Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 giugno 2018, n. 16244

Tributi - Dichiarazione redatta su modello dell’anno precedente - Nullità - Dichiarazione omessa - Emendabilità in sede contenziosa - Sussiste

 

Ritenuto in fatto

 

L. C. propose ricorso avverso una cartella di pagamento della P. R. Spa, emessa dall'Amministrazione finanziaria, all'esito di una procedura di controllo automatico ex art. 36-bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante maggiori IRPEF e addizionali, oltre alle sanzioni, per il periodo d'imposta 2004.

Evidenziò che, nel 2003, aveva maturato solo una perdita, quale reddito di partecipazione alla C. Sas di L. C. & C. e che, per mero errore materiale, aveva inoltrato il Modello unico, per l'anno 2003, utilizzando il modello di dichiarazione dei redditi del 2002, nel quale aveva riportato (sempre per errore) i dati reddituali dell'anno precedente, salvo effettuare i versamenti dovuti sulla base reddituale effettivamente maturata nel 2003.

Sicché, nella dichiarazione dei redditi del 2004, aveva utilizzato in continuità i dati reali dell'anno precedente, nell'erroneo convincimento di avere inoltrato, per il 2003, una dichiarazione regolare.

Il 18/06/2007, accortosi dell'errore, aveva presentato un Modello unico, per l'anno 2003, emendato (da cui, per altro, si evinceva la correttezza dei versamenti effettuati per quel periodo d'imposta); tuttavia, in data 28/02/2008, riceveva la cartella di pagamento in questione, derivante dal disconoscimento, da parte dell'Erario, della perdita dell'anno 2003.

Il giudice di primo grado rigettò il ricorso.

La Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo (hinc: CTR), con la sentenza riportata in epigrafe, ha rigettato l'appello, proposto dal contribuente avverso la prima pronuncia, rilevando che la dichiarazione dei redditi del 2003, redatta su un modello dell'anno precedente (2002), non era solo errata, ma addirittura era "omessa", ragione per cui quella dichiarazione non poteva essere rettificata, ad opera dello stesso contribuente; in ogni caso, secondo la CTR, la rettifica di tale dichiarazione, avvenuta nel 2007, era comunque tardiva; conseguentemente, la perdita del 2003 non poteva essere considerata nel periodo d'imposta successivo;

perciò, la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato, era senz'altro legittima.

Nella specie, inoltre, secondo il giudice d'appello, non sono ascrivibili all'Amministrazione finanziaria le violazioni, prospettate dal contribuente, del principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.), dell'obbligo di correttezza e di collaborazione da parte dell'Erario (art. 10 Statuto dei diritti del contribuente) e del canone dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Per la cassazione della sentenza d'appello propone ricorso il contribuente, sulla base di tre motivi; l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso, mentre Equitalia P. Spa non si è costituita.

Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.

 

Considerato in diritto

 

1. Primo motivo di ricorso: «Falsa applicazione di norme di diritto: art. 1 e 2 del D.P.R. n. 322/98 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.).».

Il ricorrente lamenta, innanzitutto, che la CTR abbia erroneamente affermato che la dichiarazione dei redditi, relativa all'annualità 2003, sia stata omessa, mentre essa doveva ritenersi esistente, seppure affetta da un errore formale e, a tutto concedere, nulla; in secondo luogo, soggiunge che la sentenza impugnata ha, conseguentemente, considerato tardiva la dichiarazione integrativa, emendata, del 2007, senza avvedersi che il contribuente aveva pienamente rispettato il termine previsto dall'art. 2, comma 8, d.P.R. n. 322/1998; denuncia, infine, che la CTR non ha tenuto conto che, per giurisprudenza consolidata, il contribuente ha, in qualsiasi momento, la possibilità di modificare o integrare la dichiarazione dei redditi, anche in sede contenziosa.

1.1. Il motivo, nella sua complessa e triplice articolazione, è fondato nei seguenti limiti.

È il caso di ricordare che, nel rispetto dell'univoco tenore testuale dell'art. 1, primo comma, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (ma anche in forza dell'art. 8, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), le dichiarazioni sono redatte, "a pena di nullità", su modelli conformi a quelli approvati entro il 31 gennaio con provvedimento amministrativo.

Nella fattispecie, quindi, la dichiarazione, per il 2003, redatta (erroneamente) sul modello previsto per i redditi del 2002, essendo viziata di nullità e, come tale, improduttiva d'effetti, doveva considerarsi "omessa", così come la CTR ha correttamente affermato (Cass. 15/05/2015, n. 9973).

Anche il secondo rilievo di C. - in base al quale la sentenza impugnata avrebbe erroneamente reputato tardiva la dichiarazione integrativa, emendata, del 2007, senza avvedersi che il contribuente aveva pienamente rispettato il termine previsto dall'art. 2, comma 8, d.P.R. n. 322/1998 - è privo di pregio.

È conforme a diritto la pronuncia della CTR, laddove si afferma (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), che la rettifica della dichiarazione dei redditi è avvenuta nel 2007: «quando ormai i termini per la rettifica in melius (se la dichiarazione 2003 fosse stata presentata), erano abbondantemente scaduti.».

Al riguardo occorre richiamare l'insegnamento delle Sezioni unite che hanno avuto modo di affermare che: «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria.» (Cass. sez. un. 30/06/2016, n. 13378).

Detto questo, però, è evidente, restando nel solco della medesima giurisprudenza, la fondatezza del terzo e ultimo rilievo (in cui s'articola il primo motivo di ricorso), in forza del quale la CTR ha erroneamente negato che il contribuente conservi la possibilità di opporsi, in sede contenziosa, alla pretesa impositiva del fisco.

Il giudice del rinvio, pertanto, a seguito della cassazione della sentenza, dovrà apprezzare la legittimità o meno della cartella di pagamento di cui si discute, dal punto di vista del quantum della pretesa impositiva, senza trascurare la circostanza (incontestata) della correttezza dei versamenti fiscali effettuati dal ricorrente.

Un simile scrutinio postula il rispetto del principio di diritto in virtù del quale: «In materia di imposte sui redditi, ed in adesione all'art. 53 Cost., la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull'obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria [...].» (cfr, ex multis, Cass. 18/02/2014, n. 3754).

2. Secondo motivo: «Violazione di norme di diritto: artt. 53 e 97 Cost., art. 10 L. n. 212/2000 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.)».

Il ricorrente si duole dell'errore di diritto della sentenza impugnata che ha negato che l'Amministrazione finanziaria, notificandogli una cartella di pagamento illegittima, abbia disatteso alcuni principi basilari della materia tributaria, vale a dire quello della capacità contributiva, sancito dall'art. 53 Cost., nonché il canone secondo cui i rapporti tra contribuente ed erario debbono essere improntati alla collaborazione e alla buona fede, e, infine, il principio d'imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione.

2.1. Il motivo è assorbito per effetto dell'accoglimento della precedente doglianza.

3. Terzo motivo: «Falsa applicazione di norme di diritto: art 36-bis D.P.R. n. 600/73 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.)».

Si deduce che la CTR, non facendo corretta applicazione dell'art. 36-bis cit., non abbia tenuto conto che l'Ufficio avrebbe potuto agevolmente verificare l'effettiva situazione reddituale del contribuente, in quanto era in possesso della dichiarazione dei redditi, per il 2003, della C. Sas, da cui emergeva, con chiarezza, la perdita reddituale maturata pro quota dal ricorrente, quale socio (con una partecipazione del 90%) della stessa società.

3.1. Il motivo è infondato.

Difatti la liquidazione delle imposte, formalmente corretta, è avvenuta all'esito di una procedura di controllo automatico ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973, sulla scorta dei dati inseriti nella dichiarazioni dei redditi del contribuente.

4. In definitiva, accolto il primo motivo, limitatamente all'ultimo dei tre rilievi critici in cui esso si articola, assorbito il secondo e rigettato il terzo, la sentenza impugnata è cassata, in relazione alla parte del primo motivo accolto, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per il nuovo esame della controversia, nel rispetto dei principi di diritto appena esposti, ed anche per la decisione sulle spese processuali del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo, nei limiti indicati in motivazione; dichiara assorbito il secondo motivo; rigetta il terzo motivo;

cassa la sentenza impugnata, in relazione alla parte accolta del primo motivo e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.