Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 luglio 2014, n. 17184

Lavoro - Servizio di mensa scolastica - Omesso versamento di contributi dovuti l’INPS - Dichiarazioni rese dalle lavoratrici in sede ispettiva

Ritenuto in fatto e in diritto

 

1. Con ricorso, depositato l’11.03.2003, la Cooperativa Sociale "H.L." a r.l. proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale, con la quale era stato intimato il pagamento dell’importo di € 60.464,00 in relazione ad omesso versamento di contributi dovuti l’INPS per i lavoratori assunti per il servizio di mensa scolastica per il Comune di Colle Sannita per gli anni scolastici 1997/1998 e 1998/1999.

Il Tribunale di Benevento con sentenza del 29.12.2005 accoglieva parzialmente l’opposizione nella parte in cui l’INPS aveva ritenuto insussistente il diritto alla fruizione dei benefici di cui alla legge n. 407 del 1990, conseguentemente annullava la cartella opposta e condannava la società opponente al pagamento di € 48.910,00 dovuti per le altre causali (durata dei rapporti di dipendenza).

2. Tale decisione, impugnata dalla società in via principale e dall’INPS in via incidentale, è stata confermata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1344 del 2008.

La Corte territoriale ha osservato, con riferimento all’appello principale, che le dichiarazioni sostitutive di notorietà delle lavoratrici, confermate in sede            di interrogatorio, in ordine agli orari di lavoro, non erano di per sé idonee a scalfire il valore probatorio dei verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del Lavoro. Nel caso di specie, ad avviso della Corte, il primo giudice correttamente aveva privilegiato le dichiarazioni rese agli ispettori nell’immediatezza, senza alcun filtro o intervento esterno, tanto più che nelle domande si era fatto chiaro riferimento al periodo in cui veniva eseguito il servizio di mensa scolastico presso il Comune di Colle Sannita.

La stessa Corte, con riguardo all’appello incidentale, ha ritenuto che nel caso di specie sussistessero i presupposti ex art. 8-9° comma della legge n. 407 del 1990 per il riconoscimento a favore della cooperativa degli sgravi contributivi nella misura di 50%.

5. La cooperativa ricorre per cassazione affidandosi a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 cpc.

L’INPS resiste con controricorso.

Non si è costituita l’intimata S. S.p.A.

6. In via preliminare l’NPS sostiene che la società ha impugnato la sentenza soltanto nei confronti dell'Istituto, ritenendo con ciò di fare acquiescenza nei confronti della SCCI S.p.A., cessionaria del credito e dunque effettiva titolare dello stesso.

L’eccezione è infondata.

Al riguardo va osservato che secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale (cfr Cass. n. 19363 del 2013) in tema di cessione di crediti contributivi vantati dall’INPS, alla luce dell’art. 13-8° comma- della legge n. 448 del 1998, nei procedimenti civili di cognizione e di esecuzione, pendenti alla data della cessione, trova applicazione l’art. 111-1° e 4° comma- cpc, sicché il processo prosegue tra le parti originarie e la sentenza pronunciata contro queste ultime spiega i propri effetti anche nei confronti del successore a titolo particolare (la società cessionaria) il quale può intervenire in tali procedimenti, ma non può essere chiamato in causa.

Qualora, invece, successivamente alla trasmissione dei ruoli al cessionario, i debitori promuovano, avverso il titolo, giudizio di merito e di opposizione all’esecuzione, sussiste il litisconsorzio necessario, nel lato passivo, tra l’INPS e lo stesso cessionario. La configurazione di litisconsorzio necessario comporta che la pretermissione del cessionario, si risolve nella nullità della sentenza, deducibile o rilevabile per la prima volta in sede di legittimità (cfr Cass. SU n. 26019 del 2008).

Nel caso di specie però l’istituto ha omesso di precisare e di documentare la data certa della stipulazione del contratto di cessione dei crediti e della trasmissione dei ruoli, dai quali si potesse evincere la posteriorità dell’instaurazione del giudizio e quindi della sussistenza dell’invocato litisconsorzio necessario.

7. Con il primo motivo del ricorso la ricorrente lamenta vizio di motivazione, contestando al giudice di appello di avere accolto aprioristicamente l’assunto del primo giudice circa l’inutilità delle autodichiarazioni spontanee rese dalle lavoratrici, una volta rese edotte del travisamento, da parte degli ispettori dell’INPS, dei fatti dalle stesse esposti e delle arbitrarie ed unilaterali deduzioni sul punto.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.. dell’art. 4 della legge n. 15 del 1968 e dell’art. 2 del DPR n. 445 del 2000, sostenendo che il giudice di appello ha prestato fede unicamente al verbale ispettivo, trascurando la lettura delle altre risultanze documentali ed omettendo qualsiasi valutazione delle risultanze della prova testimoniale e dell’interrogatorio libero, da cui si evincerebbe che le dichiarazioni delle lavoratrici erano state asseverate.

Gli esposti motivi, da esaminarsi congiuntamene stante la loro stretta connessione, sono infondati.

Invero il giudice di merito ha esposto chiaramente le ragioni del proprio convincimento sulla base del materiale probatorio acquisito, in particolare privilegiando le dichiarazioni rese dalle lavoratrici in sede ispettiva e non dando rilevanza alle autodichiarazioni sostitutive di notorietà di diverso contenuto. Trattasi di valutazione, sorretta da adeguata e coerente motivazione, essendo stata peraltro evidenziata dal giudice di appello (cfr pag. 2 della sentenza impugnata) la non plausibilità dell’inganno in cui sarebbero cadute le lavoratrici nel rispondere a precise domande degli ispettori sul luogo e sul periodo do lavoro, mentre la ricorrente oppone un diverso non consentito apprezzamento in sede di legittimità.

8. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del presente giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nessuna pronuncia va emessa sulle spese nei confronti dell’intimata S., che non ha svolto alcuna attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 4000,00 per compensi, oltre accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti dell’intimata S. S.p.A.