Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 ottobre 2017, n. 25909

Accertamento tributario - Avviso di accertamento - Reddito di lavoro autonomo - Accesso ai conti correnti bancari - Presunzione - Imputazione degli elementi risultanti a ricavi dell'attività - Prova contraria

 

Fatti di causa

 

1 - La Commissione tributaria regionale delle Marche, con sentenza dell'11 marzo 2010, rigettava l'appello proposto dall'ufficio, la locale Agenzia delle entrate, avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Ancona che aveva annullato l'accertamento a carico di G.A. poiché questo si era fondato sull'art. 32 d.P.R. n. 600/1973, come modificato dall'art. 1 comma 402 legge n. 311/2004 applicato retroattivamente.

La Commissione ribadiva l'irretroattività della norma e del sistema di controllo ed accertamento dalla medesima introdotto.

2 - Avverso tale decisione ha presentato ricorso l'Agenzia delle entrate, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, ed il contribuente G.A. si è costituito ed ha depositato controricorso.

2 - 1 - Il ricorso dell'Avvocatura generale dello Stato articola quattro motivi.

2 - 1 - 1 - Nel primo lamenta la violazione di legge ed in particolare dell'art. 32 d.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla legge finanziaria del 2005, laddove questo dispone che all'amministrazione finanziaria è consentito richiedere agli intermediari finanziari notizie circa i rapporti intrattenuti dai soggetti sottoposti a verifica, potendo poi porre tali dati a fondamento degli accertamenti fiscali, creando delle presunzioni semplici di ricavi non dichiarati.

La Commissione aveva ritenuto la norma di carattere sostanziale e ne aveva dedotto l'irretroattività. Errando però perché la norma afferisce alle sole modalità di accertamento e, in ambito analogo, la Cassazione civile (n. 1728/1999) aveva già affermato che l'acquisizione di documentazione presso gli istituti di credito (resa possibile dalla legge sul segreto bancario n. 413/1999) non costituiva una norma sostanziale.

Citava inoltre Cass. n. 267/2001, n. 22012/2006 ed anche la decisione della Corte costituzionale n. 173/2008.

2 - 1 - 2 - Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alle presunte giustificazioni fornite dal contribuente circa i versamenti ed i prelevamenti dal conto in realtà assenti, insufficienti o inconferenti (le si ricordava nel dettaglio).

2 - 1 - 3 - Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge per avere ritenuto necessaria l'allegazione all'avviso di accertamento dell'atto autorizzativo dell'indagine bancaria.

Allegazione non prevista a pena di nullità dalla giurisprudenza di legittimità, da ultimo Cass. n. 10675/2010.

2 - 1 - 4 - Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione in ordine ai recuperi relativi all'ammortamento di un'autovettura ed a costi non inerenti o non documentati.

Quanto all'ammortamento, il contribuente aveva prodotto un prospetto di quote che divergeva dalla deduzione dallo stesso effettuata in dichiarazione per la medesima annualità.

La contestazione da parte del contribuente dei costi era stata del tutto generica.

Le motivazioni della Commissione sui punti in questione erano state generiche ed apparenti.

2 - 2 - Nel proprio controricorso G. chiede l'inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Il secondo motivo è inammissibile perché sul punto l'amministrazione non aveva interposto appello.

Il quarto motivo è inammissibile perché finalizzato ad ottenere una nuova decisione sul merito con un diverso apprezzamento delle prove.

Il primo motivo è infondato perché proprio le sentenze citate nel ricorso indicano come le norme sul segreto bancario siano diverse da quelle applicabili nell'odierno caso concreto perché dalle stesse non deriva l'inversione dell'onere della prova a vantaggio dell'amministrazione, mentre l'art. 32, come novellato, costituisce una presunzione a carico del contribuente.

Si cita la sentenza CEDU n. 30345/2005 sui poteri degli organi che procedono ad una verifica fiscale.

Il terzo motivo è infondato perché la nullità derivante dalla mancata allegazione dell'autorizzazione alle indagini bancarie era indicata nella stessa circolare dell'Agenzia delle entrate e perché tale atto del Procuratore della Repubblica può essere autonomamente impugnato.

3 - La difesa del contribuente ha depositato memoria in cui ulteriormente argomenta le ragioni dell'infondatezza del ricorso dell'Agenzia delle Entrate.

Il primo motivo è in contrasto con la sentenza n. 228 del 2014 della Corte costituzionale che ha ritenuto l'illegittimità dell'art. 32 in relazione ai prelievi ingiustificati dai conti bancari dei lavoratori autonomi. La medesima sentenza aveva anche eliminato l'equiparazione fra imprenditori e lavoratori autonomi per cui non si applica più l'art. 32 ai secondi.

Come aveva confermato la Corte di cassazione con la sentenza n. 12779 del 2016 ed in altre decisioni dello stesso segno.

Il secondo motivo era inammissibile in quanto sulle giustificazioni fornite dal contribuente in ordine alle movimentazioni bancarie si era formato il giudicato perché definite dal primo giudice l'ufficio non aveva proposto appello sul punto.

Il quarto motivo è inammissibile perché finalizzato ad ottenere una ulteriore valutazione del merito ed il terzo motivo è infondato perché correttamente si era dedotta la necessità di allegare l'atto autorizzativo delle indagini bancarie.

4 - L'Agenzia delle entrate ha depositato memoria con la quale ribadisce la fondatezza dei motivi di ricorso.

Il primo motivo è fondato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 260 del 2000 e della sentenza della Cass. civile n. 3326/2009.

Il terzo motivo è fondato alla luce delle affermazioni della Corte di cassazione: si veda la sentenza 4987/2003 con orientamento costante ribadito dalla pronuncia della sentenza 14206/2012 e dai più recenti arresti.

L'inadeguatezza delle motivazioni sul merito erano evidenti vista l'apoditticità delle formule usate nel provvedimento impugnato. Ribadendo peraltro che il primo giudice non aveva deciso sul merito.

 

Ragioni della decisione

 

Il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate è fondato e la sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio alla Commissione tributaria regionale delle Marche per nuovo esame.

1 - La reiezione delle pretese dell'ufficio deriva dalla soluzione della questione relativa alla applicabilità retroattiva del disposto dell'art. 32 d.P.R. n. 600/73, negata da entrambi i giudici del merito.

Un orientamento che, però, non è condiviso da questa Corte che da ultimo (Sez. 5, Sentenza n. 2821 del 07/02/2008 Rv. 601932) ha precisato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'utilizzazione dei poteri previsti dall'art. 18 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (che, sostituendo l'art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ha consentito all'Ufficio ed alla Guardia di Finanza di accedere ai conti intrattenuti dal contribuente con aziende di credito e con l'amministrazione postale) anche in riferimento ad annualità precedenti alla sua entrata in vigore non configura un'applicazione retroattiva della disposizione in esame, in quanto non comporta una modificazione sostanziale della posizione soggettiva del contribuente, i cui obblighi nei confronti del fisco restano quelli separatamente contemplati dalle leggi in vigore al tempo della dichiarazione; essa, inoltre, non si traduce in una violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in quanto disposizioni analoghe sono previste ai fini dell'accertamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali, essendo tempestivamente informati delle richieste di acquisizione delle copie dei conti, possono pienamente esercitare, già in sede amministrativa e quindi in sede giurisdizionale, il diritto a fornire documenti, dati, notizie e chiarimenti idonei a dimostrare che le risultanze dei conti non sono in contrasto con le dichiarazioni presentate o non riguardano operazioni imponibili; essa, infine, non contrasta con l'art. 53 Cost., in quanto tende a far emergere la capacità contributiva reale del contribuente.

2 - L'accoglimento del primo motivo di ricorso, sulla descritta questione preliminare posta a fondamento del costrutto probatorio, assorbe gli ulteriori motivi che, del resto sono stati trattati dai giudici del merito solo incidentalmente ed ultroneamente come dimostra anche l'apoditticità delle motivazioni.

A proposito dell'ulteriore questione preliminare discussa dalla Commissione regionale deve ricordarsi che l'autorizzazione prescritta dall'art. 51, comma 2, n. 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente (Sez. 6 - 5, n. 3628 del 10/02/2017, Rv. 643207 - 02).

3 - La sentenza va pertanto cassata ed il giudice del rinvio dovrà, nella valutazione del materiale probatorio, applicare l'enunciato principio di diritto. Decidendo anche sulla ripartizione delle spese del grado.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR delle Marche in diversa composizione per nuovo esame.