Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 luglio 2016, n. 13808

Tributi - IVA - Rimborso - Acquisto di un contratto di leasing di immobile industriale - Bene non ammortizzabile - Esclusione - Sanzioni - Disapplicazione - Natura non volontaria e incolpevole della violazione - Prova a carico del contribuente

 

In fatto e in diritto

 

L’ufficio fiscale di Breno emetteva a carico della G. srl un avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione di un credito IVA indebitamente riscosso dalla società, in quanto relativo a prezzo di acquisto di un contratto di leasing stipulato con la SBS Leasing spa, relativo ad immobile industriale, in quanto non costituente bene ammortizzabile, irrogando le conseguenti sanzioni. Inoltre, l’ufficio contestava alla società contribuente l’indebita detrazione del costo relativo alla fattura emessa dalla società F. srl, relativa al medesimo contratto di leasing, trattandosi di negozi posti in essere da soggetti facenti parte del medesimo nucleo familiare. Applicava anche in questo caso le conseguenti sanzioni.

La contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Brescia che, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava non dovute le sanzioni irrogate respingendo per il resto il ricorso. Il contribuente impugnava la sentenza lamentando l’omessa decisione sull’intero petitum allo stesso devoluto. Anche l’ufficio interponeva appello, contestando la sentenza impugnata per avere deciso solo la questione relativa all’indebito rimborso dell’IVA, omettendo di pronunziarsi sull’indebita detrazione del costo che era stato ritenuto assorbito unitamente alla sanzione irrogata ex art. 6 c. 6 d.lgs. n. 471/1997.

La CTR confermava la decisione impugnata ritenendo che il rimborso IVA relativo all’acquisto del contratto di leasing era stato ritenuto giustamente indebito dal giudice di primo grado, non integrando bene ammortizzabile. Aggiungeva che, con riferimento alla riqualificazione del contratto di leasing come cessione d’azienda proposta dall’Agenzia, era convincente la tesi dell’ufficio in ragione del vincolo familiare tra i negozi intercorsi fra i soggetti contraenti. Quanto alle sanzioni riteneva di condividere la decisione della CTP laddove aveva ritenuto che la contribuente "...non fosse perfettamente a conoscenza della natura del costo e parimenti l'Ufficio".

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale la parte intimata non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.

La censura correlata alla violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 472/1997 proposta dall’Agenzia delle entrate è manifestamente fondata.

Occorre premettere che dalla lettura della sentenza impugnata e dal contenuto degli atti di appello proposti dalle parti avverso la sentenza di prime cure, risulta evidente che la censura esposta contro la sentenza nella parte relativa alle sanzioni non può che riferirsi alle sanzioni irrogate dall’ufficio per l’indebito rimborso del credito IVA, rimborso che la società G. s.r.l. aveva ottenuto sul presupposto che le somme versate per l’acquisto del contratto di leasing potesse integrare un bene ammortizzabile. Ciò perché entrambe le parti si sono dolute del mancato esame della questione relativa alla detraibilità ai fini IVA del medesimo costo per il quale l’Ufficio aveva formulato un autonomo rilievo irrogando autonome sanzioni. Questione sulla quale la CTR ha sì esposto talune argomentazioni, ma ha definito il giudizio respingendo interamente gli appelli proposti dalle parti e limitandosi ad esporre le proprie ragioni sulla sanzione esclusa dal giudice di primo grado.

Così circoscritto l’ambito della censura esposta dell’Agenzia ricorrente, la stessa è fondata.

Ed infatti, la CTR, dopo avere ribadito la natura indebita del rimborso IVA per l’acquisto del contratto di leasing in contestazione, ha valutato l’assenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione conseguente all’indebita richiesta di rimborso del credito d’imposta, sul presupposto che la natura dello stesso (ammortizzabile o meno) non fosse perfettamente a conoscenza del contribuente, senza tuttavia individuare gli elementi dai quali fosse possibile escludere l’assenza di colpevolezza che giustifica, anche unicamente sotto il profilo della colpa, l’irrogazione delle sanzioni (cfr. Cass. n. 4171/2009).

In tal modo la CTR non si è allineata alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, occorre che l’azione od omissione causativa della violazione sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza, e la prova dell'assenza di colpa grava sul contribuente, sicché va esclusa la rilevabilità d’ufficio di una presunta carenza dell’elemento soggettivo, sotto il profilo della mancanza assoluta di colpa - cfr. Cass. n. 13068/2011 Cass. n. 14042/2012.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese giudizio di legittimità ad altra sezione della CTR Lombardia.