Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 gennaio 2018, n. 2383

Imposte di registro, ipotecarie e catastali - Agevolazioni fiscali - Acquisto di aree sottoposte a piano urbanistico particolareggiato

 

Fatti di causa

 

La società ATIG Bresciana costruzioni s.r.l. impugnava l'avviso di liquidazione emesso dall'Agenzia delle entrate riguardante le imposte di registro, ipotecarie e catastali relative ad un atto di acquisto di aree sottoposte a piano urbanistico particolareggiato, con cui venivano revocate le agevolazioni concesse ai sensi dell'art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, per mancata utilizzazione edificatoria dell'area entro il quinquennio. La società contribuente eccepiva di non avere potuto eseguire le costruzioni progettate nei comparti n. 1 e n. 2 per cause ad essa non imputabili costituite dal mutamento di destinazione d'uso dei beni, atteso che il Comune di Mazzano aveva stabilito, con atti autoritativi successivi all'acquisto, di sottoporre i suddetti terreni ad interventi di sistemazione urbanistica aventi finalità di interesse collettivo (verde pubblico). La società acquirente non contestava di non aver eseguito le opere edili sui terreni originariamente acquistati con le agevolazioni, ma rilevava di averle realizzate sui altri terreni ricevuti in permuta dal venditore all'atto del ritrasferimento ad esso delle aree cedute, v: divenute non più utilizzabili per scopi edilizi. La CTP di Brescia accoglieva il ricorso della contribuente, ritenendo la sussistenza di una causa di forza maggiore che avrebbe impedito la realizzazione degli interventi edilizi. L'Ufficio proponeva appello, che veniva accolto dalla CTR della Lombardia. La società contribuente ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo tre motivi. L'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 33, terzo comma, della I. n. 388 del 2000, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., deducendo di avere pienamente realizzato le condizioni poste dalla disposizione per godere dei benefici fiscali. A tal fine, evidenzia di avere acquistato le aree inserite nei comparti nn.l e 2 del piano particolareggiato predisposto dal Comune di Mazzano considerate edificabili e di aver concluso una apposita convenzione con il Comune, mediante la quale si era impegnata a costruire sulle aree predette edifici residenziali ed uffici. Successivamente, il Comune mutava destinazione d'uso dei terreni, privandoli dell’originario carattere edificabile e rendendoli disponibili solo per realizzare spazi da adibire a verde pubblico. Il Comune e la ATIG concordavano una modifica alla convenzione originariamente pattuita in conseguenza della quale la società restituiva all'ente comunale la proprietà dei terreni non più suscettibili di intervento edificatorio, ottenendo in permuta la proprietà delle aree sui cui era possibile costruire edifici residenziali ed uffici, secondo i nuovi provvedimenti urbanistici. La Società rispettava i programmi di sviluppo edile concordati con l'Amministrazione, eseguendo sui terreni ottenuti in permuta le opere previste dalla convenzione urbanistica, in tal modo ottemperando alle condizioni di cui all'art. 33 della I. n. 388 del 2000.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dei principi generali di buona fede e correttezza dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., tenuto conto che la mancata realizzazione delle opere edili sui terreni acquistati nel 2003 non era imputabile a negligenza o ad incuranza della società contribuente, ma a provvedimenti assunti dal Comune che aveva introdotto varianti nel piano particolareggiato adottato nel 2003.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente censura la sentenza impugnata, denunciando insufficiente motivazione riguardo all'asserita insussistenza dei presupposti per beneficiare del regime fiscale agevolato previsto dall'art. 33, terzo comma, della I. n. 388 del 2000, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., tenuto conto che la CTR avrebbe omesso di considerare che la modificazione del piano urbanistico imposta dal Comune ha reso giuridicamente inattuabile il programma di realizzazioni edili, in ragione della perdita del carattere edificabile dei terreni.

4. I motivi di ricorso possono essere esaminati in una prospettiva unitaria, perché gli stessi convergono in un'unica sostanziale censura della sentenza impugnata in ordine alla interpretazione della disposizione di cui all'art. 33, comma, 3, della I. n. 388 del 2000, sviluppata tanto sotto il profilo del vizio di motivazione, tanto sotto il profilo della violazione di legge, ed in particolare: se sia legittima la revoca dell'agevolazione nell'ipotesi in cui la Pubblica amministrazione, nell'ambito della sua attività discrezionale, modifichi, successivamente all'acquisto, l'assetto urbanistico di un'area già inserita in un piano particolareggiato, di fatto impedendo la realizzazione edificatoria entro il quinquennio.

5. In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio dell'assoggettamento all'imposta di registro nella misura dell'1 per cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, previsto dall'art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, per i trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, si applica a condizione che l'utilizzazione edificatoria avvenga entro cinque anni dall'acquisto. Secondo l'orientamento costante di questa Corte, la "ratio" dell'art. 33, comma 3, I. n. 388 del 2000 è quella di diminuire il costo di prima edificazione (e cioè, quello ulteriore, rispetto al costo ; ordinario di edificazione, quale, quello connesso all'adempimento delle prescrizioni del piano attuativo, per esempio, in tema di realizzazione degli oneri di urbanizzazione) ed è, pertanto, di stretta interpretazione (Cass. ordd. nn. 7438/2009; Cass. n. 11771/2012; Cass. n. 13173/12, sent. n. 5933/13).

L'agevolazione è, pertanto, una "contropartita" per l'adempimento di prescrizioni, che scaturiscono dagli oneri contemplati dalla pianificazione urbanistica generale ed attuativa. Ne consegue che l'attività edilizia privata, per usufruire d'incentivi, deve potersi inserire nella realizzazione di un concomitante interesse pubblico all'edificazione, e non può essere riconosciuta per la mera edificazione "diretta" del terreno, non inquadrabile all'interno di un preordinato assetto del territorio comunale.

La disposizione agevolativa, ispirata alla ratio di diminuire per l'acquirente edificatore il primo costo di edificazione connesso all'acquisto dell'area, appare, come si è detto, di stretta interpretazione, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, per cui non può spettare nel caso in cui l'edificazione sul terreno oggetto di agevolazione non sia realizzabile entro il quinquennio, anche se per causa indipendente dalla volontà dell'acquirente, come nell'ipotesi in cui l'ente comunale introduca varianti nel piano particolareggiato già adottato, e quindi i terreni compravenduti non siano più edificabili In tale ipotesi, l'attività discrezionale della Pubblica Amministrazione, la quale ritenga, come nella specie, per ragioni di interesse pubblico, di destinare un'area in un primo momento edificabile a verde pubblico, non può essere ricondotta alla forza maggiore, mancando il requisito dell'imprevedibilità, atteso che la relativa esigenza, quella del perseguimento dell'interesse pubblico, è immanente nell'attività amministrativa, quindi certamente preesistente all'acquisto del bene, sebbene il contribuente di tali scelte ne sia venuto a conoscenza solo successivamente.

Del resto questa Corte ha ribadito ( Cass. n. 797 del 2000, Cass. n. 19561 del 2000, Cass. 14399 del 2013, Cass. n. 17442 2013, Cass. n. 7076 del 2014, Cass. n. 13177 del 2014, Cass. n. 25880 del 2015; da ultimo Cass. n. 864 del 2016) che la causa di forza maggiore idonea ad impedire la decadenza dalle agevolazioni fiscali deve essere caratterizzata dai requisiti di non imputabilità al contribuente, necessità ed imprevedibilità, mentre nella fattispecie non appare esente da imprevedibilità la circostanza che la Pubblica Amministrazione, nell'ambito delle sue valutazioni discrezionali, possa in ogni momento modificare l'assetto urbanistico del territorio, al fine del perseguimento dell'interesse della collettività, con la conseguenza che il venire meno del carattere di edificabilità del terreno successivo al momento dell'acquisto, motivata da fini pubblici, non giustifica il permanere dei benefici fiscali per il contribuente.

6. Nel caso in esame non solo non ricorre in concreto un'ipotesi di forza maggiore, ma si ritiene che la costruzione che accredita la rilevanza di tale esimente sul decorso del termine fissato per la realizzazione edificatoria del terreno non è applicabile alla fattispecie.

Il principio è stato recentemente precisato dalla questa Corte, in tema di agevolazione "prima casa", con sentenza n. 2616 del 2016, le cui argomentazioni sono per analogia applicabili anche alle agevolazioni ex art. 33, comma 3, I. n. 388 del 2000. Si è, infatti, affermato che: " Qualora sia riconosciuta all'acquirente l'agevolazione "prima casa", a condizione che egli stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l'immobile acquistato nei diciotto mesi successivi all'acquisto, il trasferimento è onere che conforma un potere dell'acquirente e che va esercitato nel su indicato termine a pena di decadenza, sul decorso del quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad adempimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all'acquirente". In particolare, la Corte osserva come, a fondamento dell'indirizzo che ha ammesso in alcune situazioni di fatto la configurabilità di esimenti identificate essenzialmente con la forza maggiore, vi sia "la configurazione dell'impegno di trasferire la residenza come un obbligo del contribuente nei confronti del fisco, l'adempimento del quale può risentire di ostacoli, destinati ad acquisire effetto esimente se contrassegnati dalla non imputabilità alla parte obbligata, dall'inevitabilità e dall'imprevedibilità", tuttavia, una ricostruzione di questo tipo " non è adeguata alla fattispecie", poiché "il conseguimento dell'agevolazione fiscale, o, meglio, la conservazione di essa non scaturisce dall'adempimento di un obbligo del contribuente nei confronti del fisco, in quanto il fisco non è affatto titolare di una corrispondente e correlata situazione di diritto soggettivo". La Corte, nella sentenza richiamata, con argomentazioni che si condividono, specifica che " è il contribuente ad essere titolare di una situazione giuridica attiva, che è il potere di produrre, mediante l'attività in questione (cioè il trasferimento della residenza), che assume la configurazione di un onere, l'impedimento di un effetto giuridico svantaggioso, ossia il venire meno del presupposto della agevolazione... al cospetto di tale potere, il fisco non può che subirne l'esercizio, né dovrà cooperare" con la conseguenza che " la mancata produzione dell'effetto scaturente dal mancato compimento dell'atto entro il termine fissato si presenta come estinzione del potere, ossia come decadenza". In questa prospettiva, "l'applicazione dell'ordinario regime tributario nell'ipotesi del venire meno della finalità abitativa che abbia giustificato il godimento delle agevolazioni per la prima casa non ha natura sanzionatoria di una condotta dell'acquirente dell'immobile, solo rispetto alla quale potrebbe assumere significato la forza maggiore, ma consegue alla sopravvenuta mancanza di causa del beneficio invocato all'atto della registrazione dell'acquisto". L'indirizzo argomentativo è coerente con l'orientamento che esclude la natura sanzionatoria della decadenza quale conseguenza correlata al mero decorso del tempo.

7.In ragione dei rilievi espressi, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi euro 7.300,00, oltre spese prenotate a debito.