Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 febbraio 2018, n. 2873

Tributi - Accertamento - IVA - Difetto di contraddittorio endoprocedimentale - Nullità dell’atto - Necessaria la prova in sede di giudiziale di ragioni non pretestuose da far valere in sede amministrativa a propria difesa

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 3283/45/2016, depositata l’8 aprile 2016, la CTR della Campania accolse l’appello proposto dall’avv. G. P. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso sentenza della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso avvisi di accertamento per IVA, IRES ed IRAP per l’anno 2008.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

L’intimato non ha svolto difese.

Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, commi 1 e 7 della L. n. 212/2000, nonché dei principi affermati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 3 luglio 2014 nelle cause riunite C-129/13 e C-130/13, R.I.L. R I e altri, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, con specifico riferimento all’IVA, ha ritenuto che l’emissione ante tempus dell’atto impositivo, in violazione dell’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000, fosse di per sé causa di annullamento dell’atto medesimo, senza che fosse in alcun modo accertato l’assolvimento o meno da parte del contribuente dell’onere di specifica enunciazione, in sede giudiziale, delle ragioni, non meramente pretestuose, che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa se il termine dilatorio di cui al succitato comma 7 dell’art. 12 della l. n. 212/2000, fosse stato rispettato.

Il motivo è manifestamente fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), premesso che l’art. 12, comma 7 della l. n. 212/2000 si applica ai soli casi di accesso ed ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, hanno posto la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, chiarendo che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943).

La sentenza impugnata, in relazione all’IVA, si è limitata a rilevare l’emanazione dell’atto impositivo senza che fosse osservato il termine dilatorio previsto dalla succitata norma ed in difetto dell’esplicitazione di una ragione di urgenza, omettendo qualsiasi verifica in punto di assolvimento da parte del contribuente dell’onere di specifica enunciazione, in sede giudiziale, delle ragioni, non meramente pretestuose, che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa se il termine dilatorio di cui al succitato comma 7 dell’art. 12 della l. n. 212/2000, fosse stato rispettato.

In tal modo, pertanto, la sentenza impugnata si è posta in violazione del principio di diritto espresso dalla summenzionata pronuncia delle sezioni Unite di questa Corte e dalla successiva giurisprudenza conforme citata.

Il ricorso va pertanto accolto, a ciò conseguendo la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, che verificherà se il contribuente abbia o meno rispettato l’onere di specifica enunciazione delle ragioni, non meramente pretestuose, che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa se detto termine fosse stato rispettato.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.