Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 novembre 2017, n. 26090

Dimissioni firmate in bianco - Definizione procedimento di querela di falso - Non rileva - Ipotesi di riempimento degli spazi lasciati in bianco - Accordo sulla sottoscrizione delle dimissioni senza data - Improbabilità

 

Svolgimento del processo

 

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza depositata il 24/5/2011, respingeva il gravame interposto dalla M.Geom. S. S.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo con la quale, ritenuto l'uso abusivo e contra pacta di una dichiarazione di dimissioni firmata in bianco allatto di assunzione, era stata accolta la domanda di accertamento della illegittimità del licenziamento del dipendente S.H..

Per la cassazione della sentenza ricorre la M. Geom. S. S.r.l. articolando quattro motivi ulteriormente illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 del codice di rito.

S.H. resiste con controricorso.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione in data 14/9/2016.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo si denuncia la errata e falsa applicazione degli artt. 2702 c.c. e 221 c.p.c. e si lamenta che la Corte territoriale sarebbe incorsa in tale vizio, decidendo la controversia senza che prima fosse promosso un procedimento di querela di falso, posto che, nella fattispecie, a fronte dell’assenza di accordo o mandato ad scribendum o autorizzazione al riempimento, se quanto ex adverso affermato fosse vero, l'interpolazione del testo ad opera della M. nelle dimissioni sottoscritte dal S., uscite dalla sfera di controllo del medesimo già complete e finite, integrerebbe una vera e propria falsità materiale dell’atto stesso tale da escludere la provenienza dello stesso dal sottoscrittore.

1.1. Il motivo non è fondato.

Del tutto ineccepibile risulta, infatti, l'iter motivazionale della Corte di Appello laddove, attraverso una dettagliata descrizione del documento di cui si tratta, osserva che. nel caso in esame, non si configura una ipotesi di riempimento abusivo di foglio in bianco, ma di riempimento degli spazi lasciati in bianco, dopo l’indirizzo della società datrice di lavoro e dopo la dicitura "dichiara di dimettersi a datare dal", con due timbri in inchiostro con la data "5 novembre 2008" (si veda, al riguardo, pagg. 3 e 4 della sentenza oggetto del presente giudizio). Ed al riguardo, la Corte di merito sottolinea che è inverosimile che in un testo dattiloscritto venga inserita la data con il timbro se il testo è redatto al momento e non già predisposto con la data in bianco, essendo anche poco probabile che un operaio comune possieda un timbro con un datario. Peraltro, sempre secondo il condivisibile ragionamento della Corte territoriale, posto a base della decisione, "non ha alcun senso logico che lo stesso giorno il lavoratore invii con raccomandata il certificato medico per accedere al trattamento di malattia e si presenti in azienda per consegnare una lettera di dimissioni".

A fronte di ciò. la parte ricorrente si limita ad affermare apoditticamente che non vi sarebbe stata la prova della sussistenza di un accordo sulla sottoscrizione delle dimissioni senza data e che, pertanto, l'utilizzo delle stesse, in totale assenza di accordi, avrebbe dovuto comportare necessariamente la proposizione della querela di falso. In tal modo, sollecitando una rivalutazione del merito, estraneo alla natura ed alle finalità del giudizio di Cassazione.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia "vizio di motivazione per la mancata indicazione delle ragioni che sorreggono il convincimento espresso in ordine alla qualificazione della fattispecie come abusivo riempimento contra pacta anziché sine poeta" e si duole del fatto che la motivazione dei Giudici di seconda istanza sul punto sarebbe inidonea a fare comprendere il ragionamento logico-giuridico sotteso alla decisione di optare per la sussistenza, nel caso di cui si tratta, di una ipotesi di abuso contro i patti ed a consentire alle parti di potere comprendere pienamente le ragioni a sostegno del convincimento espresso sulla qualificazione della fattispecie di abusivo riempimento contra pacta, che non richiede querela di falso, in aperto contrasto con la prescrizione dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c..

2.2. Il motivo è inammissibile.

Va, infatti, ribadito anche in questa sede quanto questa Corte ha affermato, in più occasioni, in merito al fatto che i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione, in qualunque modo sollevati dalla parte ricorrente, sia pure in connessione con la pretesa violazione di norme di legge, sono configurabili solo quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza oggetto del giudizio emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando si evinca l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).

Nel caso di specie, le doglianze articolate dalla ricorrente, con il primo motivo, sotto il profilo di errores in indicando e, con il secondo motivo, come generico vizio di motivazione, appaiono inidonee, per i motivi anzidetti, a scalfire la coerenza della sentenza sotto il profilo dell'iter logico-giuridico.

3. Con il terzo mezzo di impugnazione viene denunciata l’errata e falsa applicazione dell "art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e si lamenta, in particolare, che tutte le circostanze dedotte dal lavoratore e poste a fondamento della decisione impugnata, in quanto considerate gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c., si limiterebbero ad inficiare la bontà delle dimissioni rassegnate dal medesimo, senza però superare la prova di un riempimento in contrasto con un diverso accordo delle parti, necessario ed indispensabile affinché l’abuso possa dirsi realizzato contra pacta.

3.3. Il motivo è inammissibile, in quanto, alla stregua degli arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità, nel caso in cui si deduca - come, nella sostanza, nella fattispecie - che il giudice di merito abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, del codice di rito, con la conseguenza della inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge, ai sensi del n. 3 del primo comma, del citato art. 360 (v., ex multis, Cass.. Sez. lav., n. 13960/2014: Cass.. Sez. IlI civ.. n. 26965/2007).

E, comunque, in ordine alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, alla luce della costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, qualora la parte ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione delle prove poste a fondamento della decisione, ha l’onere, a pena di inammissibilità, di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle risultanze probatorie relativamente alle quali si denunzia il vizio (cfr., tra le molte, Cass. n. 6023 del 2009). E nella censura di cui si tratta non si è ottemperato al predetto onere, apparendo la formulazione della stessa esclusivamente volta a contestare la valutazione che i Giudici di seconda istanza fanno - con motivazione peraltro del tutto condivisibile, in quanto scevra da vizi logico giuridici - in ordine alla sussistenza dell’accordo; e ciò. al fine di sollecitare un riesame del merito, inammissibile in questa sede (cfr.. ex plurimis. Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).

4. Con il quarto motivo la società deduce "il vizio di motivazione in ordine all'esistenza di un accordo tra le parti per il riempimento del foglio in bianco" ed assume che la Corte di Appello abbia completamente omesso di dare contezza delle ragioni di fatto e di diritto che l’hanno portata a ritenere concluso, seppur implicitamente, il patto sul riempimento, in tal modo violando il disposto di cui all'art. 132. primo comma, n. 4, c.p.c..

4.4. Neppure tale motivo può essere accolto, poiché la parte ricorrente si limita a prospettare una possibilità di una spiegazione logica alternativa, mentre non argomenta sul fatto che la soluzione prospettata sia effettivamente l’unica possibile da porre a fondamento della decisione (al riguardo, v. pure Cass. n. 3267/2008). E. comunque, come già detto sopra, non si ravvisano errori logico giuridici nell'iter motivazionale della Corte territoriale circa le argomentazioni che hanno condotto la stessa alla decisione impugnata in questa sede.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.