Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 aprile 2017, n. 9086

Tributi - Reddito d’impresa - Esistenza e inerenza dei costi - Onere di prova a carico del contribuente - Sopravvenienza passiva - Penale prevista da contratto d’appalto - Perdita da transazione - Esistenza del contratto transattivo

 

Ritenuto in fatto

 

Con avviso di accertamento notificato l'8 gennaio 2001 l'Agenzia delle Entrate procedeva alla rideterminazione analitica del reddito IRPEG e ILOR per l'anno di imposta 1996 della T.V. s.c.a.r.l., recuperando a tassazione la sopravvenienza passiva di € 206.944,28, in quanto indeducibile per difetto del requisito della inerenza del costo. Avverso il suddetto accertamento, la T.V. s.c.a.r.l. proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P. di Roma, deducendo che la sopravvenienza consisteva in una perdita causata da una transazione intervenuta con altra società a seguito di contestazioni di penali previste nel contratto di appalto stipulato tra le due società, sicché sussisteva il requisito dell'inerenza del costo.

La Commissione tributaria adita rigettava il ricorso, rilevando che la società ricorrente non aveva fornito la prova dell'esistenza del contratto di transazione, non essendo a tal fine sufficiente lo scambio di corrispondenza tra le parti e l'emissione di una nota di credito. Proposto appello dalla contribuente, la C.T.R. del Lazio, con sentenza del 28 maggio 2009, confermava la decisione di primo grado, rilevando, altresì, che non ricorreva la dedotta violazione del disposto dell'art. 112 c.p.c. in quanto la questione relativa alla intervenuta transazione aveva costituito oggetto del giudizio di primo grado. Avverso la suddetta sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

La ricorrente ha depositato memoria.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che la C.T.R., confermando l'errore commesso dal giudice di primo grado, avrebbe violato l'art. 112 c.p.c., decidendo in base ad un titolo che l'Agenzia delle Entrate non aveva mai invocato come fondamento della sua pretesa, avendo il giudice di appello ritenuto che non fosse stata dimostrata dalla società contribuente la conclusione della transazione da cui era scaturita la sopravvenienza passiva, anziché pronunciarsi sulla relativa inerenza ed inevitabilità, cui soltanto l'Ufficio aveva fatto riferimento nell'avviso di accertamento.

Il motivo è infondato.

Per pacifica giurisprudenza, in tema di determinazione del reddito di impresa, l'onere della prova dell'esistenza e dell'inerenza dei costi incombe al contribuente. Pertanto, la società contribuente, avendo contestato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l'avviso di accertamento deducendo che la transazione intervenuta con altra società giustificava la minusvalenza, avrebbe dovuto dimostrare, anzitutto, l'esistenza del contratto transattivo e, quindi, l'inerenza della perdita.

Il fatto che l'Ufficio non abbia assunto specifica posizione in merito alla effettiva conclusione di tale contratto non implica che la questione esulasse dall'oggetto del giudizio, in considerazione del richiamato onere probatorio gravante sulla società contribuente, tenuto altresì conto che l'accertamento demandato al giudice di merito sul rapporto tributario e sulla fondatezza della pretesa fiscale postulava, nella specie, la verifica della esistenza del contratto transattivo sul quale la società contribuente fondava la perdita subita.

Il giudice, pertanto, al fine di statuire sul merito della controversia, e cioè sulla inerenza o meno dell'onere correlato alla rinuncia di parte del corrispettivo da parte della società contribuente, doveva necessariamente verificare che la transazione fosse stata effettivamente conclusa tra le parti contraenti.

2. Il rigetto del primo motivo di ricorso comporta l'assorbimento del secondo, concernente il dedotto vizio motivazione sulla inerenza del costo, in difetto di prova della esistenza della transazione da cui esso derivava.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 7.100,00, oltre spese prenotate a debito.