Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 giugno 2016, n. 12384

Tributi - ICI - Aree edificabili - Qualificazione attribuita nel PRG adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi

 

Osserva

 

La CTR di Napoli ha respinto l’appello del comune di Manocalzati - appello proposto contro la sentenza n. 453/03/2011 della CTP di Avellino che aveva già accolto il ricorso del contribuente D.M.M. - ed ha così annullato l’avviso di accertamento per ICI relativa all’anno 2005 avviso impugnato sull’assunto principale che non si trattasse di aree edificabili, per non essere stato approvato il PRG che, in sede di adozione, aveva conferito alle anzidette aree la vocazione edificatoria.

La predetta CTR - dopo avere evidenziato che il thema decidendum è costituito dalla sottoponibilità ad imposta di terreni identificati come edificabili in ragione di un PRG incontestabilmente decaduto per mancata approvazione regionale - ha motivato la decisione significando che l’art. 36 della legge n. 248/2006 individua nei soli terreni a vocazione edificatoria quelli sottoponibili ad ICI, condizione che non si verifica nella specie di causa perché l’anticipazione degli effetti del PRG alla data della sua adozione non può considerarsi realizzata nella conformità al dettato dell’art. 53 Cost. allorquando non segua una "definitiva edificabilità", per effetto della decadenza dovuta a mancata approvazione, e la vocazione edificatoria rimanga una "condizione precaria". Infatti, la ratio della disposta anticipazione degli effetti "è costituita proprio dall’obiettivo aumento del valore di un terreno (e dalla modifica della sua destinazione) costituito dalla previsione di una sua imminente stabile edificabilità". Pertanto, nessuna imponibilità ai fini ICI doveva essere riconosciuta neppure nel triennio di permanenza della condizione di mera adozione del PRG e perciò nel c.d. periodo di salvaguardia.

L’Amministrazione comunale di Manocalzati ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Infatti, con il motivo di impugnazione (intestato all’errore di diritto "ai sensi dell’art. 360 comma primo n.3 e 4 cpc") la parte ricorrente evidenzia che -a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 quaterdecies comma 16 del D.L. n. 203/2005 e dell’art. 36 comma secondo del D.L. n. 223/2006- "l’edificabilità di un’area .... Deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel PRG adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi". Nella specie, l’accertamento ICI contestato era relativo all’anno 2005 e quindi al periodo di piena vigenza delle norme di salvaguardia.

Il motivo appare manifestamente fondato e da accogliersi, potendosi prescindere dal promiscuo richiamo agli archetipi del n.3 e del n.4 del comma 1 dell’art. 360 cpc e dalla omessa espressa indicazione delle norme della cui violazione la parte ricorrente si duole, siccome dette norme possono essere identificate dal richiamo fatto -nel sintetico argomento di cui il motivo di ricorso esclusivamente si compone- alle novelle normative dianzi menzionate.

E ciò, alla luce della pregressa giurisprudenza di codesta Corte, per quanto desumibile da un precedente specifico a tutt’oggi unico, che ha già risolto i dubbi interpretativi ed applicativi correttamente posti ed originalmente risolti dalla Commissione di appello:"In tema di ICI, per determinare la natura di terreni compresi in un piano ASI decaduto, occorre far riferimento alla destinazione urbanistica originaria, con la conseguenza che gli stessi sono da qualificare edificatoli se inseriti nel preesistente programma di fabbricazione, a prescindere dall'esistenza o dalla validità degli strumenti urbanistici attuativi, poiché, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 -quaterdecies, comma sedicesimo, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma secondo, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma primo, lett. b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l'edificabilità di un'area dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nello strumento generale adottato dal Comune (piano regolatore o, come nella specie, programma di fabbricazione, ad esso equivalente), indipendentemente dalla sua approvazione da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi, in quanto nel sistema dell'ICI la nozione di area fabbricabile è ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria". (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13135 del 28/05/2010, altre pronunce analoghe si registrano peraltro con riferimento a fattispecie similari: tra le altre si veda Sez. 5, Sentenza n. 15174 del 2010). Purtuttavia, una volta convenuto sul fatto che per stabilire la natura del terreno è necessario fare riferimento al criterio della "mera potenzialità edificatoria" -e perciò alla concreta appetibilità del suolo determinata dalla vigenza del procedimento di modificazione degli strumenti urbanistici generali (quindi, durante il solo periodo di permanenza di detto procedimento di modificazione e perciò non oltre il momento della acclarata decadenza per effetto della non intervenuta approvazione regionale)- resta comunque l’esigenza di tenere concretamente conto nella determinazione della base imponibile, "della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio" (in questi termini Cass. Sez. U, Sentenza n. 25506 del 30/11/2006).

Benvero, se l'inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è senz’altro sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, in relazione alle concrete condizioni del mercato nel quale l’area è concretamente inserita, con conseguente inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale, ne risulta anche inevitabile il concreto adeguamento del prelievo, nello specifico periodo d'imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione.

E’ stato infatti correttamente evidenziato dalla pronuncia delle Sezioni Unite dianzi menzionata che "la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi "non inedificabili", non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore. Con la perdita della inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla valutabilità in concreto dello stesso. È evidente che, in sede di valutazione, la minore o maggiore attualità e potenzialità della edificabilità dovrà essere considerata ai fini di una corretta salutazione del valore venale delle stesse, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, per l’ICI, e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, per l’imposta di registro".

Si impone perciò di tener conto, nella determinazione della base imponibile ICI, del criterio del "valore venale in comune commercio" e -conseguentemente- della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie delle aree, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore delle stesse, con onere di allegazione e prova che ovviamente incombe sull’Amministrazione (che assume e valorizza la differente appetibilità economica dell’area rispetto a quella catastalmente stabilita) e con la conseguente necessità della Commissione giudicante di orientare il proprio apprezzamento a criteri storici e concreti e non già ad apprezzamenti standardizzati e teorici.

Sarà perciò conseguenza della cassazione della pronuncia impugnata la rimessione della causa al giudice di appello (in funzione di giudice del rinvio) affinchè, facendo applicazione dei principi di diritto dianzi evidenziati, riesamini la questione della rideterminazione della base imponibile, alla luce delle concrete condizioni nelle quali versava l’area oggetto di imposizione all’epoca qui considerata.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 30 aprile 2015

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che la sola parte ricorrente ha fatto pervenire memoria illustrativa (peraltro tardiva), nel mentre la parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare (con atto di data 6.5.2016) al termine dell’art. 377 cpc, sulla premessa di avere ricevuto tardiva comunicazione della fissazione dell’adunanza;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.