Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 gennaio 2018, n. 145

Trasferimento di ramo d'azienda - Ricorso introduttivo - Carenze sotto il profilo del petitum e della causa petendi - Insussistenza dell’interesse all'impugnazione - Utilità derivante dall'accoglimento del gravame e soccombenza, anche parziale, intesa in senso sostanziale e non formale

 

Fatti di causa

 

Il Tribunale di Milano dichiarava nullo il ricorso proposto da B.V. nei confronti di A.L.I. s.p.a. inteso a conseguire la declaratoria di illegittimità del trasferimento di ramo d'azienda in favore di S. s.p.a., e rigettava le ulteriori domande proposte concernenti la reintegra nel proprio posto di lavoro e la condanna in solido delle società al risarcimento dei danni.

Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte distrettuale che respingeva l'appello spiegato dalla società con il quale era stata invocata la reiezione della domanda proposta dal lavoratore volta all'accertamento della illegittimità del trasferimento di ramo d'azienda in favore della S. s.p.a. sul rilievo che il ricorso introduttivo palesava carenze tali - sotto il profilo del petitum e della causa petendi - da non risultare idoneo a prospettare gli elementi necessari all'esercizio del potere di indagine da parte del giudicante.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la A.L.I. s.p.a. affidato a quattro motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso B.V..

Il Fallimento S. s.p.a. è rimasto intimato.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il Collegio ha autorizzato la stesura di motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14/9/2016.

2. Con il primo motivo viene denunciata contraddittoria motivazione ai sensi dell'art. 360 comma primo n. 5 c.p.c..

Si lamenta che la Corte distrettuale abbia concluso per la nullità del ricorso sulla base non della mancanza assoluta della causa petendi, ma della sua genericità. Si deduce che la contraddittorietà dell'iter logico che innervava l'impugnata sentenza si era evidenziata anche laddove la Corte aveva ritenuto non addotti elementi concernenti la consistenza e l'autonomia del ramo ceduto, argomentando in ordine ad una carenza probatoria della domanda, inconciliabile logicamente, con la affermata nullità della stessa.

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 414 n. 5 c.p.c.e 2697 c.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. dolendosi che la Corte di merito abbia ritenuto di applicare la fattispecie di cui all'art. 414 n. 4 c.p.c. anziché quella di cui al n. 5 della stessa disposizione, e non abbia fatto corretta applicazione dei principi in tema di onere della prova, pervenendo alla reiezione della domanda.

4. Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 420, 421 e 164 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.. Si argomenta che, una volta rilevata una carenza del ricorso introduttivo nella individuazione della causa petendi, il giudice del gravame avrebbe dovuto ordinare l'integrazione della domanda. In mancanza, la nullità era da ritenersi sanata ed il ricorso da rigettare.

5. Con la quarta censura la società denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.. Afferma che in mancanza di un'eccezione di parte, il giudice non potrebbe pronunciare la nullità del ricorso a ciò ostando la circostanza che l'atto avrebbe comunque raggiunto lo scopo.

6. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi siccome connessi, sono infondati.

Sulla questione in rito oggetto di scrutinio, questa Corte ha affermato il principio, che va qui ribadito, secondo cui non sussiste l’interesse del convenuto ad impugnare una sentenza di mero rito dichiarativa della nullità della domanda, in assenza di proposizione di una domanda riconvenzionale di accertamento, poiché l’interesse all'impugnazione va apprezzato in relazione all'utilità concreta che possa derivare dall'accoglimento del gravame e si collega alla soccombenza, anche parziale, intesa in senso sostanziale e non formale (vedi Cass. 4/5/2012, n. 6770; Cass. 10/11/2008, n. 26921), connessa ad una statuizione del giudice idonea ad arrecare pregiudizio alla parte (vedi ex plurimis Cass. 11/7/2014 n. 16016).

La soccombenza è pertanto condizione costitutiva dell'interesse all'impugnazione, che in essa ha origine e consegue ad una statuizione del giudice a quo capace di arrecare pregiudizio alla parte, che tende a rimuoverlo, proprio con il rimedio dell'impugnazione: ma una situazione di pregiudizio per il convenuto non può configurarsi nel fatto che detto giudice, ravvisando un ostacolo processuale all'esame della domanda, ne riconosca la soggezione a siffatta situazione ostativa, anziché esaminarla nel merito; salva - come si è detto - la tempestiva domanda riconvenzionale dello stesso convenuto di un esame nel merito della domanda avversaria (Cass. S.U. 3/11/2005, n. 21289; Cass. 4/7/2002, n. 9710), nel caso di specie, tuttavia assente.

7. Né la soccombenza del convenuto e il suo conseguente interesse ad impugnare la sentenza sono da escludere nel caso di declaratoria di nullità dell'atto introduttivo del giudizio, allorquando sia stata pronunciata d'ufficio senza sollecitazione del convenuto medesimo, atteso che l'interesse di quest'ultimo va riferito alla sua posizione di soggetto passivo rispetto alla pretesa dell'attore che circoscrive e condiziona il tema litigioso, sicché quell'interesse deve ritenersi totalmente soddisfatto da una sentenza che, sia pure per ragioni processuali, comunque "non accoglie" la domanda, a meno che lo stesso convenuto non avesse tempestivamente formulato domanda riconvenzionale chiedendo a sua volta l'esame del merito (vedi Cass. cit. n. 9710/2002).

8. Sotto altro versante va rimarcato che neanche rileva, in contrario, la considerazione che, di fronte ad una dichiarazione di nullità o di inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, l'attore potrebbe reiterare la domanda in un nuovo processo.

Si è infatti osservato che l'interesse ad impugnare deve essere interno al processo, per la ricorrenza di un concreto interesse dipendente da un pregiudizio connesso alla statuizione del giudice e non derivante da ragioni estranee, quali in particolare la considerazione che, di fronte ad una dichiarazione di nullità o di inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, l'attore potrebbe reiterare la domanda in un nuovo processo, atteso il carattere meramente eventuale di tale comportamento (cfr. Cass. cit. n. 16016/2014, Cass. 8/2/2003 n. 1915).

In definitiva la pronuncia impugnata, coerente con i principi testé richiamati, è conforme a diritto, onde resiste alle censure all'esame.

Consegue la condanna della società alla rifusione delle spese di lite in favore del V. nella misura in dispositivo liquidata.

Nessuna statuizione va emessa nei confronti del Fallimento S. s.p.a. che non ha svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di B.V. che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge; nulla per le spese nei confronti del Fallimento S. s.p.a.