Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 ottobre 2017, n. 23384

Tributi - IVA - Generica indicazione dell'operazione in fattura - Indetraibilità

 

Fatti di causa

 

Emerge dalla sentenza impugnata che l'Agenzia delle entrate rettificò i crediti IVA vantati dalla società in relazione agli anni d'imposta 2004 e 2005. Escluse, in particolare, la detraibilità dell'imposta relativa alla fattura del 30 giugno 2004 emessa dalla s.a. E., per mancanza di prova d'inerenza all'attività della contribuente, nonché per la genericità dell'indicazione dell'operazione indicata in fattura. Ne scaturirono il rigetto del corrispondente maggior rimborso richiesto, oltre all'irrogazione di sanzioni per infedele dichiarazione.

La società impugnò i relativi avvisi, senza successo in primo grado.

La Commissione tributaria regionale ne ha poi respinto l'appello, sia valorizzando, ai fini dell'inerenza, elementi che a suo giudizio escludevano la stessa possibilità di realizzazione della centrale elettrica cui si riferiva la fattura in contestazione, sia rimarcando la totale assenza d'indicazione in fattura di elementi o dati, sia quantitativi, sia qualitativi, atti ad evidenziare che le somme ribaltate dalla società belga sulla N. si riferissero concretamente e per intero alla realizzazione del solo impianto elettrico in questione. E ciò anche considerando, ha soggiunto, che la s.a. E., controllante non soltanto la contribuente in questione, ma anche altre società costituite per analoghe finalità, avrebbe dovuto precisare in dettaglio il costo, riferendolo senza possibilità di dubbio alla sola società alla quale esso era stato imputato.

Contro questa sentenza la società propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, ciascuno articolato in due censure, che illustra con memoria, cui l'Agenzia replica con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Col primo motivo di ricorso, la società denuncia la violazione dell'art. 167 c.p.c., là dove la Commissione tributaria regionale, nonostante la mancanza di contestazione sul punto da parte dell'Agenzia, ha fatto leva sull'assenza di prova che l'imponibile in fattura si riferisse soltanto alla centrale di Novi Ligure; col medesimo motivo lamenta l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza in ordine al contenuto dei verbali del comitato esecutivo concernenti il progetto di realizzazione della centrale in questione.

La censura è al contempo inammissibile ed infondata.

1.1. - Là dove in ricorso non si trascrivono i contenuti delle controdeduzioni in primo grado e di quelle in appello svolte dall'Agenzia, la censura pecca di difetto di autosufficienza con riguardo al profilo concernente la dedotta violazione del principio di non contestazione.

1.1. - A tanto va comunque aggiunto che, in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale. Di qui la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno (Cass. 2 luglio 2014, n. 15026; sulla medesima linea, tra le più recenti, ord. 21 novembre 2016, n. 23587).

2. - Con riferimento all'ulteriore profilo introdotto con la deduzione del vizio di motivazione, il giudice d'appello ha escluso la certezza che la fattura emessa dalla società belga si riferisse <<concretamente e per intero alla realizzazione del solo impianto elettrico di cui quest'ultima società - ossia la s.p.a. N. - doveva curare il progetto>>. Ed è pervenuto a questa conclusione per la genericità dell'indicazione della fattura, nonché per l'irrilevanza delle delibere prese dal consiglio di amministrazione della contribuente.

La motivazione è logica, coerente e conforme a legge.

2.1. - Al riguardo, la Corte di giustizia (con sentenza 15 settembre 2016, causa C-516/14, Barlis 06 - Investimentos Imobiliários e Turísticos SA c. Autoridade Tributària e Aduaneira), nell'esaminare le condizioni formali di esercizio del diritto di detrazione dell'iva, ha considerato che la normativa unionale prescrive l'obbligatorietà dell'indicazione dell'entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, punto 6 della direttiva n. 2006/112, di contenuto analogo all'omologa norma della sesta direttiva), nonché della specificazione della data (art. 226, punto 7) in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi; ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l'assolvimento dell'imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell'IVA.

2.2. - Senz'altro, ha aggiunto la Corte, l'amministrazione finanziaria non si può limitare all'esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d'altronde, dall'art. 219 della direttiva 2006/112, che assimila a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale.

Incombe, tuttavia, su colui che chiede la detrazione dell'iva l'onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, per conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l'amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta.

2.3. - Ebbene, nel caso in esame, la genericità della fattura accertata dalla Commissione tributaria regionale non è stata supplita, a giudizio della Commissione, da ulteriori elementi che, in combinazione con la fattura, evidenziassero entità, natura ed epoca dei servizi forniti.

Il giudice d'appello ha esaminato a tal fine le delibere del 13 dicembre 2002 e del 28 marzo 2003 ed ha evidenziato la mancanza, ancora, di specificità dell'oggetto delle spese in esse enunciate, talché la reiterazione dei loro contenuti in ricorso si traduce nella richiesta di diversa valutazione delle risultanze processuali, inibita alla Corte.

2.4. - In questo contesto, le ulteriori delibere del comitato esecutivo riportate in ricorso non identificano fatti decisivi pretermessi dal giudice d'appello.

Si consideri che:

quanto al verbale del comitato esecutivo del 9 luglio 2002, v'è un mero richiamo ad una <<scheda che riporta tutte le spese sostenute e gli ordini emessi per conto del progetto fino a maggio 2002>>, il contenuto della quale non è riprodotto; non è riprodotto il contenuto del <<documento relativo alle spese per gli anni 2011 e 2002 sostenute da E. per conto del progetto N.>>, menzionato nel verbale del comitato esecutivo del 19 novembre 2002; l'elenco delle spese menzionato nel verbale del consiglio di amministrazione del 25 marzo fa seguito a considerazioni relative all'avviamento di un progetto di floricoltura;

il prospetto dei costi è riportato per relationem ad un documento, del quale non si trascrivono i contenuti, ma soltanto i valori monetari finali.

Il che esclude altresì la rilevanza delle ulteriori considerazioni svolte in ricorso, che pur sempre postulano la decisività degli elementi tratti dalle suddette deliberazioni.

La censura va quindi respinta.

3. - Inammissibile è il secondo motivo di ricorso, col quale la contribuente si duole della violazione o errata applicazione dell'art. 10, n. 2, I. n. 825/71, nonché dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al punto decisivo della mancanza di rettifica da parte dell'Ufficio della dichiarazione fiscale per il 2003 ai fini delle imposte dirette.

Il motivo non è autosufficiente in quanto non vi si trascrivono i punti rilevanti del bilancio relativo all'esercizio 2003 indicati, ma soltanto frammenti della nota integrativa, né vi si specifica che questi dati siano stati indicati in primo grado e riprodotti in appello.

3.1. - A tanto va aggiunto che il motivo è comunque infondato.

Ciò in base al principio già affermato da questa Corte (con sentenza 28 gennaio 2002, n. 1034), in base al quale è legittimo l'avviso di accertamento contenente rettifica della base imponibile ai fini irpeg ancorché analoga rettifica non sia stata operata ai fini iva, poiché il principio della concordanza degli accertamenti, posto dall'art. 10, comma 2°, n. 2 I. 9 ottobre 1971 n. 825, recante delega al governo della repubblica per la riforma tributaria, ha carattere tendenziale e non comporta che l'inerzia dell'Ufficio competente per una imposta possa costituire preclusione dell'accertamento da parte dell'ufficio competente per un'altra.

4. - Il ricorso, in conclusione, va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la società a rifondere le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.