Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 dicembre 2016, n. 25270

Incentivi all'esodo -Pagamento - Prescrizione quinquennale

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 3.9.10 la Corte d'appello di Catanzaro rigettava il gravame di R.S., G.D.V., A.A. e L.S. contro la sentenza del Tribunale di Crotone che ne aveva respinto, per intervenuta prescrizione quinquennale, la domanda intesa ad ottenere il pagamento di somme (incentivi all'esodo) a loro dire indebitamente trattenute da F. S.r.l. all'atto della corresponsione del TFR e a parziale compensazione di esso.

Per la cassazione della sentenza ricorrono i predetti lavoratori affidandosi ad un solo articolato motivo.

S. S.p.A. - Attività diversificate (società incorporante la F. S.r.l.) resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.

Nelle more i ricorrenti hanno conferito procura speciale agli avv.ti M.B. e M.M. in sostituzione dei precedenti difensori.

 

Motivi della decisione

 

1 - Con unico articolato motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 2033, 2946 e 2948 n. 5 c.c., oltre che di travisamento dei fatti di causa, perché la sentenza impugnata non ha qualificato quella dei ricorrenti come azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. d'un indebito oggettivo e, per l'effetto, non ha applicato il relativo regime di prescrizione decennale. Il datore di lavoro - prosegue il ricorso - ha trattenuto, all'atto della corresponsione del TFR, propri pretesi contro crediti per incentivi all'esodo che erano stati pagati nel 1992 ai lavoratori, incentivi il cui diritto sarebbe venuto meno nel 1993 a seguito della reintegra dei ricorrenti nei rispettivi posti di lavoro disposta dall'allora Pretore di Crotone nei confronti di F. S.r.l., società subentrata alla precedente datrice di lavoro (che aveva erogato gli incentivi suddetti). Attraverso la compensazione ex art. 1241 c.c. - conclude il ricorso - il datore di lavoro non ha fatto altro che trattenere arbitrariamente (in base ad un asserito venir meno del titolo legittimante) importi pari alle somme a suo tempo versate, donde l'azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. da parte dei lavoratori, esperibile (nell'ordinario termine di prescrizione decennale e non in quello quinquennale applicato dai giudici di merito) anche a fronte d'una indebita compensazione.

2 - Il ricorso è infondato.

Si premetta che nel caso di specie non di compensazione ex art. 1241 c.c. si è trattato, bensì di c.d. compensazione impropria, ossia d'un semplice accertamento contabile di dare e avere, stante l'unicità del rapporto fra le parti (cfr., ex aliis, Cass. n. 5024/09), tra il debito della società per trattamento di fine rapporto e quello dei ricorrenti, tenuti (secondo la prospettazione della società intimata) a restituire gli incentivi all'esodo loro erogati ormai indebitamente, per il venir meno del relativo titolo legittimante.

Ciò detto, correttamente i giudici di merito hanno preliminarmente accolto l'eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalla società, essendo quella degli odierni ricorrenti non già un'azione ex art. 2033 c.c., bensì una domanda di pagamento di differenze sugli importi loro liquidati a titolo di TFR, decurtati - in via, appunto, di compensazione c.d. impropria - di importi pari agli incentivi all'esodo.

Osta, infatti, alla qualificazione dell'azione come di ripetizione di indebito la circostanza che essa presuppone pur sempre una prestazione positiva (un tacere o un dare) in precedenza indebitamente eseguita dal solvens, vale a dire da chi agisce ex art. 2033 c.c., mentre nel caso di specie la situazione è esattamente opposta: è il solvens (ossia la società, che ebbe ad erogare gli incentivi all'esodo) ad avvalersi, mediante compensazione impropria operata all'atto del pagamento del debito per TFR, dell'asserito diritto di ottenere la restituzione delle erogazioni incentivanti.

Dunque, quella esercitata dagli odierni ricorrenti è un'azione di inesatto adempimento del debito per TFR gravante sul datore di lavoro, azione assoggettata al termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 2948 n. 5 c.c., correttamente applicato dalla pronuncia impugnata.

Né valga in contrario la giurisprudenza invocata in ricorso, che - anzi - postula, per configurare un'azione ex art. 2033 c.c., che l'attore chieda la restituzione della prestazione di dare da lui indebitamente eseguita (cfr. Cass. n. 6747/14) o, semmai, anche d'una prestazione consistente in un tacere (cfr. Cass. n. 2029/82), ma pur sempre una prestazione positiva già effettuata dall'attore che agisca per la sua ripetizione.

Nel caso in esame - giova ribadire - la prestazione controversa (quella relativa agli incentivi all'esodo) è stata, invece, a suo tempo eseguita dal datore di lavoro, l'unico eventualmente legittimato a ripeterla dimostrandone il carattere indebito.

Ma la disamina del carattere indebito o meno del pagamento degli incentivi de quibus è questione ormai assorbita dalla già maturata prescrizione del credito per differenze di TFR oggetto del presente giudizio.

3 - In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.600,00 di cui euro 100,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.