Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 gennaio 2017, n. 862

Socio lavoratore - TFR - Fondo di garanzia

Svolgimento del processo

 

La Corte di appello di L'Aquila confermava la sentenza resa dal Tribunale di Vasto con cui era stata respinta la domanda proposta da D.M.V. nei confronti della C.F. a r.l. volta a conseguirne la condanna al pagamento dell'importo ad esso spettante a titolo di TFR, quale socio lavoratore in relazione alla attività di lavoro espletata nel periodo maggio 1992-aprile 2006.

La Corte distrettuale perveniva a tali conclusioni sull'essenziale rilievo che l'art. 24 l. 196/1997 - con il quale erano state estese ai crediti dei soci delle cooperative di lavoro le disposizioni dirette a garantire l'effettivo pagamento del TFR mediante l'istituzione di un fondo di garanzia - non faceva venir meno il principio in base al quale la sua erogazione è subordinata alla previsione stabilita in via negoziale. Precisava, poi, che neanche la legge n. 142/2001 configurava l'emolumento come un diritto del socio lavoratore, limitandosi a stabilire all'art. 3 che le cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto, non inferiore ai minimi previsti per prestazioni analoghe, dai c.c.n.I. di settore. Negava, infine che la documentazione prodotta da parte del ricorrente, fosse indicativa del riconoscimento, in fatto, dell'emolumento oggetto del diritto azionato.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il D.M. con un unico articolato motivo. Resiste con controricorso la società Cooperativa intimata.

 

Motivi della decisione

 

1. Con unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. 142/2001 come modificata dalla l. 30/2003 e dell'art. 24 l. 196/97 nonché omessa e/o insufficiente motivazione su fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c..

Si duole che la Corte distrettuale abbia omesso di considerare il quadro normativo di riferimento e l'interpretazione resane dalla giurisprudenza di legittimità ormai orientata nel riconoscere una tendenziale equiparazione dei soci delle cooperative di lavoro ai lavoratori subordinati per quanto riguarda i crediti di lavoro, la tutela previdenziale ed il tfr.

Lamenta altresì l'omesso esame di documentazione (segnatamente il CUD 2003 ed alcune buste paga relative agli anni 2001 e 2002) dai quali era desumibile l'accantonamento di importi a titolo di tfr.

2. Il ricorso è fondato e va accolto entro i termini che si vanno ad esporre.

La cornice normativa in cui si inscrive la questione qui delibata, è stata definita dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi Cass. 11/6/2010 n. 14076) che ha rimarcato come la L. n. 196 del 1997 (art. 24) abbia espressamente disposto l'estensione ai soci lavoratori della disciplina in materia di fondo di garanzia per il TFR (L. n. 297 del 1982, art. 2) e l'intervento del fondo medesimo per la garanzia dei crediti in caso di insolvenza (D.Lgs. n. 80 del 1992, artt. 1 e 2). Sulla scia di precedenti decisioni (Cass. 13/1/2000 n. 304; Cass. 19/4/2001 n. 5759), è stata confermata la portata retroattiva delle nuove disposizioni; la estensione dell'intervento a tutti i casi in cui la tutela sia prevista per i lavoratori dipendenti, e ciò "a prescindere dal tipo di prestazione lavorativa (se conforme, o meno, a quanto previsto nel patto sociale) e, quindi, dalla sussistenza o meno della subordinazione, cui la precedente giurisprudenza di questa Corte collegava l'applicabilità ai soci delle norme a tutela del lavoro dipendente" (così Cass. 13/1/2000 n. 304).

3. Ciò a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all'entrata in vigore della disposizione, attesa la "ratio" della norma transitoria, che riconosce rilevanza all'assicurazione volontariamente istituita dalle cooperative, e la finalità dell'intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per TFR nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall'autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti quali il versamento della prescritta contribuzione (cfr. Cass. 24/7/2004 n. 13956; Cass. 3/8/2004 n. 14878, Cass. cit. n. 14076/2010 cui adde Cass. 10/5/2016 n. 9479).

E tali principi meritano di essere confermati in questa sede, non avendo la legge n. 142/2001 innovato sul punto, per essersi limitata (art. 3) a sancire il diritto del socio lavoratore a percepire un trattamento economico complessivo proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, alla contrattazione collettiva nazionale o della categoria affine ovvero per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

4. Non può peraltro, tralasciarsi di considerare che la Corte territoriale - pur avendo correttamente prospettato la validità di discipline pattizie dirette a riconoscere anche al socio lavoratore di una cooperativa il diritto al trattamento di fine rapporto, avente inequivoca natura retributiva (cfr. Cass. 23/3/2001 n. 4261 e Cass. Sez. Un. 26/9/2002 n. 13988) ritenendole tuttavia non sussistenti nello specifico per la mancanza di specifiche disposizioni statutarie che disciplinano l'istituto - è incorsa in difetto di motivazione laddove ha disconosciuto l’esistenza di idonei elementi atti a comprovare la volontà della Cooperativa di riconoscere al ricorrente il diritto al t.f.r. anche per facta concludentia.

Il giudice dell'impugnazione ha infatti omesso di valutare compiutamente il comportamento posto in essere dalla Cooperativa e trasfuso nella documentazione versata in atti (prospetti paga relativi agli anni 2000-2003 e nel modello CUD 2003) riprodotti dal ricorrente nella presente sede per il principio della autosufficienza, ed attestanti gli accantonamenti per t.f.r. disposti dalla società nel corso del rapporto.

Non può dubitarsi che tale documentazione sia idonea a determinare un affidamento nel lavoratore, circa l'esistenza e la misura del trattamento di fine rapporto, nel caso in cui tale istituto - come nella specie - non sia previsto ex lege ma ben può essere pattiziamente riconosciuto, e che vada puntualmente esaminata dal giudice del merito.

In tal senso il ricorso merita di essere accolto.

La sentenza va quindi cassata con rinvio alla Corte designata in dispositivo la quale, alla luce dei principi innanzi enunciati, provvederà alla disamina della documentazione prodotta dal lavoratore, anche provvedendo sulle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Ancona.