Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 luglio 2017, n. 17276

Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) - Imposta di registro - Applicazione dell'imposta - Atti relativi ad operazioni soggette ad I.V.A.Sentenza di condanna al pagamento di somme dovute ad un istituto di credito per un finanziamento - Interessi - Natura - Accertamento - Corrispettivo del mutuo - IVA - Soggezione - Registrazione a tassa fissa - Interessi moratori - Regime - Diversità.

 

Rilevato

 

che Banca Regionale Europea s.p.a. proponeva ricorso, avanti alla CTP di Milano, avverso l'avviso di liquidazione emesso dall' Ufficio per sottoporre a tassazione, con imposta di registro proporzionale, la sentenza pronunziata dal Tribunale di Voghera a conclusione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo intentato da G. M. e L. G., debitori dell'istituto di credito, il primo in proprio, ed entrambi nella qualità di fideiussori, nel quale erano rimasti entrambi soccombenti; che, secondo la Banca, l'avviso di liquidazione della imposta di registro e irrogazione di sanzioni non era sufficientemente motivato, e che la nota II dell'art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che le sentenze recanti condanna al pagamento di somme di denaro non sono soggette all'imposta proporzionale di registro nella parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi soggetti ad iva, e che i rapporti esaminati nella sentenza tassata, relativi a varie forme di finanziamento, per il principio dell'alternatività iva/registro non devono essere assoggettati a tale imposizione;

che la CTP di Pavia accoglieva il ricorso della contribuente per difetto di motivazione dell'atto impositivo, ma la CTR di Milano, su appello dell'Agenzia delle Entrate, con sentenza n. 32/32/10, depositata il 26/2/2010, riformava la pronunzia rilevando che alla sentenza di condanna oggetto della contestata tassazione, ottenuta dalla contribuente per il recupero di un finanziamento, va applicata l'imposta di registro in misura proporzionale, considerato che tra gli atti esenti da iva, pur trattandosi nella specie di pagamento di corrispettivi, non è riconducibile la sentenza di condanna in oggetto, ai sensi dell'art. 40, D.P.R. n. 131 del 1986, disposizione che richiama l'art. 10 del D.P.R. n. 131 del 1986;

che ricorre per la cassazione della sentenza la Banca, con due motivi di ricorso, cui resiste l'intimata Agenzia delle Entrate con controricorso;

 

Considerato

 

che la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, con il primo mezzo d'impugnazione, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, L. n. 241 del 1990, e 7, L. n. 212 del 2000, in relazione all'art. 54, comma 5, D.P.R. n. 131 del 1986, giacché la CTR ha erroneamente ritenuto che l'avviso di liquidazione impugnato contenesse elementi sufficienti per comprendere le modalità seguite dall'Ufficio per pervenire alla quantificazione dell'imposizione fiscale, senza considerare che si trattava del primo ed unico atto, notificato alla contribuente, con il quale veniva manifestata la potestà impositiva e che neppure recava l'indicazione della base imponibile, nonché, con il secondo mezzo, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8, comma 1, lett. b), della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, e della nota II apposta all'art. 8 medesimo, in relazione agli artt. 10, comma 1, n. 1), D.P.R. n. 633 del 1972, e 40, D.P.R. n. 131 del 1986, giacché la CTR ha erroneamente ritenuto di escludere dal novero delle operazioni esenti da iva le operazioni di credito bancario oggetto della ricordata controversia giudiziaria e della conclusiva sentenza del Tribunale, erroneamente affermando l'applicazione della tassa di registro in misura proporzionale anziché fissa;

che il primo motivo di ricorso va disatteso perché la decisione impugnata è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui è sufficiente la motivazione dell’avviso di liquidazione, in quanto idonea a consentire la difesa del contribuente, che contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l'applicazione di essi, bastando ciò per contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale (Cass. n. 25153/2013);

che la questione posta con il secondo motivo di ricorso può essere agevolmente risolta alla luce del principio, affermato da questa Corte, secondo cui << In tema di imposta di registro, la sentenza di condanna che un istituto di credito ottenga per il recupero delle somme ad esso dovute per un finanziamento, alla luce del principio di alternatività con l'iva consacrato nell'art. 40 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, va sottoposto a tassazione fissa, in base alla previsione della nota II dell'art. 8 della tariffa, parte I, allegata al detto decreto, senza distinzione tra quota capitale e quota interessi, quando questi ultimi non abbiano natura moratoria - come tali esentati, a norma dell'art. 15 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dalla base imponibile iva, con conseguente applicabilità dell'imposta di registro in misura proporzionale ai sensi dell'art. 8 della detta tariffa -, ma siano (come nella specie) gli interessi convenzionali, e quindi (con la commissione di massimo scoperto e la capitalizzazione trimestrale) il corrispettivo prodotto dall'operazione di finanziamento, trattandosi di prestazioni, ancorché esenti, attratte pur sempre all'orbita dell'iva. >> (Cass. n. 4748/2006; conf. n. 6125/2011);

che, invero, l'art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegato A, del D.P.R. n. 131 del 1986 (T.U. sul Registro) sottopone a tassazione gli atti dell'autorità giudiziaria in materia civile, compresi i decreti ingiuntivi, distinguendo, tra l'altro, i provvedimenti indicati alla lettera b), recanti "condanna al pagamento di somme o valori o altre prestazioni, o alla consegna di beni di qualsiasi natura", da quelli di cui alla lett. c) "contenenti accertamento di diritti a contenuto patrimoniale", e la nota 2 apposta in calce all'art. 8, in esame, prevede che gli atti di cui al comma 1, lett. b), "non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 del testo unico";

che, nella specie, la sentenza soggetta a registrazione è stata emessa all'esito di un giudizio contenzioso, qual'è appunto quello originato dall'atto di opposizione a decreto monitorio, all'esito del quale i soccombenti M. e G., per quanto riportato nel ricorso per cassazione, sono stati condannati solidalmente al pagamento, in favore della Banca, della somma complessiva di € 99.075, 74, oltre interessi di mora sulla somma di € 18.620,66 ed interessi in misura legale su quella di € 80.455,08, per un debito -quello degli ingiunti - che trova titolo in un contratto di conto corrente bancario (intestato a D. s.r.l.), in un contratto di finanziamento chirografario (in favore del M.), in una fidejussione (rilasciata dalla G.), nonché in due fidejussioni omnibus (rilasciate da entrambi in favore della società coorrentista); che, dunque, il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca (figura avente - come tale - la qualità di soggetto iva) è provvedimento che attiene al conseguimento per via giudiziale del pagamento di prestazioni, in relazione alle operazioni sopra ricordate (soggette ad iva ma esenti secondo il disposto dell'art. 40 del D.P.R. n. 131 del 1986), per cui la sentenza del Tribunale di Vigevano assume la consistenza di condanna ad un pagamento sottoposto all'imposta sul valore aggiunto e, in forza del canone della prevalenza di detta imposta su quella proporzionale di registro, l'atto in questione, a norma e per gli effetti dell'art. 40 del D.P.R. n. 131 del 1986, va registrato a tassa fissa, quanto al capitale ed alla quota di interessi (convenzionali, commissione di massimo scoperto, capitalizzazione trimestrale) che costituiscono il corrispettivo delle operazioni medesime e quindi non hanno natura moratoria;

che per quanto invece riguarda gli interessi di mora, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, le somme dovute a tale titolo non concorrono alla formazione della base imponibile dell'Iva per cui, se la ratio del principio di alternatività fissato dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, è quella di evitare che siano assoggettate all'imposta proporzionale di registro somme già colpite dall'iva, con conseguente duplicità di imposizione, all'evidenza tale esigenza non ricorre quanto agli interessi moratori, che devono pertanto ritenersi assoggettati all'imposta proporzionale di registro, anche quando riguardino una somma capitale soggetta ad iva (Cass. n. 12906/2007), dovendosi ritenere ormai superato I' indirizzo originato dalla sentenza n. 2696/2003 di questa Corte, secondo cui dal carattere unitario della obbligazione posta a base del decreto ingiuntivo discenderebbe il carattere unitario dell'imposizione relativa sia al capitale che agli interessi, decisione che non teneva conto del fatto che il diverso trattamento tributario degli interessi di mora relativi a somme soggette ad iva risulta imposto dal citato D.P.R. n. 633 del 1972, art.15;

che, in conclusione, in accoglimento del secondo motivo di doglianza, la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla medesima CTR anche per nuovo esame e per la liquidazione della spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia in relazione al motivo accolto alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.