Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 novembre 2017, n. 28059

IVA, IRPEF, IRAP - Accertamento - Stabile organizzazione in Italia del soggetto residente all'estero

Fatti di causa

1. L'Agenzia delle entrate ricorre con un motivo per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia che, con la sentenza n. 85/01/09, depositata il 16.12.2009 e non notificata, ha confermato la prima decisione con la quale erano stati annullati gli avvisi di accertamento per IVA, IRPEF, IRAP, concernenti gli anni di imposta tra il 1998 ed il 2002, nei confronti di M.K., cittadino sloveno titolare di una ditta individuale omonima, specializzata in lavori di tubisteria e piccola carpenteria navale.

L'Amministrazione, rappresentando che K., inizialmente da solo e poi con un gruppo di operai, fino al 2003 aveva lavorato in regime di sub-appalto presso cantieri della società italiana C. o sulle imbarcazioni in allestimento presso i cantieri di quella, senza istituire, con riferimento all'attività svolta in Italia, alcuna contabilità ed omettendo la presentazione di dichiarazioni fiscali - sia per le imposte dirette, che ai fini IVA -, aveva ritenuto che tale attività fosse riconducibile al concetto di "stabile organizzazione in Italia del soggetto residente all'estero" disciplinata dall'art. 20, lett. e) del d.P.R. n. 917/1986, ed aveva sottoposto a imposizione il reddito prodotto da questi nel territorio italiano per effetto di una attività economica a carattere continuativo.

2. Il giudice di appello ha affermato che le circostanze di fatto acquisite in atti non consentivano di riconoscere la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia in capo all'impresa del K..

Ha considerato che le attività presso i cantieri della committente erano svolte da operai che quotidianamente passavano la frontiera e che si avvalevano di modesti attrezzi custoditi presso i luoghi di lavoro, e che l'Ufficio non aveva chiarito le ragioni per cui detti cantieri, nella titolarità dell'appaltante, assumevano una rilevanza strumentale rispetto alla natura delle prestazioni ed all'attività svolta dalla ditta del K., funzionale alla produzione del reddito; ha altresì escluso che fosse ravvisabile la stabile organizzazione sotto il profilo personale, posto che il K. aveva stipulato contratti a titolo personale e non già in qualità di agente designato da impresa estera ed in modo episodico. Da ultimo ha ritenuto che l'avviso di accertamento concernente le ritenute alla fonte non fosse adeguatamente motivato.

3. La parte privata non ha svolto difese.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. Con l'unico motivo, articolato in tre profili, l'Agenzia ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della convenzione tra l'Italia e la Jugoslavia, stipulata il 24.02.1982 e ratificata dall'Italia con la legge n. 974/1984 e la violazione dell'art. 23 (nuovo T.U.I.R.) del d.P.R. n. 917/1986 (art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.)

2.1. In merito al primo profilo, concernente la dedotta sussistenza della stabile organizzazione materiale, la ricorrente sostiene che la corretta interpretazione della convenzione OCSE - testo di riferimento ratione temporis, essendo i fatti in contestazione anteriori alla riforma del - prevede che il cantiere, rientrante nelle ipotesi elencate ai commi 2 e 3 dell'art. 5 del Modello OCSE possa essere considerato a priori quali "stabile organizzazione", qualora si sia avverata la mera condizione temporale costituita dalla protrazione dello stesso per un periodo di almeno dodici mesi, senza che debbano ricorrere i requisiti generali richiesti dal comma 1, ove è indicato quale elemento fondamentale "Una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività" e, in specie, risultando "ininfluente l'esame in merito alla natura dell'attività posta in essere dall'impresa del K. (strumentale o meno) rispetto all'impresa della committente C." (fol. 24 del ricorso).

A suo giudizio nel caso in esame era configurabile la stabile organizzazione, poiché l'attività era stata svolta presso cantieri che si erano protratti ben oltre i dodici mesi.

2.2. Il motivo è infondato e va respinto.

2.3. La convenzione stipulata tra l'Italia e la Repubblica Iugoslava, per evitare la doppia imposizione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (ratificata con L. n. 974 del 1984), dispone all'art. 7, paragrafo 1, che "gli utili di un'impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se l'impresa svolge in tal modo la sua attività, gli utili dell'impresa sono imponibili nell'altro Stato ma soltanto nella misura in cui detti utili sono attribuibili alla stabile organizzazione"; analogo collegamento e previsto, al paragrafo 2, per il caso in cui l'impresa di uno Stato svolga la sua attività anche nell'altro Stato "per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata", prevedendo, appunto, l'imponibilità in ciascuno Stato degli utili attribuibili a detta stabile organizzazione, come se si trattasse "di un'impresa distinta e separata ... e in piena indipendenza dall'impresa di cui essa costituisce una stabile organizzazione". La definizione di "stabile organizzazione" è contenuta nel paragrafo 1 dell'art. 5 della Convenzione (riproduttivo, in sostanza, del testo dell'art. 5 del modello di convenzione OCSE) secondo cui tale espressione sta a designare "una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività"

Per l'imponibilità del reddito d'impresa del soggetto non residente, è necessaria quindi: una presenza che sia incardinata nel territorio dell'altro Stato contraente e dotata di una certa stabilità; una sede di affari capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito; un'attività autonoma rispetto a quella svolta dalla casa madre, dovendo aggiungersi che, ai fini dell'applicazione delle imposte dirette, la relativa indagine deve essere condotta non solo sul piano formale, ma anche - e soprattutto - su quello sostanziale (cfr. Cass. n. 20597/2011, 1103/2013).

2.4. Osserva la Corte che la CTR, richiamato il quadro normativo di cui sopra, con un diffuso accertamento in fatto che risulta preclusivo non essendo stato censurato sul piano motivazionale, ha escluso la assoggettabilità a tassazione del reddito prodotto in Italia dal cittadino sloveno rimarcando, nell'esame della fattispecie concreta, che i contratti di appalto erano due (uno del 1996 e l'altro del 2001), che le prestazioni svolte dagli operai della ditta individuale K. presso i cantieri venivano eseguite con modesti attrezzi che, per mera comodità, venivano custoditi presso i cantieri delle committenti e che l'Ufficio non aveva provato, come avrebbe dovuto, che i cantieri stessi (intesi come complessiva organizzazione) assolvevano una rilevante funzione strumentale rispetto alle attività ivi eseguite dagli operai della ditta K., mentre si era limitata alla mera prospettazione -senza provarla - dell'esecuzione di lavorazioni di complessità tale da richiedere una attrezzatura diversa da quella in dotazione agli operai ed una specifica organizzazione di cantiere, con carattere strumentale rispetto alla natura delle prestazioni eseguite.

In particolare ha affermato la CTR "Concorda questa Commissione nel ritenere giuridicamente corretto il dedurre l'esistenza di una stabile organizzazione (...) solo con riferimento a soggetti per i quali la struttura materiale possa venir riguardata e qualificata alla stregua di una risorsa strumentale in senso proprio, ovvero una struttura organizzata dall'imprenditore o precostituita da un soggetto terzo, ma comunque strumentale e funzionale alla produzione del reddito di impresa" (fol. 5) ed ha quindi escluso che la sola circostanza che l'attività dell'impresa K. si svolgesse presso i cantieri organizzati dalle committenti o sub- committenti potesse rilevare ai fini dell'individuazione della stabile organizzazione dell'impresa slovena, se non venivano individuate "le ragioni per le quali i suddetti cantieri avrebbero assunto una rilevanza strumentale rispetto allo svolgimento dell'attività commessa alla predetta impresa e funzionali alla correlata e conseguente produzione del reddito".

2.5. Tale conclusione costituisce un accertamento in fatto, compiuto dalla CTR alla stregua della normativa richiamata, con un'indagine svolta sul piano eminentemente sostanziale, in linea con la giurisprudenza di legittimità richiamata, che non risulta contestato su piano motivazionale.

2.6. Sulla scorta della normativa già ricordata, va infatti osservato che gli elementi costituivi della stabile organizzazione c.d. materiale, desumibili dalla definizione contenuta nel primo comma dell'art. 5 della Convenzione OCSE «Una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività», sono due: uno materiale ed oggettivo, individuato con l'espressione "sede fissa di affari" ed uno dinamico, laddove si esige che ivi l'impresa eserciti in tutto o in parte la sua attività.

Invero la disposizione in materia prevede alcuni casi esemplificativamente ricompresi nell'espressione "stabile organizzazione": tra questi rientra il c.d. cantiere di costruzione o di montaggio la cui durata superi i dodici mesi. Non si tratta, tuttavia, di casi eccentrici rispetto alla definizione generale, e pertanto si deve affermare che anche in relazione a tali casi spetta al giudice del merito -come è avvenuto nel caso in esame - verificare in concreto la ricorrenza della stabile organizzazione, sia in relazione agli elementi costitutivi generali, che alla luce degli ulteriori elementi specifici caratterizzanti la fattispecie (ad es. durata del cantiere).

2.7. Ciò posto va ribadito che l'apprezzamento del giudice dei merito sulla ricorrenza della stabile organizzazione oggettiva costituisce un giudizio di fatto, che può essere censurato in Cassazione, ove non sia sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici, ma, nel presente caso, tale denuncia non è stata svolta.

3.1. In merito al secondo profilo della doglianza, concernente la sussistenza della stabile organizzazione sotto il profilo personale e soggettivo, l'Agenzia ha dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR i contratti con le società italiane non erano stati stipulati in modo episodio, ma annualmente.

3.2. La censura proposta in relazione a questo profilo è inammissibile poiché non risponde all'archetipo del vizio per violazione di legge dedotto: quanto accertato in fatto dalla CTR avrebbe dovuto essere eventualmente contestato sui piano motivazionale.

4.1. La ricorrente, con un terzo profilo di censura, ha altresì denunciato la erroneità della considerazione finale formulata dalla CTR, qualora la stessa dovesse essere considerata come una autonoma statuizione, ove questa, pur dichiarando di non volersi pronunciare sulla eccezione di nullità dell'avviso di accertamento in materia di ritenute di acconto per vizio motivazionale, ne ha sostanzialmente ravvisato la fondatezza.

4.2. Questa doglianza è inammissibile perché, a prescindere dalla difettosa formulazione, in quanto priva del riferimento alle disposizioni normative che si ritengono violate, il passo censurato si configura come un obiter dictum, privo di contenuto decisorio, anche perché altrimenti confliggente con la pronuncia assunta nel merito.

5. In conclusione il ricorso va rigettato. Non si fa luogo alla statuizione sulle spese, stante la contumacia dell'intimato.

 

P.Q.M.

 

- Rigetta il ricorso.