Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 novembre 2017, n. 26451

Tributi - Ici - Avviso di accertamento - Recupero su terreno ritenuto "area edificabile" - Area pertinenziale - Collegamento funzionale con il bene principale - Insussistenza

 

Fatti di causa

 

Con l'impugnata sentenza n. 105/10/11, depositata il 17/10/2010, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana respingeva l'appello proposto da L., G. e P.C., e confermava la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, che aveva respinto il ricorso dei contribuenti, i quali si erano opposti agli avvisi di accertamento per il recupero della imposta comunale sugli immobili (ICI), per le annualità dal 2001 al 2005, relativamente a terreno, sito il località Ribolla, ritenuto area edificabile dal Comune di Roccastrada.

Secondo il Giudice di appello: la mancata conoscenza, da parte dei contribuenti, Urbanistico del Regolamento non assume rilievo nella determinazione della base imponibile dell'ICI In quanto il presupposto fattuale della qualificazione di un'area come fabbricabile è dato dalla esistenza di uno strumento urbanistico generale, ancorché non approvato e non attuato, che costituisce di per sé un indice dell'incremento di valore dell'immobile e giustifica la tassazione; non si è verificata alcuna decadenza della potestà impositiva dal momento che la modifica delle caratteristiche del terreno da agricolo ad edificatorio era intervenuta nel corso del 2001, avrebbe dovuto essere denunciata entro il 31 luglio 2002, e l'accertamento è stato stata, notificato il 4 aprile 2007, nel rispetto del termine decadenziale di cui all'art. 1, comma 161, L. n. 296 del 2006; la sanzione per omessa dichiarazione per ogni anno d'imposta è legittima in quanto l'inosservanza all'obbligo di denunciare il possesso, o di dichiarare le variazioni degli immobili, costituisce violazione autonomamente punibile per ciascun periodo d'imposta, ai sensi degli artt. 10, comma 4, e 14, comma 1, D.Lgs. n. 504 del 1992; il dedotto rapporto di pertinenzialità dell'area rispetto al box che su di essa insiste, come da rappresentazione catastale e fotografica in atti, va escluso alla luce della nota definizione del vincolo di cui all'art. 817 c.c., e dei principi di proporzionalità, di uso normale e di ragionevolezza; 5) il valore dell'area è stato oggetto di analitica valutazione da parte del Comune, che ha tenuto conto delle positive variazioni intervenute nel corso degli anni, per le particolari condizioni di mercato della zona, come da relazione di stima analitica allegata a ciascun atto di accertamento, non adeguatamente contrastata dai contribuenti.

Avverso la sentenza questi ultimi con propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il Comune di Roccastrada resiste con controricorso;

Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 817 c.c. e 2, D.Lgs. n. 504 del 1992, giacché la CTR non ha tenuto conto della circostanza che lo stesso Comune ha qualificato l'area per cui è causa come pertinenza, secondo quanto risulta dalle planimetrie catastali, e che la richiamata disposizione esclude l'autonoma tassabilità delle aree pertinenziali.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo e controverso della causa, giacché la CTR non ha tenuto conto che l'area è sempre stata pertinenza del box, anche prima della attribuzione di edificabilità, per cui ad essa va riconosciuto lo stesso trattamento tributario previsto dal Regolamento ICI del Comune di Roccastrada per le aree di pertinenza di un fabbricato.

Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 504 del 1992, giacché la CTR afferma che il valore del terreno è stato oggetto di analitica valutazione da parte del Comune, in relazione a ciascun periodo d'imposta, senza considerare che non a tutte le aree fabbricabili può attribuirsi uguale valore venale, da determinarsi non in astratto ma in concreto, tenendo conto dello stato di avanzamento della procedura di approvazione del Regolamento Urbanistico, nella specie ancora in itinere, e della mancata approvazione del piano "attuativo", per cui neppure era prevedibile la reale capacità contributiva dell'area fabbricabile, peraltro interclusa, trovandosi tra un'abitazione ed altri fondi, con unica via di accesso dal cancello della predetta abitazione, come ricavabile dalla planimetria catastale;

Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 36, comma 2, D.L. 223 del 2006, giacché la CTR non ha dato rilievo alla mancata conoscenza legale del Regolamento Urbanistico del Comune, strumento anteriore alla entrata in vigore della legge regionale della Toscana n. 1 del 2005, nonché alla evidenziata assenza di pubblicazione sul B.U.R.T. (Bollettino Ufficiale della Regione Toscana).

Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 4, D.Lgs. n. 504 del 1992, 6, D.Lgs. n. 472 del 1997, 5 e 10, L. n. 212 del 2000, giacché la CTR, in relazione all'applicazione della sanzione per omessa dichiarazione per ogni anno d'imposta, laddove i contribuenti avrebbero al più dovuto presentare la prescritta dichiarazione una sola volta, nell'anno 2001, e non già tutti gli anni.

I primi due motivi d'impugnazione, scrutinagli congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.

Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, "In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esclusione dell'autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dall'art. 2 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si fonda sull'accertamento rigoroso dei presupposti di cui all'art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell'esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell'immobile stesso" (Cass. n. 15668/2017, n. 9790/2013, n. 25170/2013, n. 22128/2010, n. 22844/2010, n. 25127/2009).

Orbene, se può senz'altro convenirsi con la ricorrente che il trattamento fiscale delle porzioni immobiliari asservite ad immobile principale rende di per sé irrilevante il regime di edificabilità attribuito dallo strumento edificatorio (Cass. n. 19735/2003, n. 6501/2005, n. 19638/2009, n. 14809/2010), occorre tuttavia che la natura pertinenziale vada pur sempre ancorata alla verifica in concreto dei presupposti oggettivi e soggettivi di cui all'art. 817 c.c. (Cass. 6501/2005), ovvero all'oggettivo collegamento funzionale con il bene principale, per volontà del proprietario di destinare la pertinenza a ornamento o servizio di quest'ultimo, nessun rilievo assumendo l'autonomo classamento dell'unità pertinenziale, con attribuzione di distinta rendita catastale, poiché ciò che conta è soprattutto la situazione di fatto.

Nel caso di specie, la CTR si è conformata ai suesposti principi in quanto, con un orientato, puntuale e logico giudizio di fatto, non censurabile in questa sede, ha motivatamente escluso la ricorrenza in concreto di siffatta situazione, evidenziando che "la rappresentazione catastale e fotografica dell'area in questione e del box che vi è stato collocato (catastalmente individuato), mostra un'evidente sproporzione tra la superficie dell'area e la consistenza del box, con la conseguenza che non è comprensibile il motivo per il quale l'intera area e non soltanto quella di sedime, e cioè quella che circonda il box, possa essere funzionalmente collegata con la utilizzazione di quest'ultimo", ed ancora, che "per qualificare come pertinenza di una costruzione un'area edificabile (qual è quella de qua), è necessario che intervenga un'oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che escluda in concreto e stabilmente lo ius edificarteli e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, determinato dalla sola prossimità, che può cessare in qualunque momento a discrezione del proprietario".

Infondato è anche il terzo motivo di impugnazione.

Le censure mosse dai contribuenti alla decisione della CTR si incentrano sulla dibattuta questione di quando, in relazione agli strumenti urbanistici adottati ed adottandi, ed a quali condizioni, un terreno possa considerarsi edificabile, così che la base imponibile, ai fini ICI, debba essere determinata non sulla scorta della rendita catastale, ma in ragione del valore venale in comune commercio del bene, questione sulla quale, peraltro, è intervenuto il legislatore con una norma di interpretazione autentica (art. 11 quaterdecies, comma 16, D.L. n. 203 del 2003 (ndr art. 11 quaterdecies, comma 16, D.L. n. 203 del 2005), introdotto dalla legge di conversione n. 248 del 2005).

Ad avviso di parte ricorrente mancherebbe, nel caso di specie, il presupposto impositivo che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), identifica, per i terreni, nella loro utilizzabilità a scopo edificatorio, e sarebbe errata l'affermazione della CTR secondo cui, ai fini dell'imponibilità ICI, è sufficiente la classificazione dell'area come edificabile, sia sulla base di un piano regolatore generale o particolareggiato e degli strumenti urbanistici in generale, sia quando esistono possibilità effettive di edificazione, non integrando presupposto dell'imposta comunale sugli immobili l'idoneità del bene a produrre reddito, o la sua attitudine ad incrementare il proprio valore, o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell'immobile, ai sensi del successivo art. 5, D.Lgs. n. 504 del 1992, ai soli fini della determinazione della base imponibile e, quindi, della concreta misura dell'imposta.

Sulla ricordata problematica è intervenuta questa Corte, con la sentenza n. 25506 del 2006, resa a Sezioni unite, che superando un contrasto interno alla Sezione ha disatteso la tesi secondo cui, ai fini della sussistenza del requisito di edificabilità, siano necessari anche gli strumenti urbanistici attuativi, in grado di consentire la possibilità concreta ed effettiva di edificare.

La menzionata decisione ha affermato il principio per cui, in tema di ICI, a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdicies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l'interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi; l'inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell'andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius edificarteli o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d'imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione.

Le Sezioni Unite evidenziano, inoltre, che "la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi "non inedificabili", non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore dal momento che, con la perdita della inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla verificabilità in concreto dello stesso.

E tale soluzione, accolta dalla successiva giurisprudenza di legittimità, è stata ulteriormente precisata nel senso che <<una volta convenuto sul fatto che per stabilire la natura del terreno è necessario fare riferimento al criterio della "mera potenzialità edificatoria" - e perciò alla concreta appetibilità del suolo determinata dalla vigenza del procedimento di modificazione degli strumenti urbanistici generali (quindi, durante il solo periodo di permanenza di detto procedimento di modificazione e perciò non oltre il momento della acclarata decadenza per effetto della non intervenuta approvazione regionale) - resta comunque l'esigenza di tenere concretamente conto nella determinazione della base imponibile, "della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio">> (Cass. n. 12377/2016; S.U. n. 25506/2006 citata).

Orbene, la sentenza della CTR ha fatto proprio il predetto indirizzo giurisprudenziale e, nel procedere alla verifica in concreto del valore dell'area edificabile, ha richiamato i "dati di fatto" contenuti nelle relazioni di stima allegate agli avvisi di accertamento, "avuto riguardo alle particolari condizioni del mercato immobiliare della zona", sottolineando la genericità ed astrattezza delle deduzioni svolte dai contribuenti, e la critica degli odierni ricorrenti alla sentenza impugnata non può impingere nelle valutazioni riservate al giudice di merito;

Va disatteso, perché non coglie nel segno, il quarto motivo di ricorso, con il quale i contribuenti reiterano la doglianza concernente la mancata conoscenza legale del Regolamento Urbanistico del Comune, strumento anteriore alla entrata in vigore della richiamata legge regionale, stante l'assenza di pubblicazione dello stesso sul B.U.R.T., in quanto la decisione impugnata, dopo aver richiamato la disciplina dettata dall'art. 36, comma 2, D.L. n. 223 del 2006, afferma che la edificabilità dell'area è qualificazione che discende dallo strumento urbanistico generale, indipendentemente dalla sua approvazione, da individuare nel "piano strutturale che necessariamente precede il regolamento".

E' di tutta evidenza che il Giudice di appello ha inteso con ciò porre in rilievo, sul piano logico, la ininfluenza della doglianza dei proprietari dell'area per cui è causa, riferita al Regolamento Urbanistico, dal momento che la legislazione regionale, nell'adottare il nuovo modello di pianificazione del territorio, superando così quello incentrato sul Piano Regolatore Generale di cui alla L. n. 1150 del 1942, già con il Piano Strutturale ha previsto le strategie dello sviluppo territoriale comunale, sicché il Regolamento Urbanistico è destinato soltanto a disciplinare l'attività urbanistica ed edilizia all'interno del territorio comunale.

Infondato, infine, è il quinto motivo di impugnazione.

Questa Corte, anche di recente, ha ribadito il principio secondo cui, "In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'obbligo, previsto dall'art. 10, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, di dichiarare il possesso degli immobili (o di denunciare le variazioni di quelli già dichiarati) non cessa allo scadere del termine stabilito dal legislatore con riferimento all'inizio del possesso (o, per gli immobili posseduti all'1 gennaio 1993, del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1992) ma permane finché la dichiarazione (o la denuncia di variazione) sia presentata, configurandosi, in caso di inosservanza, un'autonoma violazione per ogni anno d'imposta punibile ai sensi dell'art. 14, comma 1, del citato decreto; infatti, poiché la presentazione della dichiarazione produce effetto (in mancanza di variazioni) anche per gli anni successivi e tale effetto può ovviamente verificarsi solo in presenza e non in assenza di una dichiarazione, la violazione del relativo obbligo non ha natura istantanea e non si esaurisce con la mera violazione del primo termine fissato dal legislatore, sicché, ove la dichiarazione sia stata omessa in relazione ad un'annualità d'imposta, l'obbligo non viene meno in relazione all'annualità successiva ed ogni annualità deve essere sanzionata ex art. 14, comma 1." (Cass. n. 14399/2017).

Nel caso di specie, com'è pacifico, i contribuenti hanno omesso di presentare, a seguito di modifica della destinazione dell'area (da agricola ad edificabile) intervenuta nel corso del 2001, la denuncia di variazione ai fini ICI di cui all' art. 10, comma 4, D.Lgs. n. 504 del 1992, e la disposizione non ammette equipollenti, "per l'evidente ragione che la formale denuncia in parola mette il Comune nella certa conoscenza di una modificazione dalla quale potrebbe scaturire un diverso ammontare d'imposta e lo pone pertanto nella condizione di esercitare un controllo di verità e congruità della dichiarazione" (Cass. n. 15235/2012), d'onde la sicura debenza della sanzione applicata dall'ente impositore.

Alla stregua delle considerazioni che precedono s’impone il rigetto del ricorso e la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 1.500,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed accessori di legge.