Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 ottobre 2017, n. 24032

Riliquidazione della pensione - Indennità estero - Natura retributiva - Inclusione nelle fasce di retribuzione convenzionale - Natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi riservata al giudice di merito

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata il 18.3.2011, la Corte d'appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava l'INPS a riliquidare la pensione spettante a D.G. con l'inclusione, nelle fasce di retribuzione convenzionale assunte quale base di calcolo, dell'indennità estero percepita negli anni 1998-2002.

La Corte, in particolare, riteneva che l'indennità estero avesse natura retributiva e, come tale, andasse a comporre per intero il trattamento sulla cui base computare l'importo della pensione dovuta.

Contro tale pronuncia ricorre l'INPS, con tre motivi di censura. D.G. resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, l'Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 48, comma 8, d.P.R. n. 917/1986, come modificato dall'art. 3, d.lgs. n. 314/1997, e degli artt. 1-5, d.l. n. 398/1987, nonché vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito ritenuto che, essendo l'indennità estero parificabile all'indennità di trasferta, doveva essere computata nell'imponibile contributivo relativo agli anni 1998 - 2000 solo in misura pari al 50%.

Con il secondo motivo, l'Istituto lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 48, comma 8-bis, d.P.R. n. 917/1986, e 36, comma 1, I. n. 342/2000, per non avere la Corte territoriale ritenuto analogamente anche per gli anni 2001-2002.

Da ultimo, con il terzo motivo, l'Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell'art. 4, d.l. n. 317/1987, cit., nonché di vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito verificato se, per effetto della inclusione dell'indennità estero nella retribuzione percepita, dovesse farsi luogo all'applicazione di una fascia superiore di retribuzione convenzionale su cui calcolare la retribuzione pensionabile. Ritenuto che tale ultima doglianza risulta smentita per tabutas da quanto affermato a pag. 3 della sentenza impugnata, dove si legge testualmente che «secondo quanto affermato dal primo giudice, con affermazione rimasta incontestata, l'attribuzione di una fascia di retribuzione convenzionale inferiore a quella reclamata dall’odierno appellante scaturisce dalla mancata inclusione nella retribuzione di riferimento della indennità estero» percepita dall'odierno controricorrente, i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell'intima connessione delle censure svolte, e sono infondati.

Questa Corte, invero, ha costantemente insegnato che la qualificazione dell'assegnazione di un lavoratore ad una sede estera in termini di trasferta o trasferimento, al pari di quella relativa alla natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi attribuiti, è riservata al giudice di merito, la cui, valutazione costituisce giudizio di fatto che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di legittimità (cfr. da ult. Cass. n. 18479 del 2014, sulla scorta di Cass. nn. 3278 del 2004 e 6240 del 2006).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, dopo aver esaminato i contratti di volta in volta stipulati tra l'odierno controricorrente e il proprio datore di lavoro, dove erano previsti specifici rimborsi spese per i viaggi e/o i trasferimenti autorizzati della famiglia (che implicavano la messa a disposizione gratuita di un alloggio), ha escluso che l'indennità estero, in ragione delle modalità della sua corresponsione, avesse anche solo in parte natura risarcitoria o di rimborso spese, concludendo consequenzialmente che non vi fosse ragione per escluderne la natura retributiva. E poiché l'INPS, pur avendo dedotto al riguardo un vizio di motivazione, non ha tuttavia indicato alcun fatto (anche secondario) decisivo dalla cui considerazione potesse discendere un giudizio differente da quello espresso dai giudici di merito, resta conseguentemente esclusa la violazione o falsa applicazione delle disposizioni citate nella rubrica dei due motivi, tanto più che - come questa Corte ha avuto già modo di precisare, ribadendo il principio secondo cui, ai fini dell'individuazione della base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti in relazione alla posizione di lavoratori italiani che prestano attività lavorativa all'estero, deve aversi riguardo alla retribuzione effettivamente corrisposta - la natura stessa della delega di cui all'art. 3, comma 19, lett. a), I. n. 662/1996, in base alla quale l'equiparazione della definizione di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e previdenziali deve essere operata «ove possibile», non è tale da determinare la natura recettizia del rinvio alle richiamate disposizioni del d.P.R. n. 917/1986 a fini previdenziali, occorrendo esaminare la compatibilità con il sistema previdenziale delle disposizioni di carattere fiscale (Cass. n. 17646 del 2016).

Il ricorso, pertanto, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.200,00, di cui € 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.