Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 aprile 2017, n. 9292

Sgravio contributivo - Regione Sicilia - Verbale di accertamento - INPS - Indebita fruizione

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata il 10.2.2011, la Corte d'appello di Catania confermava la pronuncia di prime cure che aveva rigettato l'opposizione proposta da M. s.r.l. avverso il verbale di accertamento con cui l'INPS le aveva richiesto il pagamento di somme per sgravi indebitamente fruiti in asserita applicazione della legge regionale siciliana n. 30/1997 nel periodo febbraio 1999-maggio 2004.

La Corte, per quel che qui rileva, negava che la legge regionale citata, pur definendo come "sgravio" il beneficio riconosciuto alle imprese che si trovassero nelle condizioni soggettive e oggettive ivi descritte, avesse istituito uno sgravio contributivo in senso tecnico, trattandosi piuttosto di un incentivo concesso dalla Regione Siciliana di importo pari all'ammontare dei contributi dovuti dalle imprese beneficiarie, la cui operatività restava condizionata all'accredito delle corrispondenti somme presso l'INPS, previa comunicazione dell'elenco delle imprese ammesse a goderne, di cui nella specie non vi era prova.

Contro questa pronuncia ricorre M. s.r.l. con tre motivi, illustrati con memoria.

Resiste l'INPS con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1, 5, 8, comma 1, 11, comma 1, 13 e 15, I. reg. sic. n. 30/1997, in relazione agli artt. 1, 10, 11 e 12 prel. c.c. e all'art. 113 c.p.c., per avere la Corte di merito negato la natura di sgravio contributivo all'incentivo previsto dalla legge regionale.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omessa e contraddittoria motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto l'abrogazione dell'art. 5, comma 2, legge reg. sic. n. 30/1997, nella parte in cui prevede la fattispecie autorizzatoria del silenzio assenso ai fini della fruizione dello sgravio, e altresì per aver disatteso le conclusioni della CTU disposta in seconde cure.

Con il terzo motivo, infine, la ricorrente si duole di violazione degli artt. 2697 c.c. e 115- 116 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che non fosse onere dell'INPS la prova delle risultanze del verbale d'accertamento.

Ciò posto, il primo motivo è infondato.

La legge regionale siciliana n. 30/1997 ha previsto a favore di talune categorie di datori di lavoro che provvedano all'assunzione di determinate categorie di lavoratori e/o a regolarizzare i rapporti di lavoro in essere un intervento regionale di carattere aggiuntivo rispetto a quelli di analoga natura eventualmente disposti dallo Stato, il quale, benché definito all'art. 1, comma 1, in termini di «sgravio totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro», viene tuttavia più correttamente qualificato dai successivi artt. 6, 7, 12 (ai quali l'art. 1 fa espressamente rinvio) in termini di «contributo pari allo sgravio totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro» (artt. 6, 7, 11, 12) ovvero di «incentivo pari allo sgravio totale dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro» (artt. 8, 9, 10): si tratta infatti di una provvidenza che, pur ripetendo la propria misura dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro, è posta a carico della Regione Sicilia, il cui Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione, previa intesa con l'INPS, in tanto può autorizzare «il conguaglio dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dal datore di lavoro al predetto istituto» in quanto provveda «ad accreditare le somme corrispondenti al beneficio concesso» (art. 15, comma 1).

Detto altrimenti, il presupposto indefettibile affinché il datore di lavoro possa eccepire fondatamente all'INPS di non esser più tenuto all'adempimento dell'obbligazione contributiva è che l'Assessorato abbia provveduto al pagamento, il che - in termini generali - è affatto coerente con la previsione dell'art. 1273, comma 2°, c.c., secondo cui, in caso di accollo di un debito, l'adesione del creditore importa la liberazione del debitore originario «solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo»: prova ne sia che il comma 2 dell'art. 15, I. reg. sic. n. 30/1997, prevedendo espressamente che i benefici in questione «non sono computabili ad alcun fine nelle partite contabili debitorie e creditorie tra i datori di lavoro e l'Istituto nazionale della previdenza sociale», esclude che il datore di lavoro, anche in caso di ammissione al beneficio, possa eccepire in compensazione all'INPS il relativo importo, mentre il successivo comma 3, nel prevedere che l'Assessore regionale «comunicherà l'elenco dei datori di lavoro nei confronti dei quali l'INPS procederà al conguaglio», rimette alla manifestazione di volontà dell'istituto previdenziale la liberazione del debitore originario.

Così ricostruita la fattispecie per cui è causa, si palesa l'infondatezza degli ulteriori motivi di ricorso. Circa il secondo, infatti, del tutto correttamente la Corte territoriale ha concluso che il decorso del termine di cui all'art. 5, I. reg. sic. n. 30/1997 (secondo il quale «L'autorizzazione, (al conguaglio) si intende concessa se non interviene provvedimento di diniego entro 45 giorni dalla notificazione dell'istanza» all'Assessorato) può valere, se del caso, a costituire l'Assessorato quale debitore del datore di lavoro per l'importo dei contributi da questi dovuti all'INPS, ma non anche a liberare il datore di lavoro nei confronti dell'INPS: la convenzione di accollo, infatti, non ha effetti nei confronti del creditore fino a quando egli non vi abbia aderito (art. 1273, comma 1°, c.c.), ed è appena il caso di aggiungere che nessuna censura può essere mossa alla sentenza per aver disatteso le conclusioni della CTU, che aveva concluso per il diritto della ricorrente a beneficiare del contributo regionale pari all'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'INPS, dal momento che oggetto del giudizio non è la spettanza del contributo regionale, ma piuttosto la possibilità che codesto contributo sia opposto in compensazione all'INPS in assenza di prova del corrispondente accredito delle somme corrispondenti da parte dell'Assessorato.

Circa il terzo motivo, con cui parte ricorrente si duole che la sentenza abbia posto a suo carico l'onere della prova circa la spettanza degli sgravi rivendicati, è invece il caso di ribadire che, non vertendosi nel caso di specie in ipotesi di sgravi contributivi (l'onere della prova dei cui presupposti è comunque a carico del datore di lavoro: v. ex multis Cass. nn. 8988 del 2008, 16351 del 2007, 5137 del 2006), si trattava piuttosto di dare la prova di uno specifico fatto estintivo del credito, ossia l'adempimento del terzo accollante, e del tutto correttamente la Corte territoriale l'ha posto a carico dell'odierna ricorrente, ricadendo sull'eccipiente l'onere di dare prova del fatto estintivo dell'altrui diritto (art. 2697, comma 2°, c.c.). Il ricorso, conclusivamente, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 9.200,00, di cui € 9.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.