Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 gennaio 2018, n. 2397

Tributi - Accertamento - Riscossione - Minusvalenza - Svalutazione partecipazione societaria - Fusione per incorporazione - Contenzioso tributario

 

Fatti di causa

 

1. Con avviso di accertamento n. TMB035H00253/2011 emesso sulla base di p.v.c. redatto in data 21/12/2004 dal Nucleo regionale di polizia tributaria della Lombardia, l'Agenzia delle entrate recuperava a tassazione, nei confronti della C. S.p.A., a fini Ires e Irap per l'anno d'imposta 2006, la minusvalenza per quell'anno dedotta in conseguenza della svalutazione della partecipazione nella società estera controllata C. D. Gmbh, a sua volta discendente dalla fusione per incorporazione in quest'ultima della N.I. Gmbh, la cui acquisizione costituiva il vero obiettivo strategico della C. S.p.A.: tale fusione era infatti ritenuta dall'Ufficio frutto di operazione elusiva inopponibile ai fini fiscali ai sensi dell'art. 37-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dal momento che lo stesso obiettivo era perseguibile altrimenti (con la partecipazione diretta in Novacote da parte di C. o per il tramite di altra società collegata), mentre la fusione non consentiva in concreto alcun vantaggio extrafiscale.

Il ricorso proposto dalla contribuente era accolto dalla adita C.T.P. di Milano che, rigettata la preliminare eccezione di nullità dell'atto impositivo perché non specificamente motivato in relazione alle giustificazioni offerte in sede precontenziosa, riteneva l'avviso medesimo infondato nel merito negando che all'operazione potesse attribuirsi il contestato carattere elusivo.

2. Tale decisione era confermata sotto entrambi i profili, con la sentenza in epigrafe, dalla C.T.R. della Lombardia che rigettava pertanto sia l'appello principale proposto dall'Ufficio, sia l'appello incidentale della società contribuente.

Quanto in particolare alla valutazione dell'operazione, sotto il profilo del contestato carattere elusivo, rilevavano i giudici d'appello che: «le operazioni compiute dalla società con la creazione di un nuovo soggetto giuridico [ossia, la C. D. Gmbh, n.d.r.], che attraverso l'acquisizione di partecipazioni è venuto in possesso di immobili strumentali per l'attività aziendale, appaiono mosse da motivi non solo strategici, ma anche di convenienza economica»; «l'applicazione dell'art. 37-bis, richiamato dall'Ufficio, necessita che le operazioni compiute dalla contribuente abbiano una esclusiva finalità, che si traduce nel risparmio d'imposta; nella fattispecie la società ha conseguito sì un risparmio d'imposta, ma non ha operato al solo scopo di eludere il fisco».

Avverso tale sentenza l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la C. S.p.A., proponendo ricorso incidentale condizionato con unico mezzo.

La società ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo del ricorso principale l'Agenzia delle entrate deduce violazione degli artt. 132, comma secondo, num. 4, e 156 cod. proc. civ.; 118 disp. att. cod. proc. civ.; 36, comma 2, num. 4, e 61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. respinto l'appello dell'Ufficio senza in alcun modo esplicitare le ragioni del proprio convincimento ovvero l'iter logico-giuridico seguito per pervenire al riconoscimento dell'esistenza di valide ragioni economiche a fondamento dell'operazione di che trattasi e dell'assenza di una condotta di tipo elusivo.

2. Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce poi «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53 Cost.; 2697, 2727 e 2729 cod. civ.; 37-bis, 39 e 41 - bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; 1 d.l. 24 settembre 2002, n. 209, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 265; 1, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nonché del principio del c.d. divieto di abuso del diritto, in relazione all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ.».

Lamenta che la sentenza impugnata è incorsa in plurimi errores in iudicando per avere: a) ritenuto necessario, ai fini della configurabilità di una operazione di tipo elusivo, che la finalità del conseguimento di un risparmio d'imposta ne costituisca l'unica ragione giustificativa; b) ritenuto sufficiente, ai fini della qualificazione del risparmio d'imposta conseguito dalla società come legittimo, la sussistenza di non meglio precisati motivi strategici e, comunque, di motivi di convenienza economica. Sostiene di contro che la presenza di scopi economici diversi dal risparmio fiscale non esclude l'applicazione del principio di divieto di abuso del diritto, ogniqualvolta essi abbiano avuto, nel caso concreto, una rilevanza del tutto marginale rispetto a quella principale del conseguimento del risparmio d'imposta e che, per converso, la sussistenza di una condotta di tipo elusivo e/o abusivo può escludersi soltanto laddove le ragioni economiche diverse dal conseguimento di un risparmio d'imposta abbiano avuto, in concreto, una rilevanza predominante ed assorbente ai fini del compimento dell'operazione (presupposto che i giudici a quibus hanno nel caso di specie omesso di verificare).

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia infine omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., per avere il giudice d'appello ritenuto insussistente una condotta di tipo elusivo e/o abusivo senza in alcun modo valutare la concreta ed effettiva esistenza alla base dell'operazione di ragioni economiche diverse dal mero conseguimento di un risparmio di imposta ed attribuendo rilevanza decisiva a non meglio precisati motivi strategici e di convenienza economica ovvero ragioni meramente soggettive, indeterminate ed astratte.

4. Con l'unico motivo di ricorso incidentale condizionato la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 37-bis, commi 4 e 5, d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. rigettato il motivo di appello incidentale con il quale essa aveva iterato l'eccezione di nullità dell'avviso di accertamento perché privo di motivazione specifica in relazione alle giustificazioni fornite in risposta alla richiesta di chiarimenti circa l'ipotizzato carattere elusivo dell'operazione.

5. È infondata la censura - dedotta con il primo motivo di ricorso principale - di nullità della sentenza per mancanza di motivazione.

Non può infatti dubitarsi che una motivazione esista e che non sia meramente apparente, consentendo la stessa di comprendere quale sia la ragione della decisione adottata (non configurabilità nella specie di operazione elusiva, la quale richiederebbe il perseguimento della esclusiva finalità di risparmio d'imposta, per essere quella posta in essere giustificata anche da «motivi non solo strategici ma anche di convenienza economica»).

Ciò vale certamente ad escludere la dedotta violazione dei doveri decisori di cui all'art. 112 cod. proc. civ. denunciata dall'amministrazione, che si configura soltanto nell'ipotesi in cui sia mancata del tutto da parte del giudice - ovvero sia meramente apparente - ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio, mentre rientra nell'ambito dell'art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ. la censura con la quale si contesta l'adeguatezza della motivazione resa a supporto di tale statuizione, nei limiti in cui tale censura è consentita ai sensi di tale disposizione.

6. È altresì infondato il secondo motivo.

Ai sensi dell'art. 37-bis, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, «sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti».

Si ricava a contrario dall'inciso «privi di valide ragioni economiche» che, ove l'operazione si dimostri - con onere a carico del contribuente - giustificata da «valide ragioni economiche», sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale, non se ne può predicare il carattere elusivo con la conseguente piena opponibilità al fisco. Occorre però che tali ragioni economiche siano «valide», ossia di carattere «non meramente marginale o teorico» perché in tal caso risulterebbero «inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell'operazione rispetto al mero risparmio fiscale, e tali quindi da potersi considerare manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti rispetto alla predetta finalità» (v. Cass. 29/09/2006, n. 21221; Cass. 21/4/2008, n. 10257).

In tal senso possono dunque definirsi elusive le operazioni compiute «essenzialmente» (anche se non esclusivamente) per il conseguimento di un vantaggio fiscale, con ciò intendendosi rimarcare che, al fine di negare il carattere elusivo dell'operazione, non può attribuirsi rilievo alla compresenza purchessia di ragioni extrafiscali indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza.

Per converso non è però richiesto, diversamente da quanto postulato in ricorso, che tali ragioni extrafiscali oltre ad essere «valide» abbiano anche in concreto una rilevanza predominante ed assorbente ai fini del compimento dell'operazione e neppure che tale loro rilevanza sia almeno pari a quella del risparmio d'imposta, essendo solo necessario che non si tratti di scopi di rilevanza talmente ridotta da non potersi considerare quale attendibile (ossia, «valida») giustificazione concorrente.

Nel caso di specie non vi sono elementi per ritenere che i giudici di appello si siano mossi in una prospettiva diversa da quella tracciata dalle esposte direttrici. Non risulta invero che, in contrasto con queste ultime, la C.T.R. abbia inteso attribuire rilievo alle ragioni extrafiscali dedotte dalla contribuente pur avendone accertato il carattere del tutto marginale e sostanzialmente irrilevante o per aver ritenuto non necessaria una tale verifica. Al contrario si desume dalla pur sintetica motivazione una valutazione positiva circa la effettiva rilevanza delle giustificazioni offerte, laddove in particolare si afferma in essa che «le operazioni compiute dalla società con la creazione di un nuovo soggetto giuridico, che attraverso l'acquisizione di partecipazioni è venuto in possesso di immobili strumentali per l'attività aziendale, appaiono mosse da motivi non solo strategici, ma anche di convenienza economica».

Le contestazioni mosse dalla ricorrente circa la congruità di tale valutazione e la sufficienza della motivazione resa in rapporto agli argomenti di segno contrario evidenziati nel processo verbale di constatazione e nell'avviso di accertamento si muovono evidentemente su un piano diverso da quello qui in esame (error in iudicando), sindacabile ai sensi e nei limiti dell'art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ..

7. Censura di tal tipo è effettivamente mossa dalla ricorrente con il terzo motivo, ma deve ritenersi inammissibile in quanto chiaramente eccedente i limiti segnati dal (pur richiamato in rubrica) nuovo testo della detta norma processuale, quale risultante dalla modifica introdotta dall'art. 54, comma 1, lett. b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze depositate dall’11 settembre 2012).

Nel nuovo regime dà luogo a vizio della motivazione sindacabile in cassazione l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); tale fatto storico deve essere indicato dalla parte - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'art. 366, primo comma n. 6, e art. 369, secondo comma n. 4 cod. proc. civ. - insieme con il dato, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendosi anche evidenziare la decisività del fatto stesso (Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053; Id. 22/09/2014, n. 19881).

Nel caso di specie tale specificazione manca palesemente: la doglianza investe invero l'esito globale del ragionamento decisorio sulla correttezza della valutazione del giudice di merito in ordine al carattere non elusivo dell'operazione, lamentando la ricorrente, segnatamente, la mancata «verifica in concreto se il rilevato risparmio fiscale ... ne costituisse o meno la ragione esclusiva o prevalente», peraltro sulla base della mera testuale trascrizione di ampi stralci del processo verbale di constatazione. Ciò che tradisce l'attesa di una rinnovazione decisoria comunque estranea alla funzione istituzionale del giudice di legittimità (Cass. 28/03/2012, n. 5024; Cass. 07/01/2014, n. 91).

8. Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato, rimanendo conseguentemente assorbito l'esame del ricorso incidentale condizionato.

Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.