Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11529

Tributi - Imposte sui redditi - Abuso del diritto - Atto di permuta di un terreno edificabile ricevuto in donazione dal padre - Esclusione - Accertamento di plusvalenza nei confronti del padre per interposizione fittizia di persona - Illegittimità

 

Motivi in fatto

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 157/45/12, depositata in data 17.10.2011 con la quale, rigettandosi l'appello dell'Ufficio, è stata confermata la decisione di primo grado che, su ricorso di G.D., G.M. e V.M. nella qualità di eredi di G.G. aveva annullato l'avviso di accertamento nei confronti degli stessi emesso per il recupero a tassazione separata, a fini Irpef per l'anno 2003, della plusvalenza che l'ufficio riteneva essere stata realizzata, ai sensi degli art. 37, comma 3, e 37-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 dal de cuis con la permuta di un terreno edificabile sito nel comune di Graffignana. Il bene era stato inizialmente donato, in data 23/7/2003, da G.G. al figlio G.M. e quindi permutato da quest' ultimo, otto giorni dopo, in data 31/7/2003 alla società "La R. s.r.l." Secondo la C.T.R. i contratti posti in essere tra le parti non provano l'esistenza di una interposizione fittizia di persona del reddito da plusvalenza, né nella specie risultava applicabile la disciplina antielusiva sull'abuso del diritto.

I contribuenti resistono con controricorso.

 

Motivi in diritto

 

1. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell'art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., violazione dell'art. 37 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché degli artt. 2727, 2729 e 2698 c.c. per avere la C.T.R. deciso la controversia sul falso presupposto che l'applicazione dell'art. 37, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sia possibile solo in caso di simulazione dei negozi giuridici direttamente interessati.

1.a. Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare, in pronunce relative a fattispecie analoghe alla presente (meccanismo negoziale caratterizzato dalla donazione di un terreno da parte di un genitore ai figli, pochi giorni prima della vendita ad un terzo, poi effettuata da quest' ultimo, ritenuto soggetto interposto), la possibilità di dichiarare inopponibili all'amministrazione finanziaria - in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost., ma anche dai principi comunitari - i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte. È stato in particolare più volte ribadito che la disciplina antielusiva dell'interposizione, prevista dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d'imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali. Da quanto esposto consegue che il carattere reale, e non simulato, dell'operazione di vendita e l'effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione - vendita (v. ex aliis Cass. n. 14470 del 2016; n. 25671 del 2013; n. 449 del 2013; Cass. 5408/17) e precedenti ivi richiamati).

2.Il principio va, in linea generale, ribadito, dovendosi tuttavia tener conto, come questa Corte ha pure avuto modo di chiarire (Cass. n. 5937 del 2015; Cass.), sia che nelle fattispecie quale quella in esame assume spesso rilievo, trattandosi di rapporti patrimoniali fra genitori e figli, il profilo della libertà della pianificazione della successione da parte dei genitori, sia, più in generale, che nulla impone al contribuente di optare, nell'espressione della propria autonomia negoziale, per la soluzione più onerosa sul piano fiscale.

Come accertato dalla CTR non vi sono elementi che portino ad escludere che la donazione sia stata effettuata per spirito di liberalità fra padre e figlio e che si tratti di una operazione studiata e preparata al fine di eliminare il carico fiscale applicabile sulla plusvalenza.

La CTR ha osservato che il de cuius era proprietario di un terreno posto in un comprensorio edificabile, nel quale insisteva anche un'area di proprietà dell'altro figlio D..

Il terreno del padre, per la sua conformazione non era edificabile e, per renderlo tale, era necessario operare delle permute con altri suoli, ubicati nel medesimo comprensorio, di proprietà della società la R. s.r.l..

Il padre desiderava che l'edificio da erigere sul proprio terreno, un volta reso edificabile fosse del figlio Mario, in prossimità di quello dell'altro figlio D., proprietario di un'altra area nello stesso comprensorio edificabile.

Gli elementi raccolti ed offerti alla valutazione del giudice di merito non sembrano idonei a porre in dubbio la realtà documentale, ad escludere cioè che vi sia stata un'effettiva attribuzione patrimoniale a titolo gratuito del padre al figlio, con la quale, per spirito di liberalità, il primo abbia inteso "arricchire" (art. 769 cod. civ.) il secondo.

La CTR ha correttamente ritenuto che l'assenza di un atto di retrocessione, dal figlio al padre, del terreno ricevuto con la permuta, indica che detto padre, poi deceduto, voleva effettivamente donare al figlio un terreno sul quale quest'ultimo avrebbe potuto costruire un edificio (peraltro in prossimità di quello che avrebbe potuto edificare l'altro figlio D.) e, di conseguenza, voleva, nel contesto affettivo e solidale della famiglia, porre in essere un negozio a titolo gratuito e non oneroso.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di abuso del diritto in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.

4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce ai sensi dell'art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., violazione dell'art. 81 d.P.R. 917/86, 2697 e dei principi generali in materia di abuso del diritto.

6. I motivi possono essere trattati congiuntamente.

Essi non sono fondati

Questa Corte ha da tempo chiarito, in sede di nomofilachia, come "in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione" (Cass. sezioni unite, 23 dicembre 2008, n. 30055). E si è precisato che "in materia tributaria, l'operazione economica che abbia quale suo elemento (non necessariamente unico, ma comunque) predominante e assorbente lo scopo elusivo del fisco costituisce condotta abusiva, ed è, pertanto, vietata allorquando non possa spiegarsi altrimenti (o, in ogni caso, in modo non marginale) che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, incombendo, peraltro, sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, mentre grava sul contribuente l'onere di allegare l'esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate.

Nella specie la CTR ha correttamente interpretato le norme in oggetto avendo escluso, con motivazione congrua, la natura elusiva della donazione alla luce delle ragioni che giustificavano l'operazione posta in essere dal de cuius.

La CTR ha osservato che il sindacato dell'amministrazione finanziaria non può spingersi ad imporre un diverso ordine temporale dei negozi giuridici rispetto a quello, giuridicamente possibile e lecito scelto dal contribuente per consentire al figlio l'edificazione solo perché il diverso ordine, prima la permuta, poi la donazione, avrebbe potuto comportare un maggior gravame fiscale.

6.Il ricorso deve essere, conseguentemente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 4100,00 oltre accessori.