Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 maggio 2017, n. 10662

Fallimento - Capitale - Ammissione al passivo - Credito per interessi - "Tasso-soglia"

Fatto e diritto

 

1. — Con sentenza numero 4409 del 3 luglio 2014 la Corte d'appello di Roma ha parzialmente accolto l'opposizione proposta da N.C. S.p.A. allo stato passivo del Fallimento E. S.r.l., ammettendo il credito fatto valere in sede di insinuazione limitatamente alla sorte capitale.

Avverso tale pronuncia il Fallimento E. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, resistito da A. NPL O. S.r.l., e per essa U.C.M.B. S.p.A.., N.C. S.p.A. non ha svolto difese.

2. — Il motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. con riferimento all'articolo 360 numero 3 c.p.c., deducendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la curatela non avesse contestato il credito vantato dalla banca, tanto per la sorte capitale che per gli interessi ultralegali.

3. Il motivo è fondato.

Il Fallimento ricorrente ha dedotto un vizio di attività, quale la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, evidentemente riconducibile non già al numero 3 del primo comma dell'articolo 360 c.p.c. (che ha tratto alla violazione della legge sostanziale), bensì al successivo numero 4: tuttavia tale errore è da considerare irrilevante alla luce del principio enunciato da Cass. S.u. n. 17931/2013.

Ciò detto, la Corte territoriale ha fondato la propria decisione sull'assunto che, all'udienza del 26 gennaio 2005, il curatore del Fallimento avrebbe dichiarato di non opporsi all'ammissione al passivo della sorte capitale vantata e di contestare soltanto il credito per interessi, in ragione dell'applicazione di tasso superiore al cosiddetto «tasso-soglia».

Si deve tuttavia osservare anzitutto osservare che,  in tema di verificazione del passivo, il principio di non contestazione, che pure ha rilievo quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta l'automatica ammissione del credito allo stato passivo sol perché non sia stato contestato dal curatore, competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove (Cass. 6 agosto 2015, n. 16554, ove si precisa che il principio di non contestazione, che costituisce solo una tecnica di semplificazione di formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, non può prevalere rispetto ai risultati dell'istruzione probatoria, positivamente esperiti od acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo).

Va da sé che il "tribunale ben poteva giudicare non provata la erogazione degli importi mutuati, sul rilievo che la banca non aveva «dimostrato di avere veramente erogato in favore della società fallita le somme di cui ai contratti di mutuo. Dall'esame dei contratti di mutuo, infatti, si evince che gli importi finanziati potevano essere erogati solo in epoca successiva alla stipula del contratto di mutuo e, per di più, con atto separato e dietro rilascio di quietanza da parte del beneficiario del finanziamento».

Dopodiché occorre aggiungere che, a fronte di una iniziale istanza di ammissione al passivo per €. 95.714,23, il Fallimento, con comparsa depositata il 15 aprile 2005, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dell'istanza ed in subordine rigettarsi la medesima, evidenziando le contraddizioni nell'indicazione degli importi, delle date e del residuo capitale, nonché la genericità dell'estratto conto riepilogativo, che non consentiva di verificare l'iter seguito per pervenire alla quantificazione delle singole partite, palesandosi al contrario di carattere oltremodo generico ed indefinito ed essendo comunque errato nella quantificazione operata. Il Fallimento ha infine concluso dinanzi al Tribunale per il rigetto della domanda, chiedendo poi in appello il rigetto dell'impugnazione e la conferma della decisione impugnata.

Va da sé che la Corte d'appello ha errato nel ritenere che il credito azionato per capitale non fosse stato contestato.

Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello in diversa composizione, che riesaminerà la controversia, esclusa la non contestazione posta a fondamento della decisione adottata.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.