Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 aprile 2017, n. 9204

Professionisti - Dottore commercialista - Visto di conformità - Irregolarità

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di De M. P. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 3010/6/2015, depositata in data 27/05/2015, con la quale - in controversia concernente l'impugnazione di un atto di contestazione di sanzioni emesso, per l'anno 2007, a carico del dottore commercialista, in relazione all'irregolare rilascio alla Albergo di Russia spa del visto di conformità e della certificazione tributaria attestante il regolare comportamento della medesima società nella redazione delle dichiarazioni dei redditi, avuto riguardo all'esatto calcolo delle imposte su immobili di interesse storicoartistico ed all'applicabilità dell'agevolazione fiscale di cui all'art. 11 l. 413/1991, - è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d'appello, nel respingere il gravame dell'Agenzia delle Entrate, rilevato che, con sentenza di altra C.T.R., era stata riconosciuta la regolarità delle dichiarazioni dei redditi presentate dalla società contribuente Albergo di Russia, hanno sostenuto che, conformemente a quanto ritenuto dai giudici della richiamata distinta pronuncia, agli immobili storico-artistici dovesse essere applicato "in ogni caso" il regime speciale fiscale dettato dalia l. 413/1991.

Doveva pertanto ritenersi corretta la motivazione espressa dai giudici di primo grado, i quali avevano ritenuto di annullare le sanzioni irrogate al professionista, "facendo proprio ¡'iter motivazionale" della sentenza emessa nel giudizio "pregiudiziale", riguardante l'annullamento degli avvisi di accertamento a carico della società contribuente "per il medesimo titolo e periodo d'imposta".

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il controricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 2909 c.c., non avendo i giudici della C.T.R. tenuto conto del fatto che i procedimenti pendenti a carico della società contribuente Albergo di Russia non si erano resi definitivi (tanto che avverso la sentenza n. 91/20/2012 della C.T.R. del Lazio pende giudizio dinanzi a questa Corte n 4123/2013 RG). Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia poi la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 295 c.p.c. in quanto i giudici di appello, in presenza di giudizio avente ad oggetto l'irrogazione di una sanzione al professionista, che si fondava su altro atto pregiudiziale, l'avviso di accertamento a carico della società contribuente, avrebbero dovuto sospendere il giudizio pregiudicato in attesa della definizione del giudizio principale pregiudiziale.

2. Le due censure sono infondate.

Invero, quanto all'asserita violazione dei principi sul giudicato, la C.T.R. (ed i giudici della C.T.P.) non ha affatto violato la regola della intangibilità del giudicato, nella specie insussistente (la sentenza di merito emessa in appello e favorevole a alla Albergo di Russia spa era stata gravata di appello e successivamente impugnata in cassazione), ma ha fatto ricorso alla "autorità" della pronuncia emessa nell'altro giudizio, valutando nel merito la correttezza delle argomentazioni logiche e giuridiche svolte nella motivazione di tale provvedimento.

Quanto poi alla violazione del disposto dell'art. 295 c.p.c - al di là di ogni questione inerente l'operatività o meno di tale disposizione nel processo tributario, rispetto al disposto dettato dall'art. 337 c.p.c., comma 2° (cfr. da ultimo, sulla non operatività, Cass. 17663/2016; Cass. 3096/2016; contra Cass. 11441/2016) - deve ritenersi che, nella specie, non sussisteva una situazione di pregiudizialità necessaria, in quanto il rapporto di pregiudizialità richiesto dalla norma in esame, nell'esigenza di evitare un conflitto tra giudicati, non può configurarsi nelle ipotesi di cause pendenti tra soggetti diversi (nella fattispecie, il giudizio tra società contribuente ed Amministrazione finanziaria, da un lato, ed il giudizio tra professionista incaricato dalla prima per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi ed Amministrazione finanziaria, dall'altro lato), perché la pronuncia di ciascun giudizio, non potendo fare stato nei confronti delle diverse parti dell’altro, non può perciò stesso costituire il necessario antecedente logico - giuridico della relativa decisione (Cass. 1907/2000; Cass. S.U. 12901/2013).

3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n 3 c.p.c., dell'art. 11 comma 2 l. 413/1991 e dell'art.4 D.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012, dovendo ritenersi inapplicabile agli immobili di interesse storico o artistico, detenuti da soggetti esercenti attività d'impresa, beni pacificamente "strumentali" all'attività economica esercitata dalla società, l'agevolazione (il regime di determinazione forfetaria del reddito) prevista dall'art. 11 comma 2 l. 413/1991, prima della abrogazione disposta con la l. 44/2012.

4. Il motivo è fondato, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in tema di imposte sui redditi, i canoni prodotti dalla locazione di immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della legge 10 giugno 1939, n. 1089, che siano oggetto dell'attività dell'impresa, rappresentano ricavi che concorrono alla determinazione del reddito di impresa, secondo le norme che lo disciplinano, senza che sia applicabile l'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, il quale, nello stabilire che il reddito degli immobili in questione è determinato "mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato", si riferisce al solo reddito fondiario e si giustifica nei costi di manutenzione degli immobili vincolati, superiori a quelli normalmente richiesti per altre tipologie di immobili, giustificazione, quest'ultima, che non avrebbe senso rispetto ai redditi di impresa, determinati sulla base dei ricavi conseguiti in contrapposizione ai correlativi costi che, invece, sono indeducibili rispetto ai redditi fondiari (Cass. nn. 26343 del 2009, Cass. 7542/2011, Cass. 7615/2014, Cass.18921/2015).

Il giudice del rinvio dovrà poi vagliare gli altri profili, rimasti assorbiti, inerenti la valutazione della condotta del professionista con riguardo agli obblighi di diligenza e perizia (vertendosi in tema di sanzioni) in rapporto alle indicazioni all'epoca emergenti dalla giurisprudenza di legittimità ed alla condotta dell'Ufficio, in riferimento all'acquiescenza prestata a pronunce dei giudici di merito relative ad annualità pregresse.

5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del terzo motivo del ricorso (respinti i primi due motivi), va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo del ricorso, respinti I primi due motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del LAZIO in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.