Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 marzo 2018, n. 7676

Tributi locali - ICI - Accertamento - Notifica - Posta privata - Termini

 

Rilevato che

 

Con sentenza in data 8 giugno 2015 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l'appello proposto dalla I. Immobiliare - società di gestione del risparmio - spa avverso la sentenza n. 2697/17/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che ne aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento ICI 2012. La CTR osservava in particolare che risultava del tutto corretta la pronuncia gravata quanto alla affermazione della tardività del ricorso introduttivo della lite.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso il Comune di Bari.

Entrambe le parti hanno successivamente depositato una memoria.

 

Considerato che

 

In via preliminare va rilevata l'inammissibilità, per tardività, della memoria depositata dal Comune di Bari, controricorrente. Con l' unico mezzo dedotto —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 4, d.lgs. 261/1999, 16, commi 3-5, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR ha confermato la statuizione della CTP di tardività del ricorso originario, affermando l'inesistenza della notifica per posta privata e quindi individuando la data di proposizione del ricorso medesimo in quella della sua ricezione da parte dell'Ente impositore.

La censura va dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1), cod. proc. civ.

Risulta pacifico in fatto che:

- l'avviso di accertamento impugnato è stato notificato il 21 gennaio 2014 e che il termine di 60 giorni per impugnarlo scadeva il 24 marzo 2014, essendo il sessantesimo giorno un sabato e quindi prorogandosi il termine de quo al lunedì immediatamente successivo ex art. 155, cod. proc. civ.;

- il ricorso introduttivo della lite è stato affidato per la notifica in data 24 marzo 2014 non al Servizio postale universale gestito da Poste Italiane spa, ma al fornitore privato S. Express Courier, essendo poi ricevuto dal Comune di Bari il 26 marzo 2014. Tenendo conto di questi elementi fattuali, il giudice tributario di appello ha confermato la sentenza appellata sul punto dell'accertamento della tardività del ricorso originario della società contribuente, espressamente richiamando la consolidata giurisprudenza di questa Corte, formatasi con specifico riguardo alla questione di diritto se il servizio privato postale possa essere equiparato ai fini della spedizione dei ricorsi giurisdizionali tributari, che è fermamente orientata in senso negativo e dunque nel senso che tale modalità notificatoria debba considerarsi giuridicamente inesistente, con la conseguenza, quale tratta dalla CTR pugliese, che nel caso, come quello di specie, di notifica diretta all'Ente impositore la modalità stessa sia omologabile alla "consegna diretta" dell'atto giudiziario (e non alla sua spedizione).

La ricorrente non adduce, nemmeno con la memoria illustrativa, elementi tali da indurre il Collegio a ritenere modificabile tale orientamento della giurisprudenza di legittimità, dovendosi appunto ribadire il principio di diritto che «In tema di contenzioso tributario, la notifica a mezzo posta del ricorso introduttivo del giudizio tributario effettuata mediante un servizio gestito da un licenziatario privato deve ritenersi inesistente, e come tale non suscettibile di sanatoria, atteso che l'art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 261 del 1999, che ha liberalizzato i servizi postali, stabilisce che per esigenze di ordine pubblico sono comunque affidati in via esclusiva alle Poste Italiane s.p.a. le notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari di cui alla l. n. 890 del 1982, tra cui vanno annoverate quelle degli atti tributari sostanziali e processuali» (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19467 del 30/09/2016, Rv. 641243 — 01; conforme Sez. 6 - 5, Ordinanza n.23887 del 11/10/2017, Rv. 646409 -01).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile (v. Sez. U, Sentenza n.7155 del 21/03/2017, Rv. 643549 — 01).

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in curo 13.000 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.