva che in data 25.6.2002, tra la (...) e le OO.SS. FIM. FIOM e UILM, in linea con l’accordo del 8.5.2002, veniva siglato accordo integrativo aziendale, a livello nazionale, che in sostanza prevedeva: l’assorbimento della quattordicesima e dei precedenti premi di risultato, l’introduzione di un superminimo individuale non riassorbibile e la previsione di un nuovo premio di risultato. Tale premio di risultato, secondo la prospettazione attorea, avrebbe, poi, costituito parte fissa e costante della retribuzione annuale percepita. Parte ricorrente allegava, inoltre, che in data 10.7.2012 la (...) comunicava che, a seguito di disdetta dei contratti integrativi, non avrebbe più erogato il premio di risultato, nelle sue componenti fissa e variabile (c.d. A+B). Di conseguenza la convenuta, dall’anno 2013 in poi, ha smesso di erogare il premio di risultato.

Sottolineava, infine, che il premio di risultato, sancito nell’accordo del 25.6.2002, era direttamente regolamentato dall’art. 9 CCNL Metalmeccanici 8.6.1999, il quale esclude che i premi di produzione possano essere oggetto di successiva contrattazione collettiva e, dunque, disdettati in via unilaterale, quantomeno nella parte "fissa", dal datore di lavoro.

Si costituiva la convenuta che resisteva al ricorso, chiedendone il rigetto.

Istruita documentalmente, all’odierna udienza la causa veniva discussa e decisa.

Rileva il Tribunale che la domanda di pagamento del premio di risultato relativo agli anni 2013-2015 è infondata e va pertanto respinta.

Dall’istruttoria documentale è emerso che la fonte del diritto al conseguimento del premio di risultato è costituita dall’accordo del 25.6.2002, preceduto dall’accordo del 8.5.2002, nonché dal successivo accordo del 21.5.2008.

L’accordo firmato il data 25.6.2002 prevede, infatti, l’introduzione del "Premio di Risultato", a decorrere dal 2002, individuando gli aventi diritto al premio, l’individuazione dei fattori di successo e degli obiettivi e i criteri di quantificazione dello stesso.

Nello stesso atto è previsto, inoltre, all’art. 6 che: "il presente accordo ha validità a tutto il 31.12.2005; l’ultima erogazione avverrà nel mese di maggio 2006.

Qualora non intervenga disdetta da una delle parti, a mezzo raccomandata A. R., almeno quattro mesi prima della scadenza, l’accordo verrà prorogato di anno in anno " (cfr. doc. n. 2 della produzione di parte resistente).

Nell’accordo del 21.5.2008, inoltre, le parti, preso atto della vigenza dell’accordo del 25.6.2002, individuano nuovi indicatori per il "Premio di Risultato", intendendo così procedere al rinnovo della precedente statuizione. Anche in questo caso, individuati gli obiettivi, i fattori indicatori di successo e gli aventi diritto al premio, è statuito, all’art. 6, che: "il presente accordo ha validità per gli anni 2008-2011; l’ultima erogazione avverrà, verificandosene le condizioni, nel mese di maggio 2012. Qualora non intervenga disdetta da una delle Parti, a mezzo raccomandata A.R., almeno tre mesi prima della scadenza, l’accordo verrà prorogato di anno in anno" (cfr. doc. n. 6 della produzione di parte resistente).

E’ opportuno premettere, in linea generale, che l’instaurazione di un rapporto contrattuale, stipulato in forza di un valido ed efficace accordo negoziale, comporta la nascita di un vincolo che non può essere posto nel nulla per iniziativa unilaterale, salvo che non siano previste previsioni contrattuali che attribuiscono ad una o a entrambe le parti il potere di estinguere unilateralmente il rapporto attraverso l’esercizio del potere di recesso.

Nel caso in esame è stato previsto dalla stessa normativa contrattuale l’istituto della disdetta (cfr. art. 6 accordi del 25.6.2002 e del 21.5.2008, in atti).

La disdetta è la dichiarazione con la quale si paralizza un meccanismo (legale o negoziale) di rinnovo automatico, alla scadenza, di un rapporto contrattuale.

Dall’interpretazione letterale degli accordi aziendali posti a fondamento del diritto al conseguimento del "Premio di Risultato" si evince che entrambi gli accordi avevano una scadenza prefissata, nonché un sistema di rinnovo ogni successivo anno, salva la possibilità di disdetta, che doveva intervenire nei termini fissati nell’accordo (quattro mesi prima della scadenza, per l’accordo siglato nel 2002; tre mesi prima della scadenza, per l’accordo stipulato nel 2008).

Il rinnovo annuale, in assenza di disdetta, ha la durata di un anno solare, con scadenza il 31 dicembre.

A seguito dei taciti rinnovi, entrambi gli accordi sarebbero dovuti scadere, dunque, il 31.12.2012.

E fatto incontestato, nonché provato per tabulas, che la (...) ha provveduto ad esercitare il proprio diritto a non rinnovare il contratto per l’anno 2013, comunicando la disdetta con raccomandata A. R., anticipata a mezzo fax, del 2.4.2012 ("la nostra società intende quindi denunziare con la presente tutti gli accordi sindacali, le prassi ed i contratti collettivi aziendali applicabili ed applicati dalla nostra società, compresi quelli che prevedono una clausola di rinnovo alla scadenza - per i quali la presente vale anche come espressa disdetta - il tutto con effetto a far data dal 15.4.2012" - cfr doc. n. 7 della produzione di parte resistente).

La società convenuta ha, dunque, esercitato la disdetta nei termini (entro quattro / tre mesi prima della scadenza) e secondo le modalità previste dal contratto.

In sostanza con tale dichiarazione, prevista dall’art. 6 degli accordi del 25.5.2002 e del 21.8.2008 (doc. n. 3 e doc. n 6 produzione resistente), la convenuta ha ottenuto l’effetto di paralizzare il meccanismo di rinnovo automatico del rapporto contrattuale, alla scadenza del 31.12.2012.

Inoltre, osserva il Tribunale, che il tenore onnicomprensivo della disdetta rende superflua la questione della qualificazione degli elementi, fissi e/o variabili, che componevano l’emolumento, dal momento che il mancato rinnovo ha interessato tutti gli accordi contrattuali aziendali esistenti, indipendentemente dal tipo di istituto retributivo, "fisso e/o variabile"; né sono emersi elementi che possono far desumere che la disdetta si applichi a solo una quota del premio di risultato.

Per quanto riguarda, inoltre, la tesi sostenuta dall’attore in ordine alla impossibilità di disdettare il premio di risultato, in quanto istituito dal CCNL applicato dal (...) osserva che dalla lettura dei contratti prodotti l’unico rapporto che si evince tra il CCNL e la contrattazione aziendale è la mera facoltà concessa dal primo alla seconda circa la possibile introduzione di forme variabili di retribuzione.

Al primo comma dell’art. 9 del ccnl si legge, infatti, che: "Nelle aziende di cui al punto 6) ..(...)., la contrattazione aziendale con contenuti economici è consentita per l'istituzione di un Premio annuale calcolato solo con riferimento ai risultati conseguiti.. (......) L’uso della locuzione "è consentita" è indice della mera facoltà, rimessa alla contrattazione aziendale, di introdurre o meno il premio di risultato. Inoltre la riconducibilità dell’istituto alla contrattazione aziendale è confermata al terzo comma dello stesso articolo, quando si prevede che: "gli importi, i parametri ed i meccanismi utili alla determinazione quantitativa dell’erogazione connessa al premio di risultato saranno definiti contrattualmente dalle parti in sede aziendale".

Dunque, la facoltà di introdurre il premio di produttività è rimessa alla contrattazione aziendale e non è imposta, a monte, dalla contrattazione collettiva.

Ciò è confermato dal fatto che il Premio di risultato è stato istituito nella compagine aziendale di (...) dall’Accordo Aziendale del 25 giugno 2002 che, in ottemperanza a quanto concordato con il precedente Accordo dell’8 maggio 2002 (doc. 2 parte ricorrente), ha determinato i criteri, le condizioni e fissato i parametri per la quantificazione dello stesso.

E comunque, in ogni caso, in ordine alla prospettata irretrattabilità del premio di risultato, si osserva che l’art. 9 CCNL Metalmeccanici del 8.6.1999 di cui si discorre, all’ultimo comma, prevede che: "I premi di produzione di cui al comma precedente, gli altri premi ed istituti retributivi di analoga natura eventualmente già presenti in azienda non saranno più oggetto di successiva contrattazione; .. (....)".

La norma contrattuale, nel prevedere l’irrevocabilità dei premi di produzione ed i premi ed istituti retributivi di analoga natura fa esplicito riferimento a quelli eventualmente già presenti in azienda alla data della stipula, e cioè alla data del 8.6.1999.

Parte ricorrente non ha allegato, prima ancora che provato, che il premio di produttività di cui si discorre fosse già presente in azienda e, dunque, riconosciuto in epoca antecedente al 1999. Anzi, al contrario è emerso che tale istituto è stato introdotto solo con l’accordo aziendale siglato nel 2002; pertanto non potrebbe in ogni caso applicarsi l’ultimo comma dell’art. 9 CCNL del 8.6.99 al premio di produttività oggetto di causa.

Non si riscontra, infine, un comportamento concludente, tenuto da parte convenuta volto a rinnovare, almeno in parte, l’accordo che prevedeva l’erogazione del premio di risultato, emergendo, al contrario, dalla documentazione in atti (doc. nn. 10, 11, 12,13 e 14 della produzione di parte convenuta), l’inequivocabile volontà di disdettare gli accordi collettivi aziendali ed in particolare l’erogazione del premio.

In conclusione, individuata la fonte del diritto al premio di risultato negli accordi aziendali, di cui in premessa, esclusa la riconducibilità dell’istituto all’art. 9 della contrattazione collettiva e verificato il corretto esercizio del potere di disdetta, può ritenersi legittimo il comportamento aziendale di non corrispondere il premo per gli anni successivi al 2012.

Il ricorso, pertanto, non può essere accolto.

Spese compensate, data la assoluta novità della questione trattata nonché la complessità dell’interpretazione della normativa contrattuale dirimente.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente pronunziando, respinta ogni diversa istanza, deduzione, eccezione, così provvede:

a) Rigetta il ricorso.

b) Compensa le spese di lite.