Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2016, n. 13979

Tributi - Accertamento - Omessa fatturazione - Differenze inventariali riscontrate in sede di verifica - Presunzioni di acquisto e vendita senza fattura - Prova contratria - Risultanze, anche testimoniali o peritali emergenti dalla sentenza penale di assoluzione - Esclusione

 

Fatto

 

La società ha impugnato un avviso di accertamento ed un avviso di rettifica concernenti Iva, Irpeg ed Ilor relative all’anno 1996, scaturenti, nella prospettazione dell’ufficio, dall’omessa fatturazione di vendite di prodotti petroliferi risultanti mancanti in sede di verifica, nonché dall’omessa fatturazione dell’acquisto di propano denaturato, risultato in eccedenza rispetto alle giacenze contabili.

La Commissione tributaria provinciale ha parzialmente accolto i ricorsi, limitatamente alla ripresa riguardante la riscontrata mancanza di miscela propano-butano e l’eccedenza di propano denaturato; quella regionale ha accolto l’appello della società, sia pure preliminarmente reputando adeguatamente motivati gli atti impositivi. In particolare, nel merito, il giudice d’appello ha fatto leva sulla sentenza di assoluzione del legale rappresentante della A., divenuta definitiva, sostenendo che la mancanza di propano/butano sia ascrivibile ad una procedura di denaturazione del prodotto non contabilizzata per errore, che dà conto altresì dell’eccedenza del propano.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la società reagisce con controricorso e ricorso incidentale proposto in via condizionata, articolato in due mezzi, che illustra con memoria ex art. 378 c.p.c., che l’ufficio controbatte con controricorso.

 

Diritto

 

1. - Col secondo motivo del ricorso principale, proposto ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., di rilievo prodromico rispetto al primo, rispetto al quale spiega effetto assorbente, l’Agenzia lamenta la violazione dell’art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in combinazione con gli art. 2727 e 2729 c.c., là dove la Commissione tributaria regionale ha reputato idonee a superare le presunzioni legali relative di acquisto di beni reperiti nel luogo dove la società esercita la propria attività e di cessione dei beni ivi non reperiti le risultanze, anche testimoniali o peritali emergenti dalla sentenza penale di assoluzione menzionata in narrativa.

1.1. - Va anzitutto respinta l’obiezione mossa dalla società all’operatività già in tesi delle presunzioni di acquisto e di cessione poste dal d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, determinata dalla circostanza che le mancanze e le eccedenze in questione sono state riscontrate nell’unico deposito della società e non già in luoghi diversi da quelli in cui la contribuente esercita la propria attività.

Ciò in quanto l’elemento dell’alterità del luogo dove sono riscontrate mancanza od eccedenza rispetto ai luoghi in cui il contribuente svolge la propria attività è estraneo alle disposizioni invocate, contenute nel d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 (sulla natura integrativa e ricognitiva del quale rispetto alla previgente disciplina contenuta nell’art. 53 del d.P.R. 633/72 vedi, fra varie, Cass. 20 giugno 2008, n. 16838): le disposizioni in oggetto, di contro, si limitano a far riferimento rispettivamente ai «luoghi» (art. 1) o ad «uno dei luoghi» (art. 3) «in cui il contribuente svolge le proprie operazioni». Locuzioni, queste, di tenore tanto ampio, da ricomprendervi anche l’unico deposito del quale si discute.

1.2.-.Le presunzioni in questione per conseguenza operano, essendosene verificati i presupposti di fatto, dati dalle differenze inventariali indicate in narrativa e inidonee a superarle sono gli elementi ritraibili dalla sentenza penale di assoluzione valorizzati dal giudice d’appello; esse sono difatti annoverabili tra le presunzioni legali «miste», che consentono la prova contraria da parte del contribuente, ma solo entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova prefigurati dal legislatore e da quest’ultimo previsti ad evidenti fini antielusivi (tra varie, Cass. 28 luglio 2006, n. 17210; 4 febbraio 2015, n. 1976). Limiti di oggetto e mezzi di prova, ai quali sono estranei gli elementi desunti dalla sentenza penale in questione.

2. - Ne risulta assorbito, come si anticipava, il primo motivo del ricorso principale, che verte sul grado di autonomia di valutazione della sentenza da parte della Commissione tributaria.

3. - L’accoglimento del ricorso principale impone l’esame di quello incidentale condizionato.

4. -Infondato ne è il primo motivo, proposto ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., col quale la società si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 7, 1° comma, della L. n. 212/00, anche in relazione agli art. 1 e 2 del d.lgs. 37/01, sostenendo che l’art. 7 imponga un obbligo, cogente per l’amministrazione finanziaria, di allegazione, anche sotto forma di riproduzione, dell’atto al quale l’avviso di accertamento faccia riferimento.

Dispone l’art. 56, 5° co., del d.P.R. 633/72, intitolato alla "notificazione e motivazione degli accertamenti", che «se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale». Dunque, il ricevimento dell’atto richiamato da parte del contribuente fissa una presunzione legale assoluta di conoscenza di esso, che esclude l’obbligo di allegazione.

4.1. -La regola non è incrinata dall’art. 7 L. 212 del 2000, il quale, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione; infatti, un'interpretazione puramente formalistica si porrebbe in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell'interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d'invalidità o d'inammissibilità chiaramente irragionevoli (in termini, fra varie, Cass. 14 gennaio 2015, n. 407).

Nessun obbligo di allegazione doveva per conseguenza essere osservato nel caso in esame, in cui opera la presunzione assoluta di conoscenza, scaturente dal fatto, accertato in sentenza e non contestato, che «le risultanze della Guardia di Finanza -ossia l’atto del quale la società lamenta l’omessa allegazione- fossero già in possesso della parte».

5. - Il secondo motivo del ricorso incidentale, calibrato sulla pretesa insufficiente motivazione della sentenza impugnata, è, invece, inammissibile, perché non corredato del quesito di fatto, richiesto in base al regime ratione temporis vigente, in considerazione della data di deposito della sentenza, risalente al 6 novembre 2008, in cui l’art. 366- bis c.p.c. era vigente.

6. -In definitiva, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo, la sentenza impugnata va cassata; non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto del ricorso originariamente proposto dalla contribuente.

La circostanza che l’orientamento di questa Corte si sia consolidato successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo comporta la compensazione delle spese inerenti alle fasi di merito. Quelle concernenti il giudizio di legittimità seguono, invece, la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto. Compensa le spese inerenti alle fasi di merito e condanna la società a rifondere quelle concernenti il giudizio di legittimità, che liquida in euro 7000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.